Il web e le nuove tecnologie stanno cambiando radicalmente il mondo della musica, viene da pensare che anche il ruolo del professionista si sia modificato di conseguenza, e che dire allora dei percorsi di formazione che si prefiggono di preparare i nuovi professionisti?
Per avere un’idea di questa situazione siamo dunque andati a farci una chiacchierata con lo staff di Percentomusica, per sapere cosa ne pensano alcuni dei più attivi professionisti del mondo musicale, impegnati anche nella formazione delle nuove leve.
Riportiamo di seguito un sunto della piacevole chiacchierata con alcuni dei fondatori del centro: Massimo Moriconi, Fabio Zeppetella, Luca Nostro, Massimo Fedeli, Stefano Micarelli, insieme anche al responsabile della comunicazione Federico Berichelli e poi un’imponente carrellata di diplomati di successo.
Il vostro Staff prepara ormai dal 1991 degli straordinari professionisti della musica, prima con il marchio UM e poi con quello Percentomusica. I risultati sono stati considerevoli tanto che possono vantarsi di aver studiato con voi musicisti come Mario Guarini, Pierpaolo Ranieri, Giovanni Pallotti, Fabrizio Savino ed altri ad oggi grandi professionisti.
In questi 25 anni però il mondo musicale è cambiato, come si è evoluta in parallelo la formazione musicale?
A Percentomusica è ben chiaro che il professionista di oggi è diverso in modo significativo da quello di 30 anni fa. È diverso proprio perché è cambiato il modo di lavorare e il mercato del lavoro.
Un tempo si poteva puntare ad essere professionisti specializzandosi su un determinato genere musicale oggi non solo è richiesta una conoscenza musicale a 360° ma è anche necessario approcciare alla professione attraverso ambiti diversi.
Essere oggi musicisti di professione vuol dire essere pronti a fare turni in studio con musicisti Pop, tour live con band Rock, concerti nei club con artisti Jazz, ma vuol dire anche curare progetti artistici personali, farlo attraverso l’uso di software e hardware per l’home recording e attraverso capacità che vanno oltre il proprio strumento aprendosi anche all’arrangiamento, la composizione o la fonia.
Essere un professionista oggi significa insegnare in una scuola la mattina, comporre e registrare un jingle pubblicitario sul proprio computer nel pomeriggio e andare a fare un concerto la sera.
Essere pronti a lavorare in situazioni radicalmente diverse, da soli o con altre persone collaborando dal vivo o per via elettronica.
Essere musicisti oggi significa anche avere una concezione imprenditoriale di se stessi, comprendendo non ha senso cercare un contratto a tempo indeterminato quanto invece ce l’ha riuscire a valorizzare e a diffondere la propria immagine per trovare sempre nuove e migliori collaborazioni. In parallelo sono cambiati gli aspiranti musicisti che ora vivono in un mondo radicalmente diverso da quello di 30 anni fa.
In parallelo è cambiato anche il tipico studente di musica?
Quando fu aperta l’UM l’allievo tipico di chitarra, ad esempio, era un ragazzo di 18 anni innamorato dei guitar hero e di generi come il Blues e il Rock. Potevi lavorare su di lui offrendogli nuove conoscenze armoniche e tecniche, presentandogli nuovi generi musicali, potevi dargli del materiale di studio sicuro che rientrando a casa avrebbe dedicato il suo tempo a imparare i soli di Hendrix o dei Pink Floyd e avrebbe speso i suoi soldi per comprarsi i CD o le cassette dei gruppi più interessanti.
Ora la situazione è diversa perché con l’era digitale è cambiato il modo in cui circolano le informazioni e in cui si fruisce dei contenuti musicali. I ragazzi teoricamente dispongono di una quantità infinita di contenuti ma senza filtri rischiano di diventare vittima dell’overload informativo e di perdere lo stimolo e l’entusiasmo per lo studio o, peggio ancora, per la musica in generale.
