In questo periodo siamo tutti più o meno a casa, quale migliore occasione quindi per concederci qualche bella chiacchierata con alcuni grandi musicisti italiani?
Lo abbiamo fatto un paio di settimane fa con il buon Enrico Santacatterina che ci ha parlato delle sue belle Hagstrom, lo facciamo oggi con un altro nome di punta della chitarra italiana, Nazzareno Zacconi, con cui scopriremo tra le varie cose anche l’altra metà del cielo per qualsiasi chitarrista, l’amplificazione.
Ciao Nazzareno e bentornato sulle pagine di Musicoff. La domanda suonerà un po’ retorica ma… come sta andando la tua vita da musicista professionista?
Salve a tutti! Attualmente la mia vita da professionista gira intorno a quello che reputo più importante a livello artistico, cioè la ricerca di forme evolutive. Come credo tu sai mi diletto sia nella chitarra elettrica che in quella classica e acustica, per cui in questo momento, dove sembra tutto più o meno difficile, è ovvio che invece che arrendersi e chiudersi mi apro a nuove ricerche, soprattutto al comprendere più in profondità quello che mi piace, perfezionando il mio stile.
Studiando magari il flamenco, la musica irlandese ecc.
Sfrutto sempre i momenti difficili come momenti di crescita, con la musica live completamente ferma bisgona approfittarne per migliorare e magari preparare nuovi progetti. Quindi per me questo è un periodo in cui mi riapproprio della mia intimità in studio, mi rimetto a studiare la chitarra classica, oppure riprendo la chitarra elettrica e provo altre soluzioni su linguaggi improvvisativi nuovi, cercandoli nel Jazz o altro… riprendo degli studi oppure ne approfondisco altri.
Ne approfitto per crescere,m cerco sempre di essere propositivo per evitare la depressione dovuta magari alle difficoltà. Che poi nel nostro settore in realtà ci sono sempre state… quando una cosa, quando un’altra… se non siamo sufficientemente reattivi rischiamo di estinguerci.
Cosa ricerchi in generale “a pelle”, a sensazione, da uno strumento che sia acustico o elettrico… c’è differenza?
Lo strumento è qualcosa di vivo. Io parto sempre dal presupposto che lo strumento è un’entità viva. A volte non si sa se sei tu a scegliere lui o lui a scegliere te. Lo scopri con una sorta di dialogo, un po’ come nei rapporti interpersonali.
Ogni strumento ha un carattere. Quando siamo di fronte a uno strumento e pensiamo questo posso fare tutto… è come una persona piatta. In realtà non vuol dire nulla.
Io sono molto favorevole alla caratterizzazione dello strumento, quindi una chitarra che per me è adatta per l’heavy metal va bene farci il metal, non devo forzarla a farci Fusion o Jazz o Pop.
Lo stesso dicasi per una chitarra magari più idonea al Blues o ad altri stili musicali.
Tra alle chitarre acustiche, ci sono quelle che sono più adatte al fingerpicking tradizionale o quelle più inclini a un approccio armonico basato su un arrangiamento di brani dove c’è una polifonia importante, oppure ancora esistono chitarre su cui fai delle tecniche più esasperate tipo tapping slap o altro.
Tra le classiche ci sono quelle che hanno un suono più morbido e avvolgente e quelle che hanno un attacco molto più incisivo.
Quindi ogni strumento ha un suo carattere, poi chiramanete alcuni strumenti sono sì un po’ più versatili, ma non è detto che sia un vantaggio, magari riescono ad essere versatili ma non al 100% su determinati stili per cui rischi di non essere perfettamente in tema con quello che stai facendo.
Mi hai anticipato la domanda che ti avrei fatto subito dopo perché ti avrei chiesto “cosa significa per te versatilità”? Quindi anche nel campo dell’amplificazione di cui parleremo adesso… o magari negli amplificatori questa cosa può essere un po’ più accessibile, si può ricercare… o meglio averne due?
Sai il detto per i musicisti “qual è il numero di chitarre o di amplificatori necessari ad un musicista?” La risposta è “sempre uno di più”.
