Quando si parla di amplificazione per chitarra solista, marchi storici come Fender, Marshall e Vox fanno senza dubbio la parte del leone, nell’immaginario dei musicisti come nel mercato.
Eppure nei decenni passati il marchio Ampeg rivestiva un ruolo di pari importanza; era uno dei produttori di amplificatori di maggior successo degli Stati Uniti.
Ampeg era in diretta concorrenza con Fender: mentre gli amplificatori Fender erano più popolari sulla West Coast, gli amplificatori Ampeg erano una presenza costante in studi di registrazione e sale da concerto della East Coast.
Con il loro design fortemente personale, gli amplificatori Ampeg sono sempre stati apprezzati per la loro costruzione solida e l’ottimo suono.
Un colpo di genio
A metà degli anni ’40 il pianista e bassista Everett Hull, della scena jazz di Chicago, stava cercando una soluzione per amplificare il suo contrabbasso con maggiore limpidezza.
Hull ebbe un’idea che oggi potrebbe apparire piuttosto intuitiva: estrasse il puntale dal suo contrabbasso, montò un microfono sulla sua estremità e lo reinstallò all’interno del corpo.
Nel febbraio 1946 Hull depositò una domanda di brevetto per questa sua invenzione. Il suo dispositivo era chiamato “amplified peg” (puntale amplificato), fin quando sua moglie non suggerì la contrazione “ampeg”.
Tre anni dopo Everett Hull lanciò a New York City l’azienda Ampeg Bassamp Company facendo leva sull’ efficace slogan: “La risposta alle preghiere del bassista”.
Devo dire che considero questo motto piuttosto appropriato: ancora oggi, quando ascolto musica dal vivo e sono colpito da un buon timbro di basso, molto spesso c’è un amplificatore Ampeg alle spalle del bassista.
L’azienda fondata da Hull elevò l’amplificazione live ad un nuovo standard; tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, Ampeg introdusse i primi veri “monster-amps” del mondo, adatti ai grandi palchi di stadi e arene; come collaudato in quegli anni dai Rolling Stones.
Il mio caro amico Bacco di Pescara mi ha gentilmente prestato il suo fantastico Ampeg Reverberocket R-12R originale vintage del 1965 che è stato appena sottoposto ad una revisione tecnica completa, necessaria per qualsiasi amplificatore di annata.
Abbiamo la possibilità di fare la conoscenza con uno degli amplificatori combo per chitarra più interessanti dal punto di vista timbrico e storico.
La storia degli Ampeg per chitarra
È importante ribadire che per comprendere davvero gli amplificatori vintage, dobbiamo capire il modo in cui vennero originariamente concepiti.
I produttori dell’epoca miravano a realizzare amplificatori che mantenessero il suono pulito a livelli di volume elevati. Oggi, suono distorto e saturazione a livelli contenuti sono caratteristiche generalmente apprezzabili in un amplificatore per chitarra, al contrario allora si ricercavano limpidezza timbrica e headroom o margine di riserva dinamica a volontà.
Bisogna infatti tenere presente che il suono distorto era ancora rigorosamente considerato un fastidioso problema, addirittura anche nell’amplificazione per chitarra. Queste considerazioni valgono ancor più per il fondatore di Ampeg, Everett Hull.
Hull era geograficamente vicino e culturalmente legato alla scena dei jazz-club Newyorkesi dell’epoca. A Hull il rock’n’roll proprio non piaceva: lui riteneva che la pulizia timbrica dei chitarristi jazz fosse di una classe di livello superiore ed era davvero convinto che la distorsione non fosse un’opzione degna di considerazione.
Pertanto, gli amplificatori per chitarra Ampeg erano consacrati per vocazione a suoni puliti; nelle pubblicità dell’epoca la loro caratteristica timbrica veniva addirittura descritta “heavenly”, “celestiale”.
Il vicepresidente di Ampeg, l’eccellente ingegnere progettista Jess Oliver, cercava in ogni modo di concepire amplificatori che potessero vantare notevole nitidezza, profondità e limpidezza, contenendo a livelli minimi compressione e sporcizia.
In questo scenario c’era un’eccezione: gli amplificatori combo della “Universal Series“, introdotti nel gennaio del 1957.
La “Universal Series” consisteva in due modelli economici: il “Mercury” e il “Rocket“, i cui nomi derivavano dalla mania della corsa allo spazio, tipica del periodo.
Nel gennaio 1958 Ampeg introdusse anche il “Jet”, il modello base destinato a chi non poteva permettersi di volare ad altezze siderali.
L’anno seguente la serie venne completata dall’introduzione del modello “Big M”. Gli amplificatori della “Universal Series” divennero molto popolari, e rimasero in catalogo fino al 1970.
Il Rocket, con sigla R-12, aveva una potenza di uscita di circa 12 Watt ed era dotato di 3 ingressi: uno per microfono, uno per chitarra e uno per fisarmonica, strumento molto diffuso nelle dance-band dell’epoca.
