È morto all’età di 96 anni l’ingegnere Glenn Snoddy, per molti di voi forse non sarà un nome familiare ma è a lui che si deve l’invenzione del pedale distorsore fuzz, incorporato nel primo Maestro Fuzz Tone prodotto da Gibson nel 1962.
Come spesso succede, il tutto fu frutto di un errore, o meglio, di un problema sopravvenuto in studio di registrazione.
Snoddy, infatti, è stata una delle figure principali figure dell’ingegneria radiofonica e ha supervisionato personalmente molte incisioni di leggende del country come Hank Williams e Johnny Cash.
La storia è più o meno questa: nel 1960, Snoddy si trovava al Quonset Hut Studio di Nashville durante una sessione di registrazione di Marty Robbins per la Columbia Records. All’improvviso, a circa un minuto e mezzo del brano “Don’t Worry”, la chitarra di Grady Martin iniziò a produrre un suono distorto al posto del tipico clean.
Il trasformatore dell’amplificatore si era improvvisamente danneggiato, così il suono della chitarra era entrato in forte distorsione (lo ascoltate a 1.30 nel video qui sotto). Ma, invece che creare panico, quel suono ben diverso da un semplice overdrive dell’amplificatore piacque molto ai musicisti (con quale remora di Robbins a dirla tutta), così come ai dirigenti della Columbia.
La chitarra distorta è così rimasta nel disco, la prima del suo genere.
Il disco di Robbins scalò ben presto le classifiche americane e tra i chitarristi si diffuse la curiosità per quel guitar tone mai ascoltato prima. Adesso la sfida era ricreare quel suono senza dover per forza danneggiare ogni volta un amplificatore (operazione tra l’altro di bassa sicurezza visto che avrebbe coinvolto i trasformatori di corrente).
Così, Snoddy creo il primo pedale distorsore, racchiudendo un circuito ad hoc in una scatola con un pulsante di attivazione.
A quel tempo la Gibson aveva decisamente l’occhio lungo e capito immediatamente il valore dell’invenzione si affrettò ad acquistarne i diritti. Mise così in produzione il proprio stompbox, ad oggi molto famoso e ricercato dai collezionisti (nonché replicato miriadi di volte), il Maestro Fuzz Tone.
Come molti apparecchi audio dell’epoca, la promozione veniva fatta anche tramite dischi in vinile dimostrativi, una sorta di precursori degli attuali video test su YouTube!
Qualche anno dopo il pedale arriverà nelle mani di un giovane chitarrista inglese, di nome Keith Richards. Per non correre il pericolo di dimenticare qualche zampillo di creatività, Richards portava sempre con sé un registratore. Una mattina, al risveglio, lo trovò ancora acceso dalla notte precedente. Riascoltando, in mezzo a quasi un’ora del suo russare, si accorse di aver inciso un’idea musicale fulminante, un riff destinato a fare la storia.
È quello di “I Can’t Get No Satisfaction” dei The Rolling Stones e lo inciderà proprio con il fuzz pedal Gibson Maestro. Il suono non sembra più quello di una chitarra, quasi simula una tromba, pur decisamente più acida e graffiante.
Fu una manna dal cielo per la produzione del pedale che, nonostante la curiosità generata, non stava ancora facendo grandi numeri (anzi, stava quasi per sparire dal mercato).
Il successo fu planetario e da quel momento in poi tutti i chitarristi al mondo si misero alla ricerca di un fuzz pedal, a partire da suoi esimi colleghi quali Jeff Beck, Pete Townshend e molti altri. Non a caso, Gary Hurst baserà il circuito del suo altrettanto famoso Tone Bender (un nome su tutti, Jimmy Page) proprio sul Maestro Fuzz Tone, anche se quest’ultimo tagliava il sustain dello strumento, prima come effetto collaterale poi come scelta progettuale, mentre il TB fu progettato proprio per allungarlo su richiesta del chitarrista dell’orchestra di John Barry (ringraziamo per la preziosa info Alberto Dani della T-Pedals, NdR).
E presto arriverà anche l’altro grande protagonista del mondo fuzz, il Dallas Arbiter Fuzz Face, sotto i piedi di Jimi Hendrix, artista che sarà poi seguito personalmente da uno dei più grandi inventori pedali di sempre, Roger Mayer.
Insomma, da un errore durante una registrazione country-pop americana, nasce il futuro del rock inglese.
Tutti noi dobbiamo qualcosa a Glenn Snoddy.
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