La musica prima era una valvola di sfogo con un forte potere socializzante ora la si fruisce sempre più spesso in solitudine con le cuffie o davanti a un PC. Questo fa sì che l’allievo tipo oggi possa presentarsi con conoscenze vaste ed eterogenee ma spesso disorganizzate, può succedere che un ragazzo di 18 anni sappia suonare in modo impeccabile un brano di Steve Vai o di Alain Caron eseguendolo su una backing track ma non abbia mai condiviso questa esperienza con i suoi amici, non abbia fatto serate nei locali né tantomeno prove in saletta!
Gli studenti di oggi dispongono di strumenti per lo studio straordinari, impensabili anche solo 15 anni fa, ma se tutto questo viene vissuto senza la condivisione con gli amici e con gli insegnanti può tradursi addirittura in un calo della motivazione allo studio e dell’entusiasmo verso la musica in generale.
Tutto questo sembra rappresentare una sfida importante per gli istituti che si occupano di formazione. Sembra che però la vostra formula stia funzionando negli anni continuando a dare risultati tangibili.
Sicuramente è una bella sfida, la formula funziona perché cambia, si evolve in relazione ai tempi.
Il sistema formativo italiano punta sempre di più alla formazione dei cosiddetti laureati inoccupati e spesso purtroppo anche demotivati perché un percorso di studio fine a sé stesso o a un pezzo di carta può veramente levarti la voglia di studiare. Noi siamo di un’opinione decisamente diversa in questo senso e continuiamo a porre l’importanza non sul titolo di studio conseguito quanto invece su quegli elementi che riteniamo fondamentali per trovare concretamente lavoro come musicista in questa “epoca”
Questa scuola è stata fondata da professionisti della musica con un’esperienza significativa e sappiamo bene che quando si seleziona un nuovo musicista per un lavoro importante non lo si fa semplicemente visionandone il Curriculum Vitae ma soprattutto mettendolo alla prova, oppure ci si affida al parere di persone che in precedenza vi hanno collaborato. Anche visionando Il CV comunque si dà un peso assai contenuto alle voci riportate nella formazione accademica, perché è ben noto che a titoli altisonanti non necessariamente corrisponde una valida preparazione e si presta per tanto molta più attenzione alle esperienze professionali già maturate che vengono riportate.
Quali sono allora questi elementi fondamentali per trovare lavoro? Qual è dunque la particolare strategia di Percentomusica?
L’importanza delle competenze tecniche e teoriche che si devono acquisire negli anni di corso viene in un certo senso data per scontata e l’attenzione viene così focalizzata su 3 aspetti che invece vengono spesso trascurati in altri percorsi formativi. Nello specifico i corsi di Percentomusica sono pensati per principalmente per:
- Motivare gli studenti
- Fornire loro la metodologia per l’elaborazione delle informazioni
- Portarli verso una forma mentis idonea per lavorare
Come si motivano gli studenti?
Prima di tutto occorre ridare un senso alla musica, comprenderne il valore come strumento di comunicazione con gli altri, di mezzo espressivo artistico e di strumento di socializzazione.
Lo studio fine a sé stesso è inutile, la stessa performance musicale fine a se stessa è inutile, si suona per comunicare per condividere qualcosa con gli altri. L’interplay è uno strumento fondamentale laddove la musica è concepita come uno scambio continuo.
A questo è dovuto l’approccio fortemente pratico dei corsi che culminano nei laboratori collettivi in cui tutte le nozioni apprese, le capacità tecniche, le conoscenze armoniche, finalmente acquistano senso come uno strumento straordinario che consente di esprimere sé stessi dialogando musicalmente con gli altri. Già nelle lezioni di strumento l’aspetto emerge grazie alle classi collettive che creano continui stimoli al miglioramento e che rendono questa scuola un reale luogo di scambio artistico e di aggregazione.
La metodologia viene prima delle informazioni in sé?
