Quanti appassionati ci sono del Progressive Rock degli anni ’60 e ’70? Tanti, tantissimi, lo sappiamo bene.
Molti di voi (noi!) oltre a conoscere nota per nota i dischi delle brand straniere – per lo più inglesi ma non solo, anche americane, tedesche, ecc. – saranno anche degli arguti conoscitori del Prog italiano, sicuramente uno dei generi per i quali siamo più conosciuti in tutto il mondo (persino – e anzi soprattutto – in Giappone!) in cui si raccolgono decine e decine di dischi e band dai nomi e dalle ispirazioni più varie.
Un vero e proprio movimento artistico-culturale, più che esclusivamente musicale, che seppur per non moltissimi anni ha segnato in maniera profonda la nostra storia, resistendo strenuamente alla vacuità di altre produzioni diciamo…più mainstream, per essere gentili.
The Trip, 50 anni dopo
Tra le produzioni del periodo c’è stata una band, in realtà originariamente mista italo-inglese, che ci ha regalato delle preziose pagine di maestrìa musicale, “traghettandoci” (è proprio il caso di dirlo!) tra meravigliosi paesaggi sonori e nella quale ha rischiato di giocare le sue carte anche un colosso della chitarra come Ritchie Blackmore!
Stiamo parlando dei The Trip, che quest’anno sono tornati alla ribalta con Caronte 50 Years Later, il disco che celebra i 50 anni del loro album più famoso, Caronte appunto (protagonista di una puntata della mia rubrica Ti Consiglio Un Disco), e lo fa risuonando tutti i brani con la formazione attuale, che comprende vecchie glorie ma è rinvigorita anche dalla presenza di giovani talenti.
Uscito il 17 Luglio 2021 per l’etichetta Ma.ra.cash Records, Caronte 50 Years Later è il primo disco della riformata band guidata dal batterista storico Pino Sinnone.
Come suddetto, si tratta del rifacimento dell’iconico disco pubblicato nel 1971. Presenta, rispetto all’originale, l’aggiunta del brano inedito “Acheronte“, composto dall’attuale chitarrista Carmine Capasso e si chiude con due brani storici della band, ovvero “Una Pietra Colorata“, dal primo album ominimo della band, e il brano “Fantasia“, tratto dal film Terzo canale – Avventura a Montecarlo.
Il disco è prodotto da Carmine Capasso ed è stato registrato quasi tutto in home recording, a causa della pandemia del 2020.
Oltre ai due già nominati, la formazione del disco vede Andrea Ranfa alla voce, Tony Alemanno al basso e cori e Andrea “Dave” D’Avino all’organo Hammond, pianoforte e cori (da poco sostituito da Giuseppe “Sep” Sarno).
Ci sono poi degli ospiti speciali: Kri Sinnone alla batteria in “Una Pietra Colorata” e “Fantasia”, e Antonio Capasso alla… moto Harley Davidson in “Two Brothers”!
L’intervista ai The Trip
L’occasione di oggi non è solo quella di portare alla vostra conoscenza questo album, ma di parlarne proprio con i protagonisti!
Stiamo parlando dello storico batterista e membro fondatore Pino Sinnone e del chitarrista/produttore Carmine Capasso.
Ciao Carmine e bentrovato sulle pagine di Musicoff. Ci fa davvero piacere fare la tua conoscenza in un ambito che peraltro è a noi molto caro, il Progressive Rock. In più, parliamo di una band, The Trip, che è stata anche oggetto di un nostro speciale sul disco Caronte.
Proprio di questa magnifica opera viene celebrato il 50° anniversario con un nuovo album, Caronte 50 Years Later, che va ben oltre la semplice “riedizione”, visto che il repertorio è stato risuonato e inciso nuovamente dalla formazione attuale.
Prima di tutto però, da dove nasce la tua passione per il Progressive e come sei arrivato a far parte di questa band al fianco di alcuni dei membri fondatori?
