Siamo sbarcati in UK. Abbiamo un giorno di dayoff e lo spendiamo (nel vero senso del termine) a Londra, da Marco e Laura, due amici di Finch e Federica che vivono e lavorano lì da molti anni. Ci ospiteranno nella loro bellissima casa a Sydenham, ad un passo da Crystal Palace, in un zona molto quiet e carina.
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Durante la giornata io acquisto due cavi IEC (i classici di alimentazione per testata e pedaliera) con spina UK. Voglio evitare, come da consiglio del buon Pierangelo Mezzabarba, di far passare tutto in adattatori da pochi euro…
L’indomani arriviamo in perfetto orario a Norwich, al Waterfront, un tipico locale inglese, non enorme, ma neanche piccolo, con il classico poco spazio per l’accomodation e gli spazi vitali (camerini) un po’ piccoli.
Ci accoglie il venue manager e ci mostra tutto. Oggi c’è un po’ di ritardo su tutto quindi abbiamo circa 2 ore free prima di scaricare e allora io, Finch e Mauro andiamo a fare un giro in centro.
Norwich è una città molto carina, in pieno stile Brit, molto ordinata, pulitissima, mi piace davvero tanto. Ci sono tante attività ma senza il caos a cui Londra ci ha abituato, i prezzi non sono alti ma anzi molto ridimensionati. Bella!
Ci fermiamo da GREGGS per pranzare e torniamo alla venue.
Non c’è catering ma un po’ di cose in una busta della spesa… non proprio come ci saremmo aspettati dal paese della musica…
Scarichiamo e facciamo la solita chiacchierata col fonico per spiegare le esigenze, poi aspettiamo le 17 per il nostro check. Va tutto abbastanza bene, non al top come spesso ci hanno abituato, ma la location è un po’ più easy del solito, ci può stare.
Abituato a suonare nei nostri locali in Italia è quasi paradossale come un locale mediamente come il nostro, in tour del genere, sembri piccolissimo!
In effetti lo stage lo è, ma troviamo comunque il modo di entrarci.
L’attesa per il live non è molta e arrivano subito le 20:40, pronti e carichi (certo, Fede ancora malaticcia e io con di nuovo qualche problema all’intestino) saliamo sul palco.
Il Waterfront è praticamente sold out, circa 700 persone che riempiono la sala che si estende in orizzontale. Il nostro show è il solito, energia e divertimento.
Il pubblico è inglese sembra un po’ più spento del solito, meno “casciaroni” del resto dell’Europa ma ascoltatori più attenti, e infatti a fine live ci fanno complimenti, apprezzamenti, in qualche caso anche specifici. Insomma, siamo di fronte ad un pubblico attento, intenti a godersi lo show divertendosi, ma mai compromettendo la qualità dell’ascolto.
Bella serata, macchiata solo da un roadie resident che spinge la mia 4×12 (senza la chiusura del flight case, solo con la base quindi) con le ruote contro una transenna ridendo, perché era in ritardo (lui). Non la passerà liscia…
Richiuse le nostre valige, dopo l’ennesima camomilla (che rock, eh?) ci rimettiamo subito in viaggio per Newcastle, circa 5 ore di viaggio.
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Ne facciamo circa 2 e poi ci fermiamo a dormire in una piccola area di sosta su una superstrada. Siamo costretti a questa scelta poiché le aree di servizio in UK nelle autostrade hanno una regola: puoi sostare al massimo 2 ore, a meno che tu non voglia pagare una tariffa per la sosta oppure una multa di 100£.
Per arrivare a Newcastle c’è un sacco di traffico, che scatole!
Suoneremo alla Newcastle University, ebbene sì, nell’Università di Newcastle, che ha, come tantissime qui (ci ricapiterà), un’area eventi/concerti. Arriviamo e scarichiamo in un grande atrio privato per noi, chiuso al pubblico e con diretto accesso allo stage: comodissimo, sicuro e pratico.
Il backstage è piccolino anche oggi, e non c’è neanche il catering, proprio come ieri. Questi inglesi fanno dei passi falsi? Vabbè, mi butto subito in doccia appena finito di scaricare.
Siamo vicinissimi al centro e vado a fare due passi: anche Newcastle mi sembra molto carina, fatta bene, ordinata. Essendo vicini all’università anche la moltitudine di ragazzi è un piacere da vedere e da vivere. Mi fermo in un fast food per un’insalata (sacrilegio) e faccio due passi, incappo anche nello shopping (una giacchetta scamosciata molto Brit) e nel giro di un’oretta e mezza torno alla venue.
Mi metto subito a cambiare le corde, le solite D’Addario NYXL1149, in diretta FB salutando un po’ di amici, ed è il momento del check, oggi di 45min. C’è da correre.
Inspiegabilmente il fonico non monta gli overhead sulla batteria, io provo a spiegargli che avendo gli in-ear senza overhead ho i piatti praticamente inesistenti e il tempo sarà difficile da tenere. Non capisco perché ma non li mette. In cuffia l’ascolto non è molto piacevole oggi, tutto squilibrato, suoni non bellissimi, evito di farlo notare visto il poco tempo a disposizione, evitando che tutto peggiori ancora.
Mi faccio sistemare giusto 2-3 volumi e finiamo in orario, che comunque è la cosa più importante.
Uno dei tecnici del locale mette una ciabatta per il mio ampli sul rack del chitarrista dei The Rasmus, finito il check vado a comunicarlo al loro Stage Manager, che più volte avevo sentito chiedere di non mettere nulla sulle loro cose. La cosa infatti lo infastidisce e mi ringrazia per averglielo detto (e forse per la possibilità di riprendere il tizio Resident!).
Oggi si suona alle 20, ho giusto il tempo per fare di nuovo due passi e cambiarmi. Prima di salire sul palco il fonico monta un solo overhead (???) sulla batteria di Finch. Io, stupito, lo ringrazio e chiedo di darmelo in cuffia specificando che sarà la prima cosa su cui farò cenno per far capire il livello. Nonsense.
La sala non è strapiena, ci saranno 400 persone (su un 600 di capienza), abbastanza fredde, più di ieri ed un’atmosfera, per la prima volta un po’ strana.
Inizia il live e, magia, non ho l’over in cuffia. Totally nonsense.
Progressivamente si sciolgono un po’, noi facciamo il nostro show, ci divertiamo (io, ammetto, un po’ seccato per la vicenda over che però non deve condizionare il concerto) e fila tutto liscio.
Dovrò iniziare ad abituarmi a questo pubblico.
Smontiamo e carichiamo il van. Non essendoci catering, durante il set dei The Rasmus andiamo in cerca di cibo con buoni risultati. A pancia piena si chiude meglio la serata. Questa prima combo inglese è stata carina ma non in linea con le aspettative che avevo per l’Inghilterra.
Speriamo che domani, al Rock City di Nottingham, un locale storico, la musica sia diversa…
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