Come dicevamo prima la questione non è tanto nell’acquisire nuove conoscenze quanto nell’acquisire la capacità di gestirle ovvero filtrarle, organizzarle e dar loro un senso. Le informazioni si trovano ovunque e finito il corso non potrai comunque smettere di studiare, quindi il vero vantaggio che può darti una scuola è quello di imparare ad apprendere e di imparare a farlo non solo dai libri ma da ogni cosa che ti circonda, un video, un concerto, una persona, una situazione.
La musica la si può imparare anche dai silenzi, dalle pause che un grande musicista può fare in una performance dal vivo.
E che ci dite riguardo la forma mentis?
Per chi intraprende un percorso di studio finalizzato alla professione questo è sicuramente l’aspetto più importante. Non lavora di più il musicista che suona meglio ma quello che “pensa” meglio.
Diamo per scontato che per lavorare ormai sia richiesto un livello di preparazione eccellente ed è necessario che i nostri studenti lo acquisiscano, ma non basta più. Per noi è fondamentale che i ragazzi capiscano che è anche a livello umano che devono eccellere.
Lavorare vuol dire sapersi relazionare con altre persone, persone di tanti tipi diversi, saper gestire le più disparate situazioni. Bisogna avere la capacità di offrire i contenuti musicali idonei al contesto per il quale si è chiamati a suonare e bisogna porsi umanamente nel modo corretto per contribuire alla riuscita progetto di cui sì è diventati parte.
È necessario sapersi esprimere bene, in italiano e in inglese, se si sta definendo un accordo con un discografico, con un organizzatore di eventi o con un gestore di un locale bisogna anche conoscere e capire le dinamiche che intervengono dalla loro parte al fine di sviluppare collaborazioni che siano sensate per tutti e due.
Bisogna capire che la musica è cambiata che il nostro lavoro sarà fatto da mille lavori diversi ma tutti bellissimi. Non bisogna arroccarsi sulle proprie posizioni ma essere pronti a conoscere cose nuove, ad appassionarsi a contaminarsi con altri generi musicali e forme artistiche. Non bisogna focalizzarsi su un presunto lavoro più redditizio quanto esplorare e trovare i contesti in cui riusciamo ad esprimerci al meglio e poi comprendere chi può aver beneficio dalle nostre capacità facendo così diventare una passione una professione.
Bisogna capire che non sarà un pezzo di carta a farci lavorare come musicista, il lavoro andrà cercato, la musica andrà suonata.
Occorre dunque che i ragazzi si diano un gran da fare a scuola e anche fuori?
Assolutamente si. Spesso i genitori dei nostri studenti ci chiedono “ma con questo corso mio figlio troverà lavoro?“, però la domanda giusta è “ma dopo questo corso suo figlio cercherà lavoro?“.
Di certo non si può lavorare restando a casa seduti davanti alla TV o YouTube o all’amplificatore. Bisogna essere sempre in movimento, aprirsi mille strade, valutare con attenzione tante situazioni e cercare di partecipare a tutte quelle che ci piacciono e ci sembrano professionalmente sensate.
Non bisogna fare l’errore di credere che il mondo abbia bisogno della nostra arte e del nostro talento. Il mondo è pieno di validi artisti e musicisti, i ragazzi devono dunque impegnarsi a promuovere se stessi e le proprie attività, conoscere le strategie e gli strumenti di comunicazione sul web.
Uno dei grandissimi pregi dei nostri corsi di formazione professionale è quello di mettere gli studenti in contatto con tantissimi professionisti attivi nel settore che sono i docenti del corso. Questa enorme ricchezza i ragazzi devono imparare a sfruttarla.