[Capasso] Ciao a tutti i lettori di Musicoff, innanzitutto il piacere è tutto mio! La mia passione per il Progressive nasce grazie a mio padre che è un appassionato di Progressive Rock (su tutti lo stile di Canterbury) e quindi vuoi o non vuoi, i suoi ascolti mi hanno condizionato e pensa che ricordo ancora benissimo quando acquistò il CD di Caronte e ne rimasi anch’io folgorato.
La mia è una realtà particolare, venendo da un piccolo paesino campano ho dovuto crearmi un po’ di notorietà pari ai musicisti che vivono nei grossi centri, ma come pregio ho sempre avuto quello della determinazione, così quando mi sono trasferito a Milano per lavoro, mi son deciso a proseguire con la musica solo nei progetti che trovavo interessanti.
Ovviamente negli anni le mie esperienze come turnista e come artista solista sono state varie e formative ma in cuor mio speravo di suonare quello che è il mio genere musicale preferito, appunto il Progressive Rock e infatti un giorno feci un provino per entrare nei The Trip, in quanto Pino Sinnone stava cercando nuovi componenti per riformare la band.
Beh, avete immaginato com’è andata a finire la storia!
L’eredità che ti porti addosso è notevole, visto che la band originale nacque da un incontro con un giovanissimo Ritchie Blackmore e poi si sviluppò con strumentisti d’eccezione anche dal punto di vista della 6 corde. Qual è il tuo metodo di approccio ai brani, quanto devi calarti tu nei suoni del passato e quanto invece riesci a portare, chitarristicamente parlando, di moderno?
[Capasso] Ancora oggi mi fa uno strano effetto pensare che nella mia band ci siano stati due immensi chitarristi come Ritchie Blackmore (che purtroppo non ha mai inciso nulla con loro) e Billy Gray (che tra l’altro è stato anche il chitarrista di David Bowie).
Poi pensate che Wegg Andersen, ovvero lo storico bassista, era un intimo amico di Jimmy Page, Jeff Beck, Eric Clapton!
Sono un musicista abbastanza versatile, non cerco mai di snaturare le cose che faccio e questo vale in tutti i progetti a cui prendo parte. Per i The Trip, quindi, ho cercato di ricreare quello che è il vero sound della band.
Ovviamente i tempi sono cambiati e ci sono nuove tecniche chitarristiche che ho messo al servizio della band. Avendo studiato musica, ma da autodidatta come chitarrista, ho sviluppato un mio modo di suonare che è diventato il mio segno di riconoscimento, quindi già questa è una novità di approccio.
Caro Pino, intanto grazie anche a te di essere qui con noi. Si sa che il Progressive Rock ha avuto una vita “folgorante”, tanto luminosa quanto relativamente breve, come la candela che brucia dai due lati. Storicamente si parla di un arco dal 1969 al 1975, anche se poi i confini, per i più esperti, tendono a sbordare un po’.
Quale pensi sia stata e sia ancora la chiave di volta di un genere che continua a conquistare le nuove generazioni (viste anche le vendite di alcune collane edite recentemente)?
[Sinnone] Noi Trip siamo considerati i padri della musica progressiva cosidetta “Prog”. Vorrei precisare che appena usciti i nostri album, i critici avevano definito la nostra, “Musica Impressionistica”!
Volevamo semplicemente creare una musica diversa dai soliti canoni di musica Pop/Rock e dare una svolta con l’intenzione di fare un Rock Psichedelico. Anche noi stessi, non avevamo idea che in seguito sarebbe stata definita “musica Prog”.
In ogni caso, la musica progressiva appassiona oggi molti giovani perchè non è la solita musica strofa, ritornello e poi finalino. La musica “Prog”, abbraccia molti generi tra cui, Musica Classica, Blues, Jazz, Rock e anche sinfonica. I brani non sono come le canzoni composte di strofe, ritornelli e finale ma sono molto più articolati, con durata anche di oltre i 10 minuti, diventando delle suite.
Credo sia stata e sia ancora questa la chiave di svolta della musica Prog.
