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Direttiva Copyright: ecco cosa potrebbe cambiare

In questo approfondimento cerchiamo di fare chiarezza riguardo i possibili effetti della Direttiva Copyright approvata dal Parlamento Europeo il 26 marzo.

In questo approfondimento cerchiamo di fare chiarezza riguardo i possibili effetti della Direttiva Copyright approvata dal Parlamento Europeo il 26 marzo.

La 2016/0280 COD (d’ora in avanti semplicemente Direttiva) è un provvedimento che potrebbe segnare il primo passo verso un cambiamento epocale degli equilibri tra i titolari dei diritti di contenuti protetti e le piattaforme che mettono a disposizione tali contenuti e si inserisce in un più ampio ventaglio normativo che mira a regolare giuridicamente il mercato unico digitale (digital single market).

Occorre premettere che, trattandosi di una direttiva europea, sarà necessario il recepimento da parte degli Stati membri dell’Unione Europea con delle norme interne di diritto nazionale. Il tempo dato a disposizione a ciascuno Stato membro è di 24 mesi che decorrono passati 20 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Europea. Seguiranno quindi mesi, anni, prima che il contenuto venga recepito ed effettivamente applicato. Il nostro obiettivo è quello di seguirne l’evoluzione e di aggiornarvi sulle novità rilevanti, evitando di dare false notizie o informazioni fuorvianti.

Partendo dal presupposto che la direttiva in questione interessa tutto il mondo dei creativi (e non solo quello dei musicisti), si cercherà in questo articolo e in quelli che seguiranno di far luce su ciò che a noi interessa maggiormente e cioè il mondo della musica.

Direttiva Copyright: ecco cosa potrebbe cambiare

COSA CAMBIA PER GLI AUTORI, ARTISTI, INTERPRETI O ESECUTORI?

Com’è noto, l’evoluzione delle tecnologie digitali ha cambiato radicalmente il modo in cui le opere vengono create, prodotte, distribuite e sfruttate. Sono emersi nuovi usi, nuovi attori e nuovi modelli di business. Nell’ambiente digitale gli utilizzi transfrontalieri sono inoltre aumentati e, per i consumatori, si sono aperte nuove opportunità di accesso a contenuti protetti dal diritto d’autore. Il quadro attuale mostra poca trasparenza e un divario eccessivo tra i guadagni generati dall’utilizzo di contenuti protetti e quanto effettivamente viene incassato dai titolari dei diritti (il cosiddetto value gap).

Sul piano della trasparenza, essendo tendenzialmente in una posizione contrattuale più debole nel concedere licenze o trasferire diritti, gli autori e gli artisti (interpreti o esecutori) necessitano di informazioni per poter valutare il valore economico dei loro diritti rispetto alla remunerazione percepita all’atto della concessione o del trasferimento.
La condivisione di informazioni adeguate e accurate da parte delle controparti contrattuali o degli aventi causa è quindi importante ai fini della trasparenza e dell’equilibrio del sistema che disciplina la loro remunerazione. Il considerando 75 della Direttiva dispone che le informazioni relative ai diritti d’autore dovrebbero essere fornite in maniera aggiornata, pertinente e completa in modo tale da consentire la corretta valutazione del valore economico dei diritti in questione.

Sempre su questo tema, l’art. 22 della Direttiva prevede che i suddetti soggetti avranno il diritto di ricevere almeno una volta all’anno e tenendo conto delle specificità di ciascun settore, informazioni aggiornate, pertinenti e complete sullo sfruttamento delle loro opere ed esecuzioni da parte di coloro ai quali hanno concesso in licenza o trasferito i diritti, in particolare per quanto riguarda le modalità di sfruttamento, i proventi generati e la remunerazione dovuta.

Quanto al value gap, la Direttiva mira ad attenuare questa discrepanza concedendo ad autori, artisti, interpreti o esecutori il diritto di “chiedere alle piattaforme una remunerazione aggiuntiva per lo sfruttamento dei loro diritti qualora la remunerazione originariamente concordata fosse sproporzionatamente bassa rispetto ai benefici che ne derivano per i distributori” (art.18 della Direttiva Europea sul diritto d’autore nel mercato unico digitale).

Sul punto preme fare due osservazioni. Qual è il parametro attraverso cui è possibile stabilire che una remunerazione sia da considerarsi “sproporzionalmente bassa”? Tale parametro sarà applicato indistintamente a qualsiasi piattaforma? Al momento una risposta parziale la possiamo trovare nel considerando 78 della Direttiva il quale prevede che nel calcolo della sproporzione bisognerebbe valutare “tutti i pertinenti proventi del caso, inclusi ove opportuno, quelli derivanti dal merchandising“.

La valutazione andrebbe fatta caso per caso “osservando il contributo dell’autore o dell’artista (interprete o esecutore), delle specificità e delle prassi in materia di remunerazione dei diversi settori di contenuti come pure del fatto che il contratto si basi o meno su un contratto collettivo. I rappresentanti degli autori e degli artisti (interpreti o esecutori) debitamente autorizzati in conformità del diritto nazionale, in linea con il diritto dell’Unione, dovrebbero poter fornire assistenza a uno o più autori o artisti (interpreti o esecutori) in relazione alle richieste di adeguamento dei contratti, tenendo altresì conto degli interessi di altri autori o artisti (interpreti o esecutori), se del caso“.

