Arrivare a falsificare un’intera carriera musicale, con tanto di sold-out fittizi e curriculum inventato di sana pianta: ebbene, siamo giunti persino a questo.
L’antefatto è una storia che circola in Rete da qualche settimana, quella di Jared Threatin (in arte Threatin e basta), una storia dai risvolti così paradossali da rasentare la follia: e sia chiaro, suonerebbe assurdo persino se alla fine si provasse con indubitabile ragionevolezza che si è trattato di un qualche insano esperimento a sfondo culturale o di una mastodontica e dispendiosa provocazione ai danni del panorama musicale.
Fino a prima che la bomba scoppiasse, l’immagine di Threatin che si poteva ricavare da una ricognizione dei suoi canali promozionali era la seguente: polistrumentista (e assai orgoglioso di farlo sapere al mondo) e unico musicista in studio del progetto, aspirante rockstar a stelle e strisce con un forte orientamento all’hair metal, un gusto discutibile in fatto di videomaking e di web design, un album dal titolo bello e dannato (“Living is Dying”), un curriculum musicale denso di impegni (passati, presenti e futuri) e di riconoscimenti lusinghieri dalla stampa, una fan base numericamente consistente e attiva tanto sul Web che durante le esibizioni dal vivo, con un management gestito da agenzie specializzate nei vari rami.
Un osservatore che si fosse soffermato su tutto questo avrebbe ragionevolmente dedotto, al di là delle pose glam e delle opinabili preferenze di immagine, di trovarsi di fronte a una rispettabile carriera professionale in campo musicale. L’assurdità inizia qui: quasi tutto questo è completamente falso.
Ciò che sembra poter essere affermato in maniera sufficientemente oggettiva è una certa capacità, da parte del buon Jared, di cantare, suonare strumenti e comporre canzoni (tutto secondo l’inevitabile e proverbiale de gustibus); per chi volesse togliersi la curiosità in proposito, nel contenuto che citiamo poco più avanti è presente il videoclip YouTube della title track dell’album, che con tutta la buona volontà ci rifiutiamo di embeddare sulle nostre pagine.
E il resto? L’autore di questo contenuto del portale Sick Chirpse si è spinto veramente in là nell’analizzare, e conseguentemente rivelare, tutta la finzione che si nascondeva dietro il personaggio, e per quanto ci riguarda resta la risorsa migliore per conoscere i dettagli di questa paradossale storia (a patto ovviamente di avere una certa familiarità con la lingua inglese).
La versione breve racconta come alcune date inglesi, ufficialmente andate sold-out riguardo la vendita degli ingressi ma quasi completamente prive di pubblico (eccezion fatta per due o tre persone, tra l’altro presumibilmente membri dell’entourage dell’artista) all’atto pratico, abbiano spinto a una serie di verifiche neanche troppo approfondite, le quali hanno portato a una triste ma apparentemente inattaccabile conclusione: management inesistente (in barba ai siti web dalle interfacce plausibili e accattivanti), web follower fantasma, precedenti date e collaborazioni in studio mai realizzate.
E vale veramente poco il tentativo del nostro di darsi un tono con un brillante (?) comunicato, intitolato con gigantesca modestia “Fake Official Statement”, il quale recita più o meno: “Cos’è una fake news? Ho trasformato una stanza vuota in un titolo internazionale. Se stai leggendo questo, sei parte dell’illusione“.
Su questo non possiamo dare torto a Threatin. Sia chi scrive che chi legge queste righe è parte di un’illusione: la sua. Un’illusione che, quand’anche si riuscisse a credere alla presunta volontà di provocazione mondiale, cosa che ci riserviamo di dubitare fortemente, vedrebbe comunque ingiustificabile l’enorme esborso economico che si porta sul groppone.
Già, perchè prenotazioni e biglietti delle varie venue, musicisti di supporto e altri collaboratori, spese di trasferta e tutto ciò che comporta realizzare un tour (tacendo sul colossale dispendio di risorse investite in tutto ciò che è venuto in precedenza), tutto questo ha un costo, e se si ha voglia di fare due conti la cifra sale parecchio: di certo niente che si possa saldare rompendo un salvadanaio.
Senza curarci troppo di dove provengano tante sostanze, possiamo solo augurarci che si tratti realmente di una folle, grassa provocazione al mondo intero, perchè diversamente saremmo di fronte a qualcosa di ben più tragico, triste, desolante di una semplice illusione. Ma per quanto la possibilità dell’istigazione collettiva ci sembri poco credibile, cerchiamo con tutte le nostre forze di non credere che si possa arrivare a tanto per guadagnare una celebrità inesistente.
Siamo consapevoli che in questo momento storico (ma forse nemmeno dai nostri tempi, forse sotto sotto è sempre stato un pò così e oggi ci sono soltanto mezzi differenti a dimostrarcelo) la promozione di sè stessi sia alla base di un certo successo musicale, per alcuni anche più del talento e dell’impegno: per questo non diremo ai musicisti emergenti che ci leggono di non spendersi nel rappresentarsi a livello di immagine oltre che di contenuti, perchè un punto di vista così poco elastico sarebbe davvero scarsamente produttivo in termini di carriera musicale.
Ma si arriva a un punto in cui non bisogna perdere di vista la differenza tra un riscontro reale e uno fittizio: ragionando secondo una “unità di misura” attualissima, un like vero vale molto più di cento artefatti, e non soltanto dal punto di vista della soddisfazione personale, perchè come abbiamo visto alla fine i nodi vengono al pettine e le grandi finzioni cadono rumorosamente non appena si va a grattare al di sotto della superficie.
Il nostro sostegno va e andrà sempre a quegli artisti che riescono a farsi amare e apprezzare più per ciò che sono che per quel che sembrano, come i The Shiver nella foto qui sopra (dei quali abbiamo seguito con attenzione e interesse il recente tour), e va sempre al di là di ogni discorso sui gusti musicali delle masse e sul valore inattaccabile della preferenza personale. Noi siamo per i fan reali di musicisti realizzati, e alla larga dai castelli in aria, perchè hanno il brutto vizio di crollare.
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