Quindi credo che questo discorso vale anche per gli amplificatori. Secondo me l’amplificatore è qualcosa tanto vivo quanto la chitarra, anche se fatto di componenti elettronici. Non è che questo gli tolga “anima”, anzi, soprattutto i valvolari, ma anche alcuni transistor e mosfet, hanno un grandissimo carattere.
Per cui nella storia dell’amplificazione vediamo epoche segnate a livello timbrico dagli amplificatori e da certe sonorità.
Soprattutto nell’amplificatore troviamo la risposta dinamica a quello che noi facciamo con la chitarra, quindi un amp dovremmo provarlo esattamente come proviamo una chitarra, in maniera molto approfondita per capire quella sensazione che abbiamo, quel feeling nella risposta alle nostre performance dal punto di vista dinamico a determinate tecniche, come “legge” le note.
Io uso molto spesso questo termine: come l’amplificatore legge le note, oppure il segnale che viene inviato. L’amplificatore per me in certi ambiti determina anche il modo che hai di suonare. Tanto come la chitarra. Per cui senti che la risposta è più o meno secca, che c’è una maggiore playability, una maggiore suonabilità dello strumento, e questo determina un cambiamento anche nel tuo stile.
C’è questa interazione molto forte tra gli elementi chiave che sono musicista-chitarra-pletto-corde-cavo-amplificatore. Questi elementi sono molto molto importanti, molto molto sensibili.
Quindi assolutamente sì, l’amplificatore è decisamente qualcosa che non a tutti i costi può essere versatile. Può fare molte cose, ma solitamente lo scegli per alcune peculiarità.
Visto che ne stavamo parlando adesso, ti chiedo cosa ti ha portato ad avvicinarti ai sistemi di amplificazione Blackstar, cosa ti lega a loro, qual è la loro idea di amplificazione che poi hai adattato al tuo setup?
Io ho avuto tante esperienze con tante aziende diverse di amplificazione per chitarra elettrica. Di cui ho per tutte un bellissimo ricordo e stimo moltissimo. Per cui non uso mai un sistema comparativo che va a distruggere le precedenti esperienze, anzi. Nutro un grandissimo rispetto e penso che tutte siano molto forti nel loro ambito, tutte molto valide.
Il motivo per cui ho scelto Blackstar è fondamentalmente perché ho trovato il tipo di risposta ideale al mio modo di suonare e nel catalogo Blackstar ci sono tantissime soluzioni. Sono estremamente funzionali, intuitivi e soprattutto affidabili.
Ad esempio, se vuoi un amplificatore digitale della ID:Series TVP trovi un prodotto estremamente valido con i suoni che ti servono e immediato. Se invece ricerchi qualcosa di più analogico e ricerchi la serie MKII, la serie Artist o altro, trovi anche lì tutta quella gamma di prodotti a seconda del genere che devi suonare, adatti perfettamente al tuo playing e a quello che cerchi.
Per dirne una che secondo me è l’esempio più lampante: l’HT Club 40 ora esce con le valvole 6L6 oppure con le EL34. Una volta che l’amplificatore è bello e funziona bene, la grande differenza tra due amp è nello stadio finale.
Per cui l’intelligenza della Blackstar è questa: fa delle cose con una grandissima attenzione a chi poi le andrà ad utilizzare. Non si fanno carico di essere un’entità dominante, ma di ascoltare molto l’utente finale. Tra l’altro nella mia visita alla Blackstar di qualche anno fa, la cosa bella che ho visto è che sono tutti chitarristi, anche quello che fa le pulizie! Per cui tutti partecipano allo sviluppo dei prodotti. E lo ritrovi sotto le dita.
Perché tu senti che l’amplificatore è pensato per un certo tipo di genere musicale e fa esattamente quel lavoro.
Su quelli digitali hanno messo delle cose ancora più dirette ad identificare il tuo playing. Che è molto di più di una semplice tecnologia virtuale di emulazione: è proprio qualcosa di funzionale. Per me questo è sconvolgente, è la cosa più bella del mondo perché posso effettivamente identificarmi con il prodotto.
