La musica italiana è solo quella che passano per le radio commerciali? I giovani non sono più in grado di fare musica come si deve? All’estero sono sempre più bravi di noi?
Fuffa, tutta fuffa. Ce lo dimostra oggi un trio italiano che ha le carte in regola per provare a competere con nomi ben più altisonanti, il loro EP di debutto pubblicato lo scorso Marzo è un trionfo di creatività, bravura tecnica e colori sgargianti, sia sonicamente che visivamente.
Questo anche perché Asymmetric Universe non è solo un potente trio di giovani talenti musicali (Federico Vese alla chitarra, Nicolò Vese al basso e Gabriele Bullita alla batteria), ma è un progetto ben più ampio che coinvolge ragazzi sotto i 30 anni dediti alla musica, al videomaking, al graphic design e a ogni forma artistica che possa unirsi al messaggio della band.
Un simbolo dei tempi moderni insomma, un co-working artistico virtualmente senza confini, che asseconda ogni tipo di mezzo per arricchire il contenuto musicale. Contenuto che non è “mascherato dietro una bella grafica”, perché c’è, è sostanzioso e mostra musicisti in grado di partire da una base già notevole.
È entusiasmante, quindi, pensare a quanto potranno crescere nel prossimo futuro.
Il genere degli Asymmetric Universe è Progressive Metal/Fusion. Ma come ogni catalogazione rigida è una definizione piuttosto limitante, perché i linguaggi toccati dalla loro musica sono davvero molti e inaspettati, con ispirazioni che passano con disinvoltura dai Meshugga a Coltrane, a Gershwin.
Prima di passare all’intervista, gustiamoci innanzitutto il video appena pubblicato sul loro canale YouTube, “The Clouds Passing By”.
Le vostre influenze non sono da poco, si passa dai Meshuggah a John Coltrane, il che potrebbe essere causa di più di un brivido dietro la schiena sia per il lettori più heavy che per i jazzisti incalliti. A prescindere che, come noi abbiamo sempre detto, gli abbinamenti solo un fatto di gusto e nella musica non c’è niente di impossibile a prescindere, come vi approcciate nella composizione a questa sfida a dir poco ardua?
Federico: Io e Nicolò iniziammo a lavorare ai brani dell’EP guidati dall’obiettivo di comporre musica che fosse slegata dai cliché e dagli stereotipi dei vari generi musicali. Abbiamo cercato un nuovo linguaggio che fosse più “musica” possibile senza sentirsi costretti a soluzioni forzate tipiche di un genere in particolare, e che potesse essere il più universale possibile, dunque che non avesse bisogno di parole per esprimersi: musica strumentale che inglobasse tutte le nostre influenze musicali derivate dai differenti studi di ciascuno di noi.
Il genere alla base è sicuramente il progressive metal più moderno (Animals As Leaders, Periphery e appunto Meshuggah) ma contaminato fortemente dalla fusion e dal jazz ispirato da Allan Holdsworth, Pat Metheny e John Coltrane.
Nei nostri brani sono presenti anche accenni orchestrali (ad esempio l’inizio e la conclusione dell’EP) e di musica elettronica che completa i nostri strumenti sia a livello ritmico che melodico/armonico. Essendo il nostro obiettivo quello di rendere il più accessibile possibile la nostra musica, abbiamo cercato di mantenere (nella maggior parte dei brani) una struttura tipica della forma canzone ossia una sorta di intro, strofa e ritornello.
Come EP di debutto è davvero il caso di dire “ah però…”. Ovviamente con espressione di positiva sorpresa e vi confessiamo che per caso, girovagando per qualche gruppo di appassionati di dischi, proprio pochi giorni fa abbiamo visto il vostro nome tra una lista di interessanti novità della musica della nostra Penisola. Avete messo un primo mattone solido, e ora?
Nicoló: Innanzitutto grazie mille per le belle parole! Ci fanno molto piacere! Sicuramente il futuro degli Asymmetric Universe è indirizzato verso una maggior volontà di sperimentazione, senza ovviamente mettere in secondo piano la musicalità.
Come diceva Schoenberg “c’è ancora un’infinità di musica da scrivere in Do maggiore“, figuriamoci se poi l’armonia viene ampliata insieme all’elettronica e all’orchestra.
A proposito dell’orchestra, abbiamo notato che il mix tra questo linguaggio e la progressive fusion metal è interessato a tanta gente, sicuramente nella nostra musica futura questo mix sarà accentuato, senza ricadere nello scimmiottamento di una sinfonia. Ovviamente non tralasceremo anche una maggiore sperimentazione a livello ritmico e melodico.