[Capasso] Credo che il Prog non sia mai passato di moda, ovviamente con l’avvento del Punk è diventato un genere sempre piu lontano dalle mode, ma in realtà ha assorbito nuove influenze ed ha portato al Neo Prog e a tante bands che oggi ascoltiamo.
Oggi il genere è piu vivo che mai e infatti noto che anche i ragazzi di oggi si appassionano! Lo vedo soprattutto con i The Trip e anche con i Samurai of Prog che è la band con cui collaboro in studio come turnista.
Decidere di reincidere un album importante come Caronte è una scelta coraggiosa, che rischia di far storcere il naso – ancor prima di ascoltare – a una nutrita nicchia di fan in tutto il mondo che oramai considerano quel disco una sorta di oggetto d’adorazione.
Come siete riusciti a portare avanti il progetto e come pensate si possa evitare il banale, ma inevitabile, confronto?
[Capasso] L’idea di registrare l’album con la nuova formazione è stata la mia e l’intento non era altro che portare i nuovi ascoltatori di Progressive a riscoprire questo disco, dimostrando che un album come Caronte può essere più attuale che mai.
Pare che il risultato sia la conferma di ciò che volevo dimostrare e quindi, ricollegandomi alla tua domanda di prima, posso confermare che il Progressive Rock è più vivo che mai.
Per quanto riguarda il confronto invece, siamo stati molto fedeli all’originale, sonorità moderne ma con un occhio al passato.
Uno dei “gioielli della corona” di Caronte era costituito dall’artwork, una copertina che ha fatto la storia, diventata quasi “pop” nel senso di diffusione e fascino nella cultura di massa. Anche stavolta, per il nuovo album, avete optato per un disegno molto particolare, ovviamente in linea con la tematica dell’opera.
Nel mondo odierno, che oramai fa fatica a valorizzare questi aspetti – ma anche altri come i credits – quanto è stato importante per voi dare un’impronta caratteriale ben definita anche a questo aspetto?
[Sinnone] Per continuare nello stile di immagine dei Trip, in Caronte 50 Years Later abbiamo voluto riproporre una copertina con immagini mitologiche, simili al Caronte di 50 anni fa.
Parte di questa copertina e parte del booklet all’interno del disco, sono state realizzate dalla giovane graphic designer Lidia Grillo.
Caronte 50 Years Later, oltre a me, è stato possibile realizzarlo grazie a validi musicisti: Carmine Capasso (chitarra e voce), Andrea Ranfa (voce),Tony Alemanno (basso) e Dave D’avino alle tastiere. Quest’ultimo, per motivi strettamente personali, ha abbandonato il gruppo, a lui è subentrato Giuseppe “Sep” Sarno, un validissimo hammondista.
Visto che su Musicoff ci sono tantissimi chitarristi, parliamo di chitarre, visto anche che usi quelle di una liuteia che porta il tuo nome! Descrivici il tuo setup generale, il routing e soprattutto il perché delle scelte che hai fatto e che ti porti in studio e live (e se tra questi due ambiti ci sono differenze di approccio).
[Capasso] Io utilizzo chitarre costruite da me e mio padre, ma mi occupo minimamente della costruzione avendo il terrore dei macchinari, quindi mi limito a tutto il resto della creazione. Mio padre lavora interamente a mano quindi senza nessuna diavoleria digitale a controllo numerico (oggi molto utilizzato).
Il vantaggio di suonare i propri strumenti è quello di avere un suono totalmente personale poiché questo processo ti porta a creare esemplari unici, e sono totalmente analogico anche nei suoni.
Le chitarre hanno determinate specifiche che ho studiato in questi anni, così come per i pickup. Essendo un fan dei Led Zeppelin e quindi del British sound, utilizzo soprattutto amplificatori Orange (AD30 per la precisione), ma non escludo l’utilizzo di ampli Marshall e Mesa correlati da pedalini analogici.
Dal vivo e in studio utilizzo soprattutto modelli ispirati ai Les Paul, SG, e PRS con humbucker e un modello Telecaster con pickup Hot Rail per ottenere un suono molto più corposo.
