Non solamente perché è il protagonista assoluto dei tempi deboli della battuta – il “due” e il “quattro” – ma perché il suo suono è il maggiore responsabile della definizione del genere musicale, dello stile, delle intenzioni artistiche.
Infatti è possibile, in moltissimi casi, datare una registrazione quasi esclusivamente in base al suono del rullante. Le dimensioni, l’accordatura, il volume, e gli effetti applicati al “rullante” sono quanto di più esplicito si possa fare per stabilire il clima di una registrazione.
Com’è fatto un rullante
Le dimensioni sono quasi sempre di 14”, con rare eccezioni di tamburi dal diametro inferiore, 13”, 12” o anche 10”.
L’altezza del fusto più frequente è di 5 pollici e mezzo, ma nell’arsenale di un batterista spesso è presente anche un rullante con altezze maggiori, 6,5” ad esempio, che abbassano le fondamentali e danno un suono più “grosso”.
Esistono anche modelli con una altezza inferiore, per un suono più squillante.
Altro fattore determinante del suono è proprio la serie di molle tese contro la pelle risonante, che appunto conferiscono al suono una ricchezza di armonici che è caratteristica. Questa risonanza che prolunga il suono è anche estesa lungo tutto lo spettro delle frequenze rendendo il suono del rullante incisivo e perentorio.
Altre sonorità possibili sono: quella che si ottiene colpendo contemporaneamente la pelle e il bordo, conferendo un’incisività ancora maggiore, e il “bordo” che si ottiene colpendo il bordo, appunto, del rullante con la bacchetta appoggiata al centro per trasmettere la vibrazione al fusto. E ovviamente le migliaia di sfumature sonore comprese tra questi riferimenti.
Ma veniamo al suono: se stacchiamo le molle dalla pelle risonante abbiamo un suono molto simile a un Tom. Quindi avremo una fondamentale che si va a collocare tra i 180 e i 220 Hz.
Attivando le molle si estende la frequenza a tutta la banda delle spettro, con un inviluppo che si allunga nel tempo. Questa maggiore durata rende il rullante più percepibile anche a volumi più bassi.
Così potremmo dire che per trovare il suono del corpo del rullante dovremo cercare nella zona dei 200 Hz, e per trovare le molle dovremo enfatizzare le frequenze dai 5KHz in su.
Se a questo aggiungiamo una serie di problemi legati al posizionamento dei microfoni, che sono molto vicini, circa 5 cm dalla pelle battente e angolati a 45 gradi (per evitare accoppiamento della membrana del microfono con la pelle), si avrà una enfasi ancora maggiore delle medio-basse, a discapito delle frequenze più alte.
La ragione per tenersi vicini con il microfono e magari usare un noise-gate sul rullante è la necessità di avere un suono netto e separato del rullante che minimizzi i rientri degli altri suoni del kit. Così gli effetti applicati al rullante non si applichino anche al resto del kit.
I microfoni più utilizzati
I microfoni più in uso tradizionalmente sul tamburo rullante sono lo Shure SM57 (praticamente lo standard), il Neumann KM184 (o equivalente condensatore), molto utile specialmente nei Jazz per catturare tutte le nuanches che il batterista esprime in questo genere, e a volte un microfono super-cardioide come il Sennheiser MD441, che pur essendo complicato da posizionare, offre la possibilità di selezionare di più il suono catturato senza essere troppo vicini.
Quindi ricapitolando: un filtro a campana sulle medio-basse da 180 a 220 Hz. Uno shelving sulle alte da 5K a 10KHz.
In alcuni casi può essere utile un filtro notch molto stretto nella zona dei 800-1000Hz per rendere meno evidente l’armonico in quella zona.
E per finire un importante elemento: il filtro passa-alte che si può posizionare a circa 100 Hz così da impedire il passaggio di frequenze che non sono proprie dello strumento.
Gli effetti sul rullante
Per quanto riguarda gli effetti, c’è tanto da dire e sperimentare, e la evoluzione dei suoni negli anni rende impossibile un elenco completo. Così darò dei consigli generali.
In primo luogo, scegliamo un riverbero che abbia la capacità di amalgamarsi bene con il suono del rullante. Consiglio sempre un “plate” per la capacità di riverberare senza dare indicazioni spaziali.
Un sapiente uso del pre-delay permetterà di raffinare il timbro attraverso un uso intelligente delle cancellazioni di fase dovute al “comb-filter”. Un buon punto di partenza è intorno a 50÷70 millisecondi di pre-delay, cercando di trovare il punto che valorizza il timbro e che imprime un “groove” naturale.
Altri algoritmi utili sono i “chamber” e “non-linear”. Quest’ultimo è utilissimo nel ricreare il tipico suono anni ’80 di rullante “quadrato” cioè con una coda densissima e poi interrotta improvvisamente, a tempo di musica.
Se abbiamo un microfono separato per le molle, cioè puntato verso la pelle risonante, che avremo invertito di polarità per evitare cancellazioni di fase con l’altro microfono, potremo inviare solo questo microfono ad un effetto di “chorus” come il tipico “synphonic” della Yamaha o simili accentuando la stereofonia del suono.
Un piccolo delay che suggerisca le dimensioni della stanza, intorno ai 120 millisecondi, e ad un volume quasi impercettibile, aumenterà la profondità del suono.
Non è escluso che si possano provare effetti più caratterizzanti come “flanger” o “chorus” per caratterizzare il suono, ma va fatto un ragionamento caso per caso.
Negli ultimi tempi è spesso utilizzato, come ambiente generale, il suono della stanza dove si è registrato il kit. Utilizzando compressioni molto spinte si può accentuare l’ambiente e spesso questo è sufficiente a creare un riverbero, specialmente nei generi più aggressivi che necessitano riverberi più corti.
Nel caso si stia lavorando con un kit realizzato con campioni, si può ricreare una stanza credibile utilizzando un riverbero a “convoluzione” e scegliendo un ambiente ideale per la batteria. Si avrà in questo caso un notevole controllo sul risultato finale.
A questo punto conta moltissimo poi il bilanciamento del rullante con il resto del kit che deve essere accurato e, se possibile, dinamico. Quindi va assecondato il brano correggendo continuamente il bilanciamento all’evolversi dell’arrangiamento.
Un ultimo piccolo trucco del mestiere: se ci ritroviamo con un rullante che sembra essere ottimale sia come timbro che come suono ma non “vivo” abbastanza da essere eccitante, possiamo provare con un “transient designer” ad accentuare l’attacco di quel tanto che basta per dargli un carattere più vivace. Pochissimo di solito è sufficiente.
Attendo con curiosità un vostro feedback riguardo questi miei suggerimenti!
<<< Leggi l’articolo su come equalizzare la cassa della batteria
Semplice e coinciso. Ottimo articolo