I Kula Shaker, e i loro due album degli anni ’90 K e Peasants, Pigs & Astronauts, hanno rappresentato e rappresentano ancora oggi per me un ottimo modo di recuperare la tradizione del Rock dei leggendari anni ’70 e riproporla in una nuova ricetta, nel loro caso utilizzando qualcuna di quelle spezie indiane che ti solleticano il palato, dall’agrodolce al piccante.
In un periodo in cui sia il Grunge che il “Brit Pop” avevano già dato tutto o il meglio, quattro ragazzi si guardano indietro e riportano in auge alcuni suoni della madrepatria, oscillando tra Beatles e Deep Purple, ma non facendosi mancare qualche atmosfera mistica che grazie anche all’uso di tastiere ricorda un po’ i Doors d’oltreoceano.
A tutto ciò si aggiunge la voce di Crispian Mills, che emana influssi à la Bob Dylan, anche se decisamente più scatenato, accompagnandosi con la sua Fender Stratocaster e ritmiche che groovano quasi come un funk.
La seconda metà degli anni ’90 non è stato un periodo “facilissimo” per la musica, sia per chi la ascoltava che per chi la faceva. Da un lato l’industria discografica stava iniziando a crollare a causa di Napster ma anche di una certa stagnazione di idee e visioni di business davvero troppo lontane da reali contenuti artistici.
Dall’altro, era il periodo in cui era più facile ascoltare le Spice Girls su MTV (da noi c’erano fenomeni come i Gemelli Diversi) che qualche gruppo di rock sanguigno e laddove si pronunciava la parola “distorsione” lo si faceva più che altro per quel prodotto un po’ plasticoso (non tutto, ma molto) chiamato Nu Metal.
Insomma, per fortuna c’erano anche i Kula Shaker e per quanto successivamente non abbiano più brillato così ardentemente, un disco come K è di quelli che già bastano per essere felici una vita intera.
E stavolta preparatevi perché sarò anni ’90 in tutto e per tutto, quindi niente disco in vinile…
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