Siamo a meno tre date dalla fine, un po’ di malinconia inizia ad esserci. Arriviamo a Bristol dopo un viaggio abbastanza lungo, circa 4 ore in totale.
Dal freddo glaciale di Manchester arriviamo a Bristol con una temperatura mediterranea: ditemi poi come fa uno a non ammalarsi.
Bene, lo staff è già fuori dalla venue, The Marble Factory, che ci aspetta. Scaricano tutto e come al solito posizionano la nostra strumentazione nel parterre, da un lato. Velocissimi e forzuti, in 5 minuti il van è vuoto.
Conosciamo il promoter dell’evento che ci spiega tutto, ci lascia i suoi contatti e ci porta nei backstage: piccolini, senza catering, ma almeno caldi. È il momento perfetto per un po’ di riposo.
Mancano due ore al check e le passiamo bighellonando qua e là, facendo due chiacchiere con qualche fan dei The Rasmus che ormai ha partecipato a tanti concerti ed è diventato anche fan nostro. Come al solito la fame giunge puntuale, ma la rimandiamo al tardo pomeriggio perchè il locale oggi è in periferia, nella zona industriale della città, e non c’è nulla di vicino e comodo.
I The Rasmus finiscono puntualissimi il loro check: non so se l’ho detto abbastanza ma la loro produzione è stellare: puntualissimi, professionali e anche molto attenti ai nostri tempi e alle nostre esigenze; una cosa davvero non da poco, considerando che potrebbero tranquillamente “infischiarsene”.
Conosciamo il fonico, Nico, italiano, che inizia a prepararci lo stage. Oggi è tutto un po’ a rilento, difatti dopo 50 minuti stanno ancora microfonando. Decisamente troppo. Mancano 20 minuti alla fine del check, il primo colpo di cassa lo diamo a 13 dalla fine del tempo a noi destinato.
Non nascondo la seccatura di dover sprecare un’ora e un quarto di check, aspettare che le spie funzionino, capire perché qualcosa non arrivi. Insomma, c’è stato qualche problema e infatti abbiamo deciso di avere monitor solo in front per Federica. Noi altri andiamo senza nulla, il palco non è grandissimo, l’ascolto grosso modo è fattibile e almeno salviamo un po’ di tempo utile.
Continua qualche problemino e finiamo il check in ritardo, scusandoci, senza neanche essere soddisfatti. Non il massimo, insomma, ma siamo a fine tour e non vogliamo rovinarci le ultime date.
Appena fuori dal locale, da delle serrande nere, quando usciamo dopo aver finito il check, appare una visione: “FOOD“. Ci catapultiamo lì e niente popò di meno, cos’è? Una hamburgeria! Siamo io, Finch e Mauro, ne ordiniamo 3 con 3 cheese fries (patatine con il cheese) e mangiamo. Tutto cotto alla grande, carne di qualità, il palato e lo stomaco ringraziano!
Oggi gli orari sono sempre un po’ in avanti e così non abbiamo moltissimo tempo fra la fine del pasto (non saprei se classificarlo come pranzo o cena) e il live. Ci cambiamo nel piccolo camerino e siamo pronti.
Il pubblico, che dall’ascolto delle sue reazioni con la prima band d’apertura non sembrava super collaborativo, invece subito urla, neanche il tempo di calcare il palco. Inaspettato!
Inizia il live. I monitor di Federica sono spenti, completamente. Che seccatura. La cosa verrà risolta al secondo pezzo, ricollegando un cavo che era stato staccato (non da noi, ovviamente). Per fortuna il pubblico ci supporta tantissimo, a tal punto da non darci neanche il tempo di dire “your hands up” che già sono tutti con le mani alzate.
Il set scorre bene e ci divertiamo. Il locale è molto alto, un capannone praticamente, suona molto reverberato e poco definito. Il pubblico sembra apprezzare, partecipano tutti. Al merch però tante persone ci diranno che la voce era inudibile. Quando sento queste cose, essendo anche il mio lavoro, davvero stento a capire come sia possibile ma l’unica scelta che ho è farmene una ragione e lasciar scivolare la cosa.
La mole di applausi e “casino” che il pubblico fa per noi ci rincuora e tutto sommato scendiamo dal palco felici. Incontriamo ancora un po’ di fan e scambiamo due chiacchiere. È quasi subito ora di andare.
Domani è la penultima data, saremo a Southampton e dobbiamo continuare a dare tutto.
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