Con un Seymour Duncan al manico la Stadium ’59 di Godin è una versatile chitarra elettrica che non si fa sottovalutare.
Non è Fender, non è Gibson, ma questa bella chitarra costruita in Canada da Godin Guitars prende qualcosa da tutti e due i mondi aggiungendo qualcosa di suo.
Il look è dunque volutamente familiare per chi ha bisogno della solita, rassicurante pacca sulle spalle. Il suono è un altro paio di maniche.
La scala è quella standard di una strat o tele e questo garantisce una buona tensione delle corde anche con spessori non eccessivi. Il ponte riporta al mondo fenderiano con la sua tipica forma ashtray e le corde passanti, le tre sellette in ottone a barilotto regolabili, il single-coil in diagonale con i sei poli in evidenza.
Il legame con la casa di Kalamazoo, d’altro canto, è dovuto principalmente alla presenza del pickup Seymour Duncan ’59 al manico, un humbucker creato appositamente per offrire prestazioni e sonorità simili a quelle dei venerati Gibson P.A.F. degli anni cinquanta.
È una delle prime scelte per chi desidera sostituire il pickup al manico di una Telecaster e – come in questo caso – è disponibile anche in versione splittabile.
Altra caratteristica crossover della chitarra è la scelta del tiglio come materiale per la cassa, trattandosi di un legno che per molti si avvicina al mogano quanto a calore timbrico, pur essendo relativamente leggero.
Lo shape single-cut è lo stesso del modello Session Custom ed è di evidente derivazione Tele, seppur con il notevole ammorbidimento delle curve superiori e la diversa disposizione dei controlli.
Il manico in acero ha un radius comodo di medie dimensioni e una larghezza standard di 42 mm scarsi. È comodamente satinato e tinto in color noce a tutto vantaggio di una sobrietà cromatica cui non nuoce neanche il pickguard madreperlato. L’effetto generale è decisamente elegante soprattutto in questa versione di un lucido Desert Green.
Il pickup al ponte è un monobobina Godin Custom Cajun, i controlli sono un volume e un tono generali, selettore a 5 posizioni e switch per inserire il circuito attivo proprietario HDR (High Definition Revoicer), studiato per cambiar carattere ai pickup con un tocco veloce della mano.
La paletta, anche questa abbastanza fedele all’iconografia vintage, è dotata di sei meccaniche marchiate Godin di buona qualità e il capotasto è Graphtech.
La tastiera è sufficientemente comoda, con frets di dimensioni contenute e un taglio generale che mira più ai rocker tradizionali che a uno shredder del nuovo millennio.
Il suono del ’59 risponde alle aspettative. Potente, rotondo, importante, pronto a ruggire se ben amplificato, ma capace di accarezzare e di offrire una larga dinamica nelle mani di un jazzman con opportuno taglio alle alte frequenze. Il controllo di volume lascia ampio spazio alle variazioni di dinamica senza perdere in definizione.
La vera sorpresa è il Custom Cajun al ponte, un single-coil grintoso e solido, smussato quel tanto da non esagerare in brillantezza ma ricco di definizione. Quanto a volume e botta si affianca perfettamente al ’59 senza minimamente sfigurare, anzi, a livelli importanti di distorsione spesso si fa preferire per la capacità di spiccare.
L’accoppiata fra i due è gestita in tre modi diversi. La più efficace è la 2 – bobina singola al manico del ’59 e Custom Cajun in serie – in cui il suono grosso e medioso del Seymour Duncan acquista la giusta dose di taglio.
La stessa combinazione in parallelo (posizione 4) è più debole, sicuramente la più scarna quanto a potenza di suono, ma interessante per le sue caratteristiche acustiche in un contesto blues.
La posizione 3 offre la somma dei due pickup con tutte e due le bobine dell’humbucker all’opera. Meno personalità, ma comunque efficace.
Manca un twang veramente degno di questo nome, ma a questo proposito sarebbe interessante verificare il suono dello stesso modello di chitarra con tastiera in acero.
HDR. L’arma segreta di Godin è questo circuito attivo che promette il revoicing dei pickup e, in effetti, agisce molto efficacemente sul suono. In particolare con suoni puliti o fino a un crunch di medio calibro, inserendolo è come se tutto prendesse vita, grazie a un pizzico di boost e soprattutto un’attenta equalizzazione del suono.
Non è detto che sia sempre indispensabile, ma è una di quelle cose che danno subito dipendenza.
L’effetto dell’HDR è molto meno evidente nei suoni distorti, dove però è decisamente efficace nell’evidenziare il tipico suono nasale gibson-style che si ottiene facilmente azzerando gli acuti e spingendo l’ampli a manetta. Il reverendo Billy F insegna.
Lo strumento risponde molto bene alle corde .010-.046 montate di serie e arriva con una comoda gigbag imbottita a un prezzo imbattibile per una chitarra costruita nel continente nord-americano.
Maggiori informazioni da godinguitars.it
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