Quali sono gli strumenti Blackstar che utilizzi in tutta la tua attività, ce n’è uno che in particolare utilizzi di più?
Sono innamorato alla follia del Beam, quello piccolino. Per me quel prodotto è veramente la cosa più geniale mai vista nel mondo chitarristico. Innanzitutto per il suono e per la tecnologia
Il Beam utilizza una tecnologia super wide stereo fighissima perché tu percepisci il suono da destra e sinistra come se fossero due casse separate. In più riesce a fare miracoli sulle basse frequenze, tanto è vero che il nome Beam deriva da Bass Electric Guitar Acustic Guitar e Media.
Poi ha il bluetooth per mandare le basi ed è quindi il prodotto che utilizzo di più per l’insegnamento, per l’esercizio ecc. Per questo è il mio “amore domestico”. Lo adoro.
Poi dal vivo ci sono i prodotti quelli chiamiamoli “più seri”, professionali, l’MKII è l’amplificatore con cui mi identifico di più perché lavora molto bene con i pedalini ma anche se utilizzo solo l’amplificatore con un semplice delay e wha.
Lo posso interfacciare con tutti i vari setup e rispetta moltissimo le differenze tra le varie chitarre che utilizzo. Ha un bellissimo canale distorto, veramente ricco e dinamico. In più la tecnologia ISF riesce a dare un tipo di risposta dinamica che passa dal suono tipicamente americano a quello più british con tutta una serie di sfumature per cui trovo sempre il focus dello stile con cui sto suonando e per me questa cosa è importantissima.
Questo quando lavoro in analogico. In alcuni tour invece avevo bisogno di più effetti e di un numero più alto di suoni, per cui la pedaliera con un setup analogico poteva essere un po’ limitata.
In quel caso ho usato la testata ID:100 TVP perché gli effetti che ha in dotazione sono molto belli ed è decisamente pratica. Inoltre è una testata digitale che però non deve caricare un software, per cui risulta molto più affidabile dal vivo, non hai paura che si blocchi qualcosa, o rischi di rimanere a piedi. È veramente una macchina da guerra con un bellissimo suono e molto versatile.
Tra l’altro è l’unica testata che se non colleghi la cassa, comunque non scarica la potenza del finale e quindi non succede nulla, va diretta sul mixer e non ci sono problemi. Ti permette di lavorare in qualsiasi modo.
Come quindi premettevo, la versatilità la trovi utilizzando più cose in differenti contesti, quindi anche il vasto panorama del catalogo ti è di aiuto. E poi comunque hanno costi accessibili che permettono all’utente di poter scegliere due prodotti invece che uno solo…
Sì, il loro rapporto qualità-prezzo è indubbiamente interessante, ma onestamente io quando li ho scelti non sapevo proprio il costo. Sono partito dall’elemento timbrico. E ho trovato tutte quelle risposte dinamiche che sentivo necessarie per il mio modo di suonare.
Da tanti anni diversificavo l’attività live utilizzando molti amplificatori diversi. Tutti molto belli ma ognuno con delle caratteristiche che mi portavano a suonare in maniera differente ogni volta che li usavo.
Con i Blackstar invece suono come sento di essere, una volta che si è un pochino più vecchi comincia a prevalere la voglia di esprimere se stessi piuttosto che accontentare le richieste di terzi, che siano direttori artistici o musicisti. Quindi la cosa bella che mi sento di dire è che ho trovato il mio modo di essere con questi amplificatori.
Se pensi alla serie Artist… ci sono dei modelli che loro hanno pensato per i professionisti magari solo in funzione dell’utilizzo con le pedaliere, per cui hai due matrici pulite in modo tale che tu cambi la base su cui lavori. E questa è un’idea geniale.
Oppure sul TVP, che è veramente qualcosa di intelligente, per un semplice motivo: parte dai 6 suoni (“voice”) principali usati dai chitarristi, poi ha i soliti controlli gain, volume, bassi medi e alti, e poi ha l’ISF.
L’ISF è forse la chiave di lettura più intelligente del diverso modo di lavorare degli amplificatori. Passa dalla modalità più californiana alla più British.
