Qualche settimana fa è stato pubblicato da SIAE ed Italia Musix Export il primo report sulla musica italiana all’estero: sostanzialmente un’analisi dei dati e numeri per capire a che punto è la diffusione della nostra musica in giro per il mondo. Il report è scaricabile a questo link.
In generale, si parla di una crescita di quasi l’8%, notizia buona, che fa ben sperare per il “nostro” futuro. Il motivo, dal mio punto di vista, è molto semplice: più la nostra musica assume connotati “godibili” anche all’estero, più sarà “vendibile”, più ci saranno royalties per gli artisti/produttori/tecnici della filiera italiana, più benzina si immetterà nel settore.
C’è una pagina molto interessante, che parla degli autori italiani under 35 più ascoltati al mondo. Dominano i Maneskin, ovviamente, che da qualche anno sono in un’ascesa musicale (e commerciale, aggiungerei) velocissima. Bravi e seguiti da un team che credo non abbia rivali attualmente.
L’esperienza con Deep Chills
Il motivo per cui vi parlo di questo report nasce da un’idea suggeritami da un mio grande amico, Salvatore Pagano, che ben conoscete su queste pagine. Perché?
Perchè al terzo posto di questa classifica c’è Deep Chills, al secolo Gianmaria Sanna, autore e produttore italiano di grandissimo successo, che conta su Spotify quasi 3 milioni di ascoltatori mensili.
Fortuna vuole che da qualche anno a questa parte le chitarre per la maggior parte dei brani di Deep Chills (alcuni non le hanno) le realizzi il sottoscritto, al secolo Giacomo Pasquali.
Un grande piacere, sicuramente, far parte di un team così di successo. Un team che ha lavorato sempre a distanza, purtroppo senza (ancora) vedersi mai di persona, in anni così difficili.
Se non avete mai ascoltato i suoi brani, non aspettatevi il mondo “classico” del pop a cui siamo abituati, ovvero un certo tipo di playing che continua ad occupare gran parte delle mie giornate in ogni caso, per molti altri artisti in tutto il mondo.
Deep Chills fa parte di una nuova generazione di producer e di musica, di Pop declinato in tante sfaccettature, più o meno connesse ad altri filoni (come Tropical, House, etc), spesso basato sui loop.
Proprio a questo riguardo, e anche più in generale, Salvatore mi ha chiesto se mi andava un po’ di raccontare le dinamiche di questa tipologia di lavoro.
Produrre musica “a distanza”
Per alcuni il lavoro “loop-based” è il diavolo, una catastrofica macchina nella vita di ogni musicista ed artista: “ammazzano la musica”, ecc.
Per me è un lavoro diverso, ci sono generi diversi, ogni genere ha una sua vita ed ogni ambiente musicale se vogliamo “acquisisce” dei trend che sono decisi dai più grandi esponenti mondiali (spesso di oltreoceano) di quel determinato settore.
Il lavoro quindi è differente.
Potrebbe sembrare facile registrare un loop da 8 misure e consegnarlo. Chiaro che non è così.
Spesso si parte da un’idea musicale del producer (nel caso di Deep Chills spesso molto molto precise dato che anche lui suona la chitarra), io posso riprodurla esattamente, con il mio suono, timing ed attitudine, oppure posso farne una versione leggermente diversa.
Spesso è questo ciò che faccio: lavoro su una versione (sempre doppiata) dell’idea originale così come è stata partorita, in modo da consegnare al meglio possibile ciò che è stato chiesto. In seconda istanza, spesso lavoro su una versione che prende ispirazione dall’idea originale, ma viene da me rivista e adattata in base al mio gusto e alla mia sensazione di quella traccia rispetto al brano.
Generalmente si lavora su una bozza di produzione, magari con una voce guida e qualche altro strumento, a volte si lavora solo sul click perchè il brano nasce da quell’idea, a volte su basi ancora incerte.
Insomma, un’altra parte importante, è assumersi la responsabilità e saper “prevedere” dove andrà a parare il brano. Questo soprattutto in termini di sound, quindi la scelta della chitarra, del microfono, se plettro oppure dita.
Ecco, un’altra cosa che faccio è spesso registrare gli arpeggi sia in versione plettro che dita. Questo perchè magari in fase di produzione potrebbe servire quello stesso arpeggio più “definito” e presente, con più attacco per via di particolari drums, o viceversa, magari per un breakdown dove il plettro sarebbe stato eccessivamente diretto.
Una volta registrate le take di base, procedo a realizzare delle “add”: tracce che non hanno il ruolo di “main” ma che possono servire al producer: quindi “strum” singoli, note singole, accenti, insomma un “pack” di tracce che potrebbero essere utili per condire il brano.
Questo “eccedere” nella consegna del materiale, ritengo sia importante sia per dare più scelta al committente, ma anche e soprattutto, dal mio punto di vista, per “evitare” revisioni, soprattutto magari in giorni e settimane in cui sono molto preso da tanti lavori.
Infine, faccio un pò di editing (a seconda che il loop sia da 4, 8 16 misure), andando eventualmente e raddrizzare qualcosa soprattutto ad inizio e fine loop in modo da renderlo perfettamente loopabile senza click, pop e fluttuazioni di tempo esagerate.
Di norma comunque succede poco perché in questi generi mi metto in modalità “click”: lavorando con produzioni totalmente digitali e sintetizzate è, a parte pochi casi, importante essere ben attaccati alla griglia per evitare di creare problemi quando si introdurranno altri synth o loop che di norma nascono 100% in tal modo.
Questa è sinteticamente la trafila che svolgo quando lavoro in questo ambiente, dove spesso le deadline sono “oggi per ieri” ma dove è bello far ritagliare lo spazio per delle chitarre vere in un contesto ormai quasi completamente denso di computer music.
Per me è un grande piacere ed un onore dare il mio contributo su brani di Artisti di così grande successo.
Giacomo Pasquali ha lanciato il suo corso Home Recording da zero sulla piattaforma di didattica online MUSICEZER, per tutti coloro che vogliono imparare a registrare direttamente nelle proprie case o sale prova!
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