Una delle problematiche che mi si è presentata più e più volte con la chitarra semiacustica, è il dover controllare quel fastidiosissimo effetto chiamato “feedback“, che molte volte ci impedisce di suonare come vorremmo.
Il feedback o “effetto Larsen“, scoperto dal fisico Soren Absalon Larsen, è un fastidiosissimo suono che può essere di diverse frequenze, pari a una sorta di fischio, che si sviluppa tra l’altoparlante del nostro amplificatore e la chitarra che cattura questo suono, creando così una sorta di circuito chiuso, che termina solo (ma non sempre!) se mutiamo le corde.
Lo strumento semiacustico, rispetto a una solidbody, può comportare una certa difficoltà nell’essere amplificato proprio per questo fattore e non sempre è solo una questione di alto volume: l’ambiente circostante, infatti, unito alla nostra posizione rispetto all’amplificatore, può innescare questo fastidioso effetto.
Tempo fa, infatti, mi trovai a suonare in un locale con una postazione musicale davvero ridotta e l’amplificatore rimaneva a pochissimi metri dalle mie spalle: durante il sound check si innescava un feedback anche a basso volume sui Do di tutta la tastiera.
Fortunatamente il mixer aveva un equalizzatore molto accurato, che mi permetteva di andare a prendere questa frequenza e di abbassarla drasticamente; sul palco avevo il mio suono, mentre in uscita dall’impianto questo era ovviamente un po’ diverso.
Ma, vuoi per la dimensione ridotta della sala, vuoi per spirito di adattabilità, ho accettato di buon grado il compromesso di sound, riuscendo così a gestire in tranquillità tutto il concerto.
Il feedback si verifica per alto volume o a causa di frequenze che si sommano o addirittura il contrario, che si cancellano: ciò che rimane causa un innesco fastidioso e difficile da controllare.
Sullo strumento solidbody, con una buona dose di gain e di volume, il feedback diventa parte del suono e dello stile: di Hendrixiana memoria bombe e fischi innescati e perfettamente controllati dal gigante della Stratocaster. Ma con una hollowbody in braccio e il trio jazz per un aperitivo, il feedback si può rivelare un nemico molto cattivo.
Vediamo quindi cosa possiamo fare per averne il controllo.
Volume
Sembra un ovvietà, ma il volume è il primo elemento da verificare, capendo quanto sia necessario il suo quantitativo. Il gain influisce anche di più! A volte lo stesso volume con minore gain, tende ad assottigliare la dimensionalità del nostro suono, riuscendo però a non innescare e mantenere il tutto sotto controllo.
Equalizzazione
A mio avviso, se reputo che il volume sia al limite del non poter essere abbassato ulteriormente, diventa sempre l’equalizzazione un motivo di analisi.
Capire la qualità del Larsen e la sua altezza musicale, mi permette di intervenire con un equalizzatore: se il feedback è un fischio acuto avrò troppe frequenze acute, mentre se l’innesco è votato verso le frequenze gravi, andrò ad agire sui controlli dei medio/bassi.
N.B. Molti amplificatori per chitarra acustica sono dotati di un filtro anti feedback per risolvere questo problema.
Posizione della strumentazione
A volte, capita che l’innesco del feedback avvenga solo in determinate posizioni e angolazioni nostre rispetto all’amplificatore. Suonare in queste condizioni è veramente un caso al limite e personalmente non baserei la risoluzione del problema “congelandomi” in un range di movimento che mi condizioni per tutto il concerto.
Se invece al soundcheck riesco a capire che spostando l’amplificatore di 50 cm (avendone la possibilità) e riesco ad avere piena libertà di movimento durante il live senza innescare fastidiosi feedback, si può tentare con qualche aggiustamento di posizionamento.
Chitarra, pickup e rimedi
Nella vita ho avuto qualche esperienza negativa con strumenti che innescavano molto facilmente, vuoi per dei pickup non schermati a dovere oppure per un sistema d’amplificazione inadeguato o ancora per un’estrema leggerezza dello strumento (come, ad esempio, una semiacustica tutta in acero, che vibrava tantissimo proprio sulle alte e innescava feedback anche a bassissimo volume).
Tra le varie accortezze già descritte in questo articolo, un altro espediente che mi ha permesso di ridurre questo effetto l’ho sperimentato sulla mia Gibson 165 Herbie Ellis: ho tappato le buche a effe con un foglio di pellicola trasparente (quella per ricoprire i libri di scuola) ritagliato ad hoc e devo ammettere che il problema si è ridotto drasticamente.
In altri casi, ho chiesto al liutaio di migliorare la schermatura dell’impianto elettrico e abbiamo poi lavorato sul condensatore, che troviamo nella parte elettronica tra i pickup e i controlli di tono e volume. È una spesa davvero minima e con un po’ di pazienza, qualche ora di lavoro e un saldatore, si può trovare un setup ottimale che vada a riequalizzare lo strumento nel caso sia di facile innesco di feedback e fischi indesiderati.
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