Insomma, il futuro degli Asymmetric Universe è inteso come un’evoluzione verso una maggiore identità musicale ed una maggiore chiarezza del nostro concetto di musica senza limiti!
Siate schietti e sinceri: dove vedete il vostro futuro… in Italia o all’estero? Perché?
Federico: Grazie ai mezzi di comunicazione, che permettono ormai di raggiungere chiunque e ovunque, sicuramente puntiamo a girare il più possibile all’estero, ma semplicemente perché i generi definiti “di nicchia” come il nostro non trovano mai un grande pubblico in una zona specifica; infatti, mirano piuttosto ad un pubblico minore rispetto ai generi più mainstream ma distribuiti in più stati diversi del mondo, ad esempio alcune persone ci hanno già chiesto di andare a suonare in Canada, Stati Uniti e India!
Il vostro progetto coinvolge non solo voi musicisti, ma anche un gruppo di graphic designer ed altre menti creative in campi extra musicali. Come avviene la vostra supervisione su questo aspetto e – domanda che interesserà molti altri emergenti – come si mette in piedi un progetto di questo tipo con le sole proprie forze e quanto impegno quotidiano richiede?
Nicoló: Ci abbiamo messo parecchio tempo a trovare tutti i membri del team (dal video alle grafiche, dalla registrazione al master). Abbiamo speso parecchio tempo nella scelta delicata delle persone, penso che sia più importante questa parte del lavoro che il lavoro stesso. Nessuna di queste persone ci ha delusi, hanno realizzato esattamente quello che volevamo con tanta professionalità e amicizia.
Come ho detto prima, non si è totalmente passivi di fronte ai lavori affidati ad altri: nei progetti indipendenti si è sempre comunque coinvolti nella scelta del personale. Può capitare per esempio di chiamare un ottimo videomaker abituato a fare video musicali di stampo pop moderno, sarà sicuramente un grande professionista ma non sarà assolutamente consono con quello che stai cercando.
Avere un progetto indipendente è una cosa molto difficile, la responsabilità è totalmente tua (divisa tra i membri della band ovviamente).
A livello musicale io e mio fratello non avevamo le idee chiare fino a più o meno un paio di anni prima dell’uscita dell’EP (prima ancora che entrasse Gabriele nella band), la volontà di costruire un linguaggio originale ha richiesto una quantità di studio e di impegno al limite della pazzia.
Non solo a livello mentale è molto stressante dover organizzare tutto da sè, ma anche a livello fisico questa musica richiede una preparazione tecnica molto elevata, il che equivale a dire a una quantità ingente di ore passate sullo strumento.
Ora vi starete chiedendo: com’è possibile avere il tempo di prepararsi tecnicamente sullo strumento e intanto avere il tempo per mettere su un progetto musicale completamente indipendente? Semplice, non lo si ha.
La grande lezione che ho imparato da questo progetto è: non si può essere costantemente preparati in tutto. Ci sono stati periodi in cui preparavo esami all’università o la tesi e altri in cui studiavo orchestrazione o sintesi del suono. Insomma bisogna riuscire ad isolare i singoli momenti senza ogni volta farsi sopraffare dall’insieme degli impegni. Fare un po’ una cosa e dedicarsi poi per un po’ di tempo all’altra.
Se le cose le si studia con amore e dedizione, rimarranno impresse nella memoria a lungo. A volte le cose diventano difficili quando si deve incastrare il proprio progetto musicale con i vari impegni lavorativi (tutti quanti noi insegniamo musica e io e mio fratello produciamo anche canzoni e colonne sonore), in questo caso quello che è meglio da fare è l’organizzazione rigorosa della giornata: per qualche ora mi dedico al lavoro e altre ne spendo per cercare contatti.
A proposito di contatti: quello che vorrei consigliare alle band emergenti come la nostra, è che il tempo dedicato a crearsi contatti, cercare le persone giuste con cui lavorare, cercare date, gestire i social network è importante quanto quello dedicato alla musica. Insomma come già si sa, la vita del musicista è molto difficile oggi perché in sostanza tutta la responsabilità del successo o dell’insuccesso di un progetto è solamente sua.
Questo lo rende uno dei mestieri più difficili, ma anche quello più interessante!
Mettiamo l’ipotesi che domani vi si presenti l’occasione di aprire il live (o addirittura collaborare in studio) con uno dei vostri artisti – attualmente attivo – preferiti: scegliete un nome (dai facciamo i buoni: uno a testa se volete).
Sicuramente tutti e tre sceglieremmo i pesi massimi del nostro genere quali Dream Theater e Animals As Leaders! Non nascondiamo però che ci vedremmo bene anche in apertura di band più jazz come, ad esempio, Snarky Puppy.
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