Una delle canzoni più note di Jimi è in realtà frutto della penna geniale di Dylan, ma nelle mani del chitarrista nel 1968 s’infiamma e brucia come una torcia.
Il singolo esce nel settembre di quell’anno fatidico e raggiunge un posto inaspettatamente alto nelle classifiche, vendendo più di ogni altra canzone pubblicata da Hendrix in precedenza.
Eppure è una cover, anche se metabolizzata e rigenerata al punto da sembrare quasi un pezzo originale.
Non stupisce la scelta di una canzone di Dylan da inserire in Electric Ladyland, l’album dell’emancipazione dalla produzione di Chas Chandler, quello di una precoce maturità destinata purtroppo a durare poco.
Del carismatico songwriter Jimi era un fan sfegatato e si dice che proprio ascoltando i suoi dischi avesse superato una profonda insicurezza nel cantare.
Se uno così (relativamente) stonato era arrivato al successo planetario, perché non poteva avvicinarsi anche lui al microfono?
Il senso di affinità era alto: A volte faccio una canzone di Dylan e calza così a pennello che mi sembra quasi sia mia, affermerà in seguito. Sentivo “Watchtower” come una cosa che avevo scritto senza riuscire a completarla.
La canzone era una di quelle registrate da Bob a Nashville nell’autunno del 1967 in sole tre sessioni di studio con musicisti locali per quello che sarebbe diventato l’album John Wesley Harding. Si trattava del primo lavoro dell’artista dopo la lunga pausa dovuta al noto incidente di motocicletta e segnava un ritorno all’essenzialità acustica degli inizi oltre a un avvicinamento a certi colori della country music.
Niente più rock’n’roll e nessuno spazio per i sofisticati arrangiamenti che avevano caratterizzato Blonde On Blonde. Solo uno schietto, ruvido senso di essenzialità che animava questa nuova fase, esposto nelle nude immagini di testi conditi di ardite e a volte enigmatiche immagini. Chitarra, armonica e voce.
Quando Jimi la sente non può fare a meno di registrarla ed entra negli studi londinesi. All’inizio sono solo lui all’acustica, Dave Mason dei Traffic alla 12 corde e Mitch Mitchell alla batteria. Solo più tardi si aggiunge Noel Redding, che però lascia presto la sala in preda ai primi malumori e il basso viene registrato inizialmente da Mason, sostituito in seguito dallo stesso Hendrix.
Il completamento della canzone avviene a New York negli studi Record Plant nel corso di interminabili session in cui il chitarrista si lascia andare a continui rifacimenti e sovraincisioni, portando Chandler a una rottura definitiva.
Fra i tanti personaggi, noti e meno noti, presenti in sala, si narra di un Brian Jones ubriaco al punto da farsi allontanare dal pianoforte, limitando i danni affidandogli una percussione.
Passato dalle 4 tracce dello studio inglese alle 8 e poi 16 degli USA, Hendrix affronta l’intero Electric Ladyland con un (costoso) spirito di sperimentatore che non tutti riescono ad apprezzare all’uscita dell’album.
Accanto a pezzi dirompenti come “Voodoo Chile”, all’improvvisazione pura di “1983… (A Merman…)”, a episodi difficilmente incasellabili come “Burning Of The Midnight Lamp”, “All Along The Watchtower” è uno dei momenti “normali” dell’album, ma contiene un distillato di musicalità hendrixiana.
Nei vari assolo (scelti fra i tanti registrati) passa dalla melodica essenzialità dei primi due a un intermezzo psichedelico a base di slide (suonato con un accendino) per poi tirar fuori il fido wah wah e alzare il tono del discorso anche solo con una ritmica serrata che prepara l’arrivo della terza strofa.
In quest’ultima, il timido Jimi – quello che registra la voce voltato di spalle per non farsi guardare dagli altri – ruggisce le parole di Dylan descrivendo energicamente una scena che lo stesso autore sottolinea con enfasi nella sua incisione originale, essenziale e meno energetica, ma non per questo povera.
Jimi ci mette dentro tutto se stesso, testa, anima e sentimenti, facendo innamorare anche Dylan di questa cover, che in seguito sceglierà come riferimento per le sue esecuzioni live.
Non è un caso se la canzone sia una di quelle più richieste e ascoltate dai soldati americani spediti in Vietnam a combattere una delle guerre peggiori dell’era moderna.
Ammettendo che ce ne siano di migliori.
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