Joan Baez, come ormai di consueto, preferisce pescare nel repertorio di grandi artisti e andare sul sicuro (ma non senza regalare altre nuove emozioni). 77 anni compiuti a gennaio, annuncia il suo tour d’addio che nel mese di agosto toccherà anche l’Italia (Verona il 5, Roma il 6, Udine l’8 e Bra, in provincia di Cuneo, il 9). Per l’occasione esce anche un nuovo album di inediti dal titolo Whistle Down The Wind, prodotto da Joe Henry.
“Era volontà di entrambi poter creare un album insieme. Come previsto, è stato un gioco da ragazzi. Entrambi lavoriamo velocemente e musicalmente siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Mi trovo al meglio con musicisti che sono disposti quanto me a mettersi in gioco e lui ha radunato un gruppo che ha fatto proprio questo. Significa creare ogni canzone da zero”.
Come ormai di consueto, anche in questo caso la Baez preferisce pescare nel repertorio di grandi artisti e andare sul sicuro. Classici che portano la firma di Tom Waits (title-track e “Last Leaf”), Mary Chapin Carpenter (“The Things That We Are Made Of”), lo stesso Joe Henry (“Civil War”) e poi ancora Tim Eriksen, Eliza Gilkyson, Josh Ritter, Anohni e altri ancora.
Con la chitarra acustica in primo piano che accompagna la sua voce, ancora ben riconoscibile nonostante i limiti imposti dall’età (ora è più roca e la famosa estensione un po’ ridotta) Joan si cimenta in un repertorio in parte impegnato e in parte intimista di grande effetto. Quello che normalmente viene considerato un limite, finisce per conferisce alla Baez addirittura un vantaggio, infatti il dover glissare sulle tonalità alte favorisce una certa intimità di esecuzione e regala alle ballate un fascino addirittura superiore.
Gli arrangiamenti sono essenziali e hanno spesso un incedere che direziona verso un country sobrio e intrigante.
Belli tutti i brani, ma un particolare plauso va a “Whistle Down The Wind” e “Be Of Good Heart” in cui il migliore fingerpicking della Baez e la dolcezza della voce si sposano perfettamente.
Roberto Caselli
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