Un album intimista e dalle sonorità inconsuete per la terza prova da leader di uno dei batteristi jazz più in voga del momento.
Si intitola Flatbed Buggy il nuovo album solista del batterista e compositore statunitense Rudy Royston, prima scelta ritmica per artisti del calibro di Bill Frisell, JD Allen o Dave Douglas (trombettista quest’ultimo, e proprietario dell’etichetta discografica Greenleaf Music per la quale Royston ha pubblicato tutti e tre i suoi lavori solisti).
Copertina e titolo fanno subito capire che l’album ha ben poco da spartire con la classica iconografia jazzistica: niente interni di fumosi locali cittadini o grattacieli di grandi metropoli, ma un vecchio carretto di quelli trainati da un cavallo e usati nelle fattorie del sud per piccoli trasporti.
![Flatbed Buggy il nuovo album solista del batterista e compositore statunitense Rudy Royston](https://www.musicoff.com/assets/upload/imagecache/2018/10/L/la-giovinezza-bucolica-del-batterista-rudy-royston/fullPage/cover.jpg)
L’ambientazione bucolica trova in qualche modo conferma anche dall’inconsueto organico utilizzato da Royston, che ha messo insieme un quintetto quasi cameristico formato da Gary Versace (fisarmonica), John Ellis (clarinetto basso e sassofoni), Hank Roberts (violoncello) e Joe Martin (contrabbasso).
L’aspetto melodico prevale decisamente su quello ritmico nelle calde e malinconiche composizioni del batterista, cresciuto a Denver, ma memore dei giorni trascorsi in gioventù nelle campagne del Texas, dove era nato e di dove era originario anche suo padre.
Flatbed Buggy è quasi un concept album, che ruota attorno all’idea del ‘tempo’: quello dei giorni della spensieratezza, ma anche dell’inizio di tutte le cose, di un processo di crescita personale e musicale. Tutti i titoli hanno un qualche riferimento al concetto di tempo e di movimento e ogni tre o quattro brani ci sono dei ‘bozzetti’, brevissime composizioni che fungono da momenti di transizione, ‘salti nel tempo’ per connettere diversi periodi ed episodi.
![Rudy Royston](https://www.musicoff.com/assets/upload/imagecache/2018/10/L/la-giovinezza-bucolica-del-batterista-rudy-royston/fullPage/294265_4910028629523_1797159922_n.jpg)
La musica composta per l’occasione, complice anche l’inconsueta strumentazione utilizzata, è molto organizzata, in gran parte scritta.
Ritmicamente prevalgono le scansioni binarie, con la batteria del leader impegnata a ‘colorare’ i brani, più che a ‘spingerli’. Royston e compagni non si impegnano in una successione di assolo virtuosistici (appena uno e alquanto breve per il leader), quanto piuttosto mettono la loro maestria strumentale al servizio della corretta interpretazione di composizioni armonicamente tutt’altro che scontate.
Un album interessantissimo e di grande originalità.
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