L’album Rebirth e il solido legame con la chitarra del musicista romano Wrongonyou nell’intervista di Chitarra Acustica.
Persi nel fascino delle melodie e del timbro vocale è difficile immaginare che dietro Wrongonyou ci sia Marco Zitelli, originario di Grottaferrata, che da Bandcamp ai concerti per l’Europa ha dimostrato le sue doti di cantautore e musicista talentuoso con un fingerstyle essenziale ed efficace sulla chitarra acustica.
È appena uscito il tuo album d’esordio Rebirth, ma la tua storia musicale parte da lontano. Quando hai avuto il tuo primo approccio con la musica e con la chitarra?
Ad essere sincero, quando ho iniziato a suonare ho ‘snobbato’ molto la chitarra acustica: avevo quattordici anni ed ero un rockettaro, quindi la chitarra elettrica era tutto per me in quel momento!
Ma adesso devo dire che la chitarra acustica è lo strumento che preferisco, per lei ho cominciato anche a creare accordature e modi di suonare ‘tutti miei’, in continua ricerca ed evoluzione.
Come hai sviluppato il tuo stile e la tua tecnica?
Da un giorno all’altro ho deciso di buttare via il plettro e di usare la mano destra nel modo più libero possibile. Inizialmente mi sono appassionato a chitarristi come John Butler, Ben Howard e Ben Harper, ma presto ho trovato un mio stile.
Sostanzialmente uso tre dita, in modo strano, quasi come fosse un pick and go. È molto difficile da spiegare, dovreste venire a vedermi dal vivo!
Parlaci delle principali influenze del progetto Wrongonyou.
L’artista che mi ha spinto a cantare più di tutti è stato John Frusciante. Da lì ho scoperto un filone di artisti folk e pop che mi hanno aperto e cambiato il punto di vista riguardo alla musica.
Tra questi Elliott Smith, Bon Iver, Band of Horses e tutto questo filone di ‘vecchi e nuovi’ artisti americani.
Il tuo paese d’origine ha influito sul tuo percorso musicale?
Sicuramente! A parte alcune esperienze estere, ho sempre vissuto nella campagna romana, piena di spazi aperti e sconfinati in mezzo alla natura. Mi porta sempre in dimensioni che mi stimolano alla scrittura.
Raccontaci la storia di come sei passato dal caricare, come tanti, i tuoi brani sulla piattaforma Bandcamp ai primi singoli, i concerti in Europa, il primo EP e infine il tuo disco.
La cosa incredibile è che tutto si è mosso in modo spontaneo: ho caricato inizialmente dei brani su Bandcamp, dove sono stato notato da un professore di Oxford che mi ha invitato a registrare un demo negli studi dell’Università!
Questa esperienza è stata la scintilla che ha fatto scattare come un effetto domino, che continua giorno dopo giorno. Sempre grazie a Internet sono stato notato dalla mia casa discografica e quindi si è cominciato a fare sul serio, fino a che la mia vita è cambiata.
Sono molto grato per tutto quello che mi sta succedendo.
La tua voce, sia come timbro che come pronuncia, è estremamente credibile e non si fa fatica a confonderti con le migliori nuove proposte internazionali. Come l’hai sviluppata?
Ho vissuto per qualche mese in America, esattamente ad Athens, in Georgia. Mi si è proprio ‘attaccato’ l’accento del Sud!
Dal vivo il tuo approccio è spesso minimalista, con la chitarra acustica che regge praticamente da sola i brani. Questa dimensione è quella che ti è più congeniale?
Sì e no, dipende dai posti e da come mi sento io a momenti. Per alcune situazioni sento il bisogno di avere anche il sostegno della band, altre volte invece preferisco restare molto intimo e quindi girare chitarra e voce.
Qual è la reazione del pubblico e come cambia all’estero rispetto all’Italia?
La cosa che mi fa davvero piacere è che da entrambe le parti c’è molta attenzione e la mia musica piace sia a casa che fuori. Cantare in inglese e avere riscontri positivi all’estero è un punto in più, facendo un genere che viene da lontano.
Quali tipi di chitarre prediligi?
Ne sto provando diverse, ma le mie preferite sono: Martin 000-15, Martin D-28, Cole Clark Angel e Gibson J-200.
La tua chitarra, protagonista dei tuoi concerti, in Rebirth si può ascoltare in particolare in pezzi come “Sweet Marianne” o “The Lake”, ma resta il perno di quasi tutta l’opera o sbaglio?
No, non sbagli! La chitarra è il mio strumento principale, quindi è sempre la matrice di tutti i miei pezzi. In alcuni è sicuramente emersa di più che in altri, però sì, possiamo senz’altro dire che costituisce il perno dell’opera.
Il resto dell’intervista di Luca Masperone nell’articolo pubblicato su Chitarra Acustica n.6 del giugno 2018.
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