Dopodiché ha l’emulazione delle valvole finali. Quindi emula le EL34, le 6L6, le KT88 ecc… e infine gli effetti.
Questa semplicità espositiva è quella che ti permette di ottenere immediatamente quello che cerchi. Quindi su un amplificatore digitale piuttosto che avere mille controlli, qui con pochi plasmi il tuo suono. Ed è molto immediato. Quindi dal vivo permette di correggere o di fare nuovi preset veramente in pochissimo tempo. Per me questo è bellissimo.
L’MKII ha una simulazione di speaker ma anche un’uscita usb che diventa automaticamente una scheda audio. Sembra una cavolata ma io uso un amplificatore analogico, lo collego al computer e registro, e funziona benissimo. Semplice ed immediato. Questa filosofia è qualcosa di veramente vicino alla logica del chitarrista.
Quindi oltre ad essere belli sotto le dita, quello che ho trovato è questa sensazione, questa suonabilità, questo playing molto naturale unito ad una grande funzionalità. Cosa rara in tanti amplificatori. O magari la trovi solo in amplificatori costosissimi, parliamo di amplificatori da svariate migliaia di euro.
Avrei un’ultima domanda che torna su una cosa un po’ più generale, forse anche un po’ filosofica però… siccome nell’universo musicale di oggi, soprattutto in Italia, c’è una parola che è forse anche un po’ abusata… che è quella di endorser.
Cosa significa per un musicista che come te comunque l’esperienza sul campo l’ha fatta davvero, essere un endorser o altro termine meno anglofono che vuoi usare…
Endorser, dimostratore oppure tecnicamente mi hanno definito ambassador. Posso dire una cosa che mi farà avere molti nemici?
Per me questo non significa nulla. Uno deve essere convinto di quello che fa. Nella misura in cui crede in determinate cose può essere più o meno adatto a spiegare un prodotto o a dimostrarlo, o a tirarne fuori le caratteristiche principali.
Un tempo la figura dell’endorser era una sorta di mito che impugnava questo strumento predicando il verbo divino. Ora questo tipo di rapporto è un po’ vecchio, ha assunto un significato diverso. Secondo me anche le aziende stesse devono cercare delle figure che credano veramente nel prodotto e non per la loro fama o per la loro attività musicale, ma per la loro dedizione nello studiare, nel dimostrare il prodotto al loro meglio.
Questo è importante perché ora come ora l’elemento centrale è la comunicazione. Quindi non è più l’idolo da seguire, alla generazione di adesso non frega nulla dei nostri idoli. E neanche dei loro. Credono nella comunicazione. Seguono molto più i social, seguono molto di più anche i chitarristi non famosi che però spiegano bene un prodotto. Forse è questa attualmente la figura dell’endorser. Una persona che riesce a tirar fuori tutto ciò che serve per capire uno strumento musicale.
Non so se c’è qualche altra cosa che vuoi dire tu in particolare…
Sì, che sono importanti i video i tutorial… ma queste cose vanno provate. La vera differenza la capisci non dal video, ma quando hai lo strumento tra le mani. Ed è un invito ad aiutare i nostri negozianti, incentivarli ad avere questi prodotti, non solo Blackstar, tutti, proprio come filosofia, per far sì che i clienti ritornino in negozio a fare le proprie esperienze timbriche.
Non solo vedere le varie recensioni, che sono utilissime per avere un’idea chiara ma poi una cosa deve starti sotto le dita, quello è importantissimo.
Vorrei infine ringraziare Maurizio Curto, Michele Palladino e tutto il gruppo di Adagio Italia e dei responsabili Blackstar. Ma soprattutto di Steve Marks che è il product specialist, il chitarrista che lavora per Blackstar in tutto il mondo, un musicista molto bravo che conosce il cuore dei prodotti Blackstar.
Io ho fatto 2 giorni di stage con lui a North Hampton prima di iniziare la collaborazione perché volevo conoscere proprio la loro filosofia. Ed è stata la cosa più illuminante riguardo questi amplificatoti.
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