Ritornando alla questione in premessa, sarà interessante scoprire come verranno recepite queste disposizioni e se verranno scelti dei criteri armonizzati tra tutti gli Stati membri o se, viceversa, si creerà una frammentazione tra i diversi ordinamenti europei. In linea teorica, ci si potrebbe trovare perfino nella situazione in cui il governo italiano (o altro governo di diverso stato membro) si rifiuti di recepire il contenuto della Direttiva (sebbene ciò sia altamente improbabile poiché ne potrebbe scaturire una procedura di infrazione in capo allo Stato inadempiente).

Direttiva Copyright: ecco cosa potrebbe cambiare

COSA CAMBIA PER LE PIATTAFORME DI CONDIVISIONE?

La precedente direttiva CE 2001/31, escludeva ogni forma di responsabilità preventiva in capo alle piattaforme che consentono il caricamento e la messa a disposizione di contenuti protetti. Senza scendere troppo nel dettaglio, ciò che bisogna tener presente è che non era previsto alcun obbligo di controllo preventivo in capo alla piattaforma ma, al contrario, era prevista un’esclusione della responsabilità in capo all’hosting provider, purché questi non sia effettivamente a conoscenza dell’attività illecita (ad esempio il caricamento di contenuti protetti senza autorizzazione) e purché, qualora sia al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso.

La prima proposta della Direttiva prevedeva l’introduzione di un controllo ex-ante da parte del titolare della piattaforma attraverso il cosiddetto upload filter. YouTube, Facebook e simili avrebbero dovuto dotarsi di misure volte a prevenire il caricamento non autorizzato da parte dei propri utenti attraverso strumenti tecnologici capaci di impedire dal primo caricamento la messa a disposizione di contenuti non autorizzati.

Tale disposizione fu parecchio discussa e il testo recentemente approvato dal Parlamento UE non contiene alcun riferimento a detto filtro. L’art. 17 della Direttiva, infatti, prevede che per il caricamento di contenuti protetti la piattaforma deve ottenere un’autorizzazione dai titolari dei diritti attraverso il rilascio di licenze. In caso di caricamenti illegittimi, la piattaforma sarà ritenuta responsabile per l’avvenuta violazione a meno che non dimostri di “aver compiuto i massimi sforzi per ottenere un’autorizzazione” o comunque “aver agito tempestivamente” per disabilitare l’accesso agli utenti indisciplinati o impedirne l’attività in futuro.

Ciò comporterà che le aziende digitali dovranno necessariamente sedersi al tavolo con gli editori e i titolari dei diritti per concertare delle licenze che da un lato possano assicurare la legittima messa a disposizione dei contenuti e dall’altro (considerando quanto previsto nel sopracitato art. 18) prevedano delle misure di remunerazione adeguate e proporzionate.
Partendo da questo presupposto, potrebbe prospettarsi la nascita di consorzi di organismi di contrattazione collettiva creati ad hoc che possano rappresentare autori, editori e aventi diritto a livello globale, e che diano la possibilità di contrattare ad armi pari coi “giganti del web”.

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SONO COINVOLTE ANCHE ENCICLOPEDIE SENZA SCOPO DI LUCRO E START-UP?

Pare di no. L’art. 2(6) della Direttiva espressamente dispone che i prestatori di servizi quali le enciclopedie online senza scopo di lucro, i repertori didattici o scientifici senza scopo di lucro, le piattaforme di sviluppo di e condivisione di software open source e altri soggetti meglio specificati nell’ articolo sopra citato non sono prestatori di servizi di condivisione di contenuti online (alias piattaforme) ai sensi della presente direttiva. Sul punto si è recentemente pronunciata Wikimedia Italia ritenendo che l’esenzione dalla Direttiva di Wikipedia sia in realtà una “menzogna spudorata“.

Anche qui, se e in che misure la Direttiva possa compromettere la messa a disposizione dei contenuti presenti nella famosa enciclopedia online è ancora da capire. A rigore, l’art. 2(6) parla chiaro e dall’Europa c’è il parere unanime di tenere fuori dalla portata della Direttiva i soggetti sopra citati. Misure meno stringenti sono altresì previste per le start-up: per quelle con meno di 5 milioni di utenti unici al mese, meno di 3 anni di attività alle spalle e meno di 10 milioni di fatturato l’anno, è prevista  l’esenzione di una parte degli obblighi della direttiva.

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QUALI SONO GLI STRUMENTI DI TUTELA PER I CREATIVI?

Partendo dal presupposto che gli autori e gli artisti (interpreti o esecutori) sono spesso restii a far valere i propri diritti nei confronti della controparte contrattuale dinanzi a un organo giurisdizionale, il considerando 79 della Direttiva suggerisce che gli Stati membri dovrebbero prevedere una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie per le rivendicazioni degli aventi diritto relative agli obblighi di trasparenza e al meccanismo di adeguamento contrattuale.

A tal fine gli Stati membri dovrebbero poter istituire un nuovo organo o meccanismo oppure ricorrere a un organo o meccanismo esistente che soddisfi le condizioni stabilite previste dalla Direttiva. Si precisa inoltre che gli Stati membri dovrebbero disporre di flessibilità nel decidere le modalità di ripartizione dei costi della procedura di risoluzione delle controversie. Tale procedura di carattere extragiudiziale non dovrebbe in ogni caso pregiudicare il diritto delle parti di affermare e difendere i loro diritti presentando ricorso dinanzi a un tribunale.

Direttiva Copyright: ecco cosa potrebbe cambiare

Siamo dunque ancora all’inizio del percorso, e la strada si prospetta ancora piuttosto lunga, ma si sa: “un viaggio di mille miglia inizia sempre col primo passo” (Lao Tzu).