Per chi è amante dei blues-rock o comunque di quei generi molto “classici”, alcuni dei suoni che possiamo ritrovare spesso sono sicuramente due, il rotary e il vibe.
Entrambi questi effetti nascono (prima il vibe, successivamente il rotary) come un tentativo di emulazione, per il mondo chitarristico, di avere il suono dello speaker rotativo (leslie).
Il primo forse potrebbe non essere molto nelle “corde” effettivamente del chitarrista, poichè è una simulazione, attraverso un processo puramente digitale, di un amplificatore nato per l’organo hammond.
Il Leslie originale, pur esistendo in vari modelli, ha i suoi punti cardine ben definiti, il suono viene suddiviso in due gamme (acuta e grave) per mezzo di un filtro di crossover come segue:
- La parte bassa del suono viene riprodotta da un grande altoparlante, posto con il magnete in alto e la membrana orientata verso il basso, sotto all’altoparlante c’è un riflettore acustico in legno, dalla forma a parabola concava, con pianta circolare che ruota sul proprio asse, azionato da un motore elettrico mediante una cinghia
- La gamma degli acuti viene riprodotta da un altoparlante a compressione, che sfoga all’interno di un doppio diffusore a tromba (horns), montato su un asse e posto in rotazione da un altro motorino elettrico dotato di cinghia, un diffusore piazzato davanti ad ogni tromba scinde, colora e diffonde ulteriormente il suono, dandogli una caratteristica timbrica.
I due rotori sono svincolati tra di loro, quello dei bassi gira ad una velocità simile ma non uguale rispetto a quello degli alti, generalmente più veloce ed il più delle volte ulteriormente regolabile cambiando sull’albero motore dove è alloggiata la cinghia, similmente ad un trapano a colonna.
Inoltre i sensi di rotazione dei due rotori sono opposti, creando così una modulazione del suono che cambia in continuazione.
Abbiamo visto anche alcuni esperimenti di casse per chitarre con speaker rotativi per ottenere l’effetto in nodo analogico, ma il costo è molto alto, mentre le soluzioni digitali permettono risultati ottimali con un impegno logistico ed economico decisamente meno gravoso.
Il vibe, invece, potremmo definirlo il “padre” del chorus, se non forse la prima modulazione in senso stretto per il mondo della chitarra.
Nota storiografica: il primo pedale effettivo in commercio fu un tremolo del 1948 della DeHarmond costruito in Ohio. Era un piccolo tremolo chiamato Trem-Trol 800, ma era effettivamente la trasposizione a pedale del circuito del tremolo che poi avremmo visto negli amplificatori.
Chiaramente fa parte di un periodo in cui i sistemi di amplificazione e gli strumenti “elettrici” non erano ancora del tutto definiti, quindi mi prendo il beneficio del dubbio su chi sia venuto prima…
Il vibe è stato praticamente il must delle modulazioni durante gli anni ’60 e ’70, i chorus sono venuti nei tardi anni ’70 (più o meno) e quindi fino a quel momento erano l’unica opzione possibile per ottenere non solo il suono “rotary”, ma di avere un’effettiva spazialità aggiuntiva (i riverberi a pedale non erano ancora pervenuti e le uniche unità di ritardo erano gli echo a nastro, non proprio a buon mercato).
Ma veniamo finalmente allo Strymon Mobius.
Il rotary funziona a due velocità, la scelta può essere effettuata settando il tasto del Tap come selezionatore di “speed” o semplice tap tempo attraverso il parametro dedicato, inoltre il Depth in questo caso controlla la distanza del microfono dalla cassa, consentendo di avere più “aria” tra la ripresa e lo speaker.
Per quanto riguarda i controlli dedicati per entrambi gli algoritmi, abbiamo:
Rotary
- Parametro 1 – Horn Level: controlli delle alte frequenze che corrispondono agli “horns” degli speaker rotativi
- Parametro 2 – Preamp Drive: il gain del nostro amplificatore simulato
- Parametro 3 – Slow Rotor Speed: setta la velocità degli speaker in modalità “slow”
- Parametro 4 – Acceleration: permette di decidere con quanta accelerazione gli speaker cambiano velocità da “slow” a “fast”
Vibe
- Parametro 1 – Waveshape: gestisce il taglio dell’LFO cambiando la forma d’onda
- Parametro 2 – Lo End: controllo di equalizzazione di tipo passa-alto
- Parametro 3 – Headroom: regola la quantità di distorsione all’interno del circuito
- Parametro 4 – Mode: scegli tra modalità chorus e vibrato
Per quanto riguarda il suono, il vibe si rifà senza remora alcuna al famosissimo Univibe, facendo un buon lavoro per quanto riguarda spessore e presenza, possono mancare alcune sfumature, ma il timbro generale soddisfa ampiamente le aspettative per il rock anni ’60 e ’70.
L’unico che potrebbe fare meglio sarebbe il Korg Nuvibe, ma parliamo di una macchina dal costo e dall’ingombro molto diversi (anche in termini di possibilità timbriche).
Per il rotary invece dobbiamo fare un discorso diverso: molto spesso le emulazioni di questo tipo fanno parte di multieffetti e/o plug-in (come quello di IK Multimedia), ma difficilmente parliamo di pedali espressamente dedicati al suono del rotary, un esempio però è quello della Electro Harmonix o il simulator della DLS pedals.
Quello del Mobius se la gioca molto bene con i pedali dedicati, perde in quanto a versatilità rispetto al plug-in, ma non è un paragone giusto nei suoi confronti dato che parliamo di un algoritmo su dodici in tutta la macchina.
Risulta però molto nitido, malleabile e i controlli permettono di avere risultati più che buoni.
Il comparto “vintage” del Mobius è ben coperto dal punto di vista della versatilità, ma mancano in realtà un altro paio di importanti personaggi all’appello, sarà argomento della prossima puntata…
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