Stessa domanda anche per Pino sul suo setup di batteria…
[Sinnone] Cinquanta anni fa la mia batteria era composta da un set molto semplice: cassa con solo un pedale, rullante, charleston, un tom, un timpano e un piatto ride.
Oggi ho evoluto il mio set come segue: cassa con doppio pedale, rullante, charleston, due tom e due timpani, due ride e due crash.
Nel leggere i musicisti e gli strumenti utilizzati si fa davvero un salto nel passato! Hammond, Theremin, Sitar… tutti molto affascinanti e tra l’altro alcuni di questi suonati da te, Carmine. Pur tuttavia, i siete concessi anche a qualche “diavoleria” moderna durante il recording (plugin, vst o altro) oppure avete preferito l’approccio da “duri e puri”?
[Capasso] L’hammond è il segno distintivo dei The Trip, in quanto lo storico leader della band era lo stratosferico Joe Vescovi.
Per quanto riguarda i miei “giocattoli” posso dirti che io sono l’elemento più psichedelico della band ed ecco perché ho utilizzato theremin (i led Zeppelin vi ricordano qualcosa?) e sitar, lo faccio perché amo sperimentare.
Essendo anche il produttore del disco posso dirti invece che ho utilizzato qualche vst per riprodurre alcuni synth che credevo suonassero bene all’interno del nuovo Caronte, quindi in un certo senso sono stato anche un pò “tastieraio”!
Diavolerie poi molto analogiche non sono mancate… avete mai provato a registrare un mazzo di chiavi e poi metterci su un wah wah pieno di delay? Beh, l’ho fatto in alcune parti del disco!
Quali sono i progetti per il futuro a parte la celebrazione di questo anniversario, ci saranno composizioni inedite e nuovi album? Confidate anche di intraprendere nuovamente un’attività live regolare?
[Sinnone] Abbiamo quasi terminato il nuovo album di inediti che uscirà nella primavera del 2022, per quanto riguarda invece le attività live sono nel nostro intento sperando che arrivino offerte!
[Capasso] A quello che ha detto Pino voglio solo aggiungere che stiamo preparando anche qualche sorpresa ma ormai preferiamo sempre essere molto riservati!
Per quanto riguarda i miei progetti, invece, uscirà a breve il mio disco solista con tanti ospiti Italiani ed internazionali. Non mancheranno diversi album che mi vendono ospite, tra cui l’album di Arturo Stalteri (ex Pierrot Lunaire e tastierista di Rino Gaetano) dove sono ospite insieme a nomi quali Antonello Venditti, Grazia De Michele e tanti altri, quindi non c’è che informarsi, magari sulle mie/nostre pagine ufficiali.
Ieri e oggi… mezzo secolo di storia in cui è cambiata moltissimo la produzione musicale. Porre un confronto è scontato nei risultati, ma non si può non chiedere, specialmente a Pino, cosa è cambiato: per i musicisti e tra i musicisti, con le produzioni, con le case discografiche e, soprattutto, con la voglia di fare musica che non sia quella “usa e getta”.
[Sinnone] Non è nostra intenzione fare musica “usa e getta”, la nostra musica continua a piacere ancora dopo 50 anni quindi il nostro intento è perlomeno replicare.
Oggi i rapporti coi musicisti pur essendo buoni, non sono più come 50 anni fa per questioni logistiche. A quel tempo i musicisti non svolgevano altre attività e quindi si viveva sempre insieme alloggiando nelle varie città in cui si svolgevano i concerti.
Noi Trip avevamo un quartier generale a Cisano sul Neva (SV), era una villa che il nostro impresario per la liguria, Rosso Andrea, ci aveva offerto e nella quale passavamo molti giorni a comporre quando non si andava in tournee.
Una volta esistevano le “case” discografiche (noi incidevamo per la RCA la quale si occupava anche di management). Oggi esistono le “etichette” discografiche, che si occupano soltanto di produrre e distribuire i dischi a vari concessionari e punti vendita sparsi nel mondo.
Caronte 50 Years Later è disponibile su:
Aggiungi Commento