HomeStrumentiStoriaMusica Enchiriadis, ovvero come comporre una polifonia medievale

Musica Enchiriadis, ovvero come comporre una polifonia medievale

Scopriamo il primo libro in assoluto che ha spiegato la polifonia!

Nel precedente episodio ci siamo concessi un grande argomento: la nascita della Polifonia, da intendersi come il sovrapporsi di due o più linee melodiche.
Al di là delle ipotesi e riflessioni precedentemente esposte, oggi vorrei porre l’accento su quel trattato che nel Medioevo ha mostrato per la prima volta la comparsa della pratica polifonica. Parlo di Musica Enchiriadis.

Visto che si tratta di un testo gigante per la storia della musica trovo sia doveroso dedicargli un po’ di spazio.

Che cos’è Musica Enchiriadis?

Il nome dice già molto, ma è necessario tradurre, o almeno carpire il significato di “Enchiriadis”. Senza troppi giri di parole tale termine lo traduciamo con “Manuale”.

Ergo il testo è essenzialmente un manuale di musica. Fa la sua comparsa nel IX secolo d.C. in epoca Carolingia. Quindi nel pieno di quella “rinascita” culturale che dà vita, tra le tante cose, al Gregoriano. Per molto tempo Musica Enchiriadis ha avuto diversi autori, ma oggi, per mancanza di prove e un pizzico di prudenza, si preferisce considerarlo anonimo.

Questo manuale conta diversi primati: su tutti un tipo di notazione musicale, fino a quel momento praticamente assente nel panorama “europeo” e la suddetta Polifonia.

Come sempre i primati risultano schematici. Un sistema per identificare le note era già conosciuto nell’Europa latina grazie al teorico Boezio (VI secolo d.C), al quale abbiamo dedicato un episodio qualche mese fa. Boezio infatti aveva ripreso e rielaborato dai greci la notazione Alfabetica. Questo tipo di notazione perdurerà ancora fino a Musica Enchiriadis e oltre; benché più come speculazione teorica, piuttosto che per una quotidiana pratica. 

notazione dasiana

Esempio di notazione dasiana. Si possono notare le due scritte iniziali riferite alla Voce Principale e Organale. I segni dasiani sono posti in alto a sinistra prima dei righi. Tra di essi vi sono delle T e delle S.

In Musica Enchiriadis, oltre al sistema alfabetico, possiamo ammirare una nuova e peculiare notazione, ovvero quella dasiana.
Un tipo di scrittura molto precisa, in quanto venivano tirati dei veri e propri righi sui quali veniva posto il testo del canto, come a sottolinearne le altezze della melodia.
All’inizio di questi “righi” vi erano dei segni derivanti dalla “dasia” greca; lo “spirito aspro”. Come se fossero chiavi (ad esempio per noi oggi quella di Violino o di Basso). Rimando al video per visionare più facilmente il corollario di segni. 

In ultimo vi è la colossale testimonianza polifonica. Ciò lascia intendere, pur senza tante prove a supporto, che tale prassi fosse già conosciuta e praticata in precedenza. In fondo parliamo di una seconda voce aggiunta (Vox Organalis) che procede parallelamente ad una principale già esistente.
Un po’ come le armonizzazioni tamarre che facciamo noi oggi nell’ambiente rockettaro. Tuttavia qui, nel Medioevo, erano prediletti principalmente gli intervalli di Quarta (Diatessaron) e di Quinta (Diapente).

Concludo dicendo che questo manuale ha avuto un grandioso successo, venendo copiato (a mano) per molto tempo. Un punto di riferimento colossale, tuttavia non tanto a supporto di una pratica vissuta nel quotidiano, piuttosto per la speculazione teorica e filosofica tanto cara ai Musici del passato.

Vedremo come con Guido d’Arezzo molti discorsi inizieranno a cambiare. Ma per il momento vi auguro una buona visione!

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