In questo senso timidezza, arroganza, presunzione, individualismo, emergono subito come i peggiori nemici di chi vuole diventare un professionista. Insomma non state soltanto a casa a suonare il vostro strumento ma uscite, suonate con gli amici, suonate altri strumenti, imparate da chi vi sta intorno, ascoltate, fate anche altre cose, imparate a comporre, ad arrangiare a fare i video, a scrivere le cose giuste sui social network, fatevi trovare sempre preparati e rendetevi disponibili quanto possibile. Se son rose fioriranno.
Qualcuno potrebbe obiettare che questa situazione non è bella, che un bravo musicista dovrebbe pensare alla sua arte e poi qualcun altro dovrebbe occuparsi di rendere la sua arte proficua in termini commerciali. Non entriamo nel merito di questa discussione.
Potremmo essere d’accordo ma potremmo anche obiettare che ormai siamo in un mondo tecnologico in cui la musica si fonde con altre discipline artistiche e con altri mezzi di comunicazione, ogni distinzione netta diviene anacronistica, cimentarsi con nuovi contesti e nuove esperienze andrebbe visto come un arricchimento quando lascia comunque tempo sufficiente da dedicare al proprio strumento.
Sta di fatto che comunque ora la situazione è questa e se noi vogliamo preparare i professionisti di domani abbiamo il dovere di insegnare loro a gestirla al meglio. Paradossalmente far capire queste cose talvolta resta più difficile che insegnare a improvvisare su Giant Steps!
Quindi dalla scuola si esce con le mani giuste e la testa giusta per diventare un grande professionista, ma poi il lavoro si trova veramente?
Chi ci mette tutto se stesso i risultati li ottiene, chi si diploma e lo fa con voti alti difficilmente resta a casa in panciolle.
Noi siamo un centro di formazione e non un ufficio di collocamento, ciò nonostante abbiamo il piacere di cercare di sviluppare per i ragazzi quante più prospettive possibili.
Per questo motivo li portiamo a suonare in contesti di grande prestigio magari insieme ai loro docenti, offrendo loro esperienze uniche e contatti di un certo rilievo. Spesso ci spingiamo anche oltre come quando organizziamo attività retribuite continuative presso i club romani, o come quando selezioniamo tra i nostri studenti i fonici per i club su richiesta degli stessi gestori o fino a quando selezioniamo i musicisti per importantissimi progetti discografici come è capitato con Marco Mengoni che da anni collabora stabilmente con tre nostri studenti che selezionammo su richiesta dei produttori.
In questo senso un grandissimo input arriva dai docenti stessi, che coinvolgono i ragazzi per attività bellissime e retribuite, come il Coro di Amici di Maria de Filippi al quale molti dei nostri ragazzi partecipano stabilmente grazie a Claudia Arvati, o le orchestre dell’Auditorium Parco della Musica nelle quali i nostri ragazzi si sono trovati a collaborare al fianco di compositori come Steve Reich o musicisti come Stef Burns grazie a Luca Nostro.
O come nei casi in cui i docenti si rivolgono ai più bravi tra gli studenti quando necessitano di sostituzioni per più lavori in contemporanea.
Per quanto riguarda l’insegnamento invece?
Anche in ambito didattico i diplomati si muovono molto bene e li troviamo ad insegnare in tantissime scuola di Roma e del resto d’Italia, per questo motivo abbiamo pensato di dargli un supporto diretto in questo senso e abbiamo creato a Percentomusica dei corsi per principianti espressamente dedicati a reinserire molti di loro in qualità di docenti.
Di fatto poi sono così validi che molti li abbiamo coinvolti come docenti anche negli stessi corsi professionali come Egidio Marchitelli, Lorenzo Venza, Davide Costantini, Stefano Di Massimo, etc…
Va detto però che la maggior parte di loro non richiede neanche aiuto e i più validi iniziano ad inserirsi professionalmente e con grande successo già durante gli ultimi anni di studio. Per noi non c’è soddisfazione più grande che vedere dei diplomati coinvolti in lavori di prestigio e vederli affrontare la loro professione con lo stesso entusiasmo di quando sono entrati in aula la prima volta.
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