Tutti i modelli “Universal” erano basati una formula analoga: erano tutti dotati di un unico controllo di tono e di cabinet con singolo altoparlante Jensen Concert Series da 12 pollici.
Il loro stadio finale era basato su una coppia di valvole di potenza 6V6 con rettificatrice 5Y3 e aveva potenza contenuta entro il limite dei 15 watt. La sezione di preamplificazione utilizzava valvole vecchio stile con base a 8 pin.
Complemento di valvole e caratteristiche erano comuni alla maggior parte degli amplificatori a basso wattaggio dell’epoca, incluso il Fender Deluxe tweed della metà degli anni ’50.
Anche se la “Universal Series” veniva orgogliosamente reclamizzata come “Incredibilmente priva di distorsione“, questi amplificatori in realtà possono sfoggiare aggressività degna degli ampli Fender Tweed. In effetti, se spinti a livelli di volume più alti, il livello di saturazione inizia a ruggire con ottimo impasto di overdrive, per la gioia dei musicisti blues e rock.
Nel 1961 arrivò un’innovazione tecnica particolarmente significativa. Jess Oliver sviluppò un circuito di effetto riverbero basato sulla nuova tank a molle Hammond. Oliver incorporò il nuovo circuito nell’amplificatore Rocket.
Il Rocket con riverbero in dotazione venne considerato un modello autonomo a cui dedicare un nome diverso; prevedibilmente fu battezzato “Reverberocket”, con sigla R-12R.
Il Reverberocket
Questo nuovo modello venne presentato a Luglio al Summer NAMM show di Chicago: è considerato il primo amplificatore per chitarra con riverbero integrato.
Leo Fender optò per creare un’unità di effetto riverbero indipendente; non realizzò il suo primo amplificatore con riverbero incorporato prima di un anno e mezzo dopo, quando lanciò il Vibroverb.
Molti musicisti indicano gli amplificatori Fender Blackface come archetipo di classico suono di riverbero a molla valvolare. Al contrario, molti esperti concordano che ad Ampeg dovrebbe essere riconosciuto il titolo di miglior riverbero a molla integrato degli anni ’60.
Il suo suono è ricco e denso, fino al punto che il pannello di controllo sfoggia l’altisonante dicitura “Echo”, con roboante manopola “Dimension”.
Il reverbero Ampeg di fatto suona decisamente più profondo e aperto di un tipico riverbero Fender; d’altra parte, bisogna riconoscere che il riverbero Fender, dal suono più discreto, potrebbe essere più funzionale al suono complessivo della band in determinate condizioni di acustica ambientale.
Everett Hull e Jess Oliver continuarono la loro infaticabile ricerca di pulizia timbrica: negli anni ’50 e ’60 le specifiche tecniche degli amplificatori Ampeg vennero sottoposte a significativi aggiornamenti sia estetici che funzionali, con una frequenza quasi compulsiva.
Ho cercato di mettere un po’ di ordine e ripercorrere questi cambiamenti nel nuovo episodio filmato di Bob’s Tone Review. Naturalmente l’occasione è ghiotta per esplorare anche le potenzialità timbriche di questo Ampeg Reverberocket R-12R del 1965. Per questo ho chiesto aiuto al mio caro amico Dario Mattoni, chitarrista di Mr. Bricks and the Rubble.
Per la registrazione ho utilizzato il microfono da studio a condensatore a diaframma largo JFET “Ferro” costruito dai Braingasm Lab Custom Microphones di Roma; in grado di cogliere in dettaglio le colorazioni timbriche di questo ampli.
L’amplificatore suona vivace, con salutare margine di riserva dinamica e suoni puliti cremosi. Alzando il volume, interviene un bel ringhio sulle frequenze medie. La manopola di tono singola consente una versatilità inaspettata; forse c’è solo un po’ di sfrigolio sulle alte frequenze, quando è completamente aperta.
Il canale per fisarmonica offre un timbro più scuro e morbido che si rivela utile con chitarra acustica, armonica, tastiere analogiche… e persino fisarmonica.
La sua grande qualità timbrica, con eccellente riverbero e tremolo a modulazione di bias, rendono il Reverberocket un perfetto cavallo di battaglia da studio; ha anche volume in abbondanza per concerti in piccoli club.
Nel 2012 Ampeg produsse una serie limitata di 100 amplificatori cablati a mano denominati Heritage R-12R Reverberocket, assemblati negli Stati Uniti secondo una reinterpretazione del design piuttosto fedele all’originale; paradossalmente costavano ben più degli originali vintage.
In conclusione: il Reverberocket vanta un’eccellente qualità costruttiva, a partire dal cablaggio accurato del circuito con componenti di qualità al cabinet in legno massello con angoli giuntati a incastro e baffle in compensato.
Nel capriccioso mercato di strumenti vintage di oggi, l’originale R-12R è stato semplicemente definito “l’amplificatore più sottovalutato”; un’ottima alternativa economica ai super-quotati Fender Deluxe.
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