Dopo aver parlato dei preparativi fondamentali per affrontare da musicista una colonna sonora, parliamo del concerto della F2F band.
Nella scaletta ci sono musiche di film principalmente horror ma anche western e gialli, quindi i generi musicali possono cambiare: si passa dal pop al funk, dalla psichedelia al rock… È bene avere una cultura musicale che spazi un minimo i generi, cosa sempre fondamentale per ogni musicista. Si possono trovare brani minimalisti, temi con grandi orchestre, semplici canzoni voci e chitarra oppure pedali di sintetizzatori ecc.
Partendo dal presupposto che una musica valorizza o enfatizza la sensazione che le immagini devono dare, per un musicista è utile capire la scena per una corretta interpretazione, quindi è meglio vedere i film in questione. Nel mio piccolo è capitato di suonare delle suite di film che non conoscevo, e la mia interpretazione era dettata solo da ciò che la musica mi ispirava. Quando poi ho visto i film ho capito il senso delle musiche, e le mie esecuzioni avevano acquisito uno spessore maggiore.
Di base non tutti pensano al significato delle canzoni, si suona e basta; ma quando c’è un compositore o produttore che ti aiuta a capire ciò che il brano deve esprimere allora cambia tutto, quello che stai dando alla canzone diventa più “giusto”. È come informarsi per bene su un certo argomento per poi discuterne con gli altri senza dire cose fuori luogo. Si può godere anche di una sola nota lunga, una volta che ne hai compreso la necessità.
Può capitare anche di doversi sostituire ad altri strumenti quando la parte è riarrangiata: ad esempio in un brano devo suonare con il basso una partitura scritta per il violoncello. Ho cercato di ricreare lo stesso effetto con uno strumento molto diverso rispetto all’originale, e nella mia testa era come se stessi suonando il violoncello. Per ricreare quel tipo di suono ho chiuso quasi del tutto i toni e ho bilanciato i volumi dei due pickup (con un Fender Jazz passivo), suonando o sul manico o sul ponte in base al timbro che mi serviva.
Ho dovuto fare molta attenzione alla dinamica, che in un certo punto della partitura sale da una nota all’altra: per essere sempre leggero con il tocco, sono partito in pianissimo da un DO sulla quarta corda fino a un FA (forte) con uno slide ovviamente sempre sulla stessa corda, aiutandomi con la sola mano sinistra per aumentare il volume (cioè forzando con il dito solo nel momento in cui arrivo sul FA). A scriverlo è più difficile che a suonarlo. Un violoncellista avrebbe avuto sicuramente meno problemi con l’archetto.
Anche una sola nota suonata poco più forte delle altre può rovinare l’atmosfera, sembra strano ma è così. Devo dire che è un’ottima palestra perchè si impara ad avere un controllo totale sulle note. Secondo me sono accorgimenti utilissimi che si possono riciclare quando si suonano altre cose: pensare a uno strumento quando se ne ha per le mani un altro non è facilissimo, ma si acquisisce una mentalità che a mio avviso completa la percezione della musica.
Anche se la musica è scritta possono esserci dei momenti in cui possiamo lavorare sull’interpretazione: fill, rifiniture e qualsiasi altra cosa che possa migliorare (non rovinare!) la musica. Quando la partitura è fitta di note ovviamente non c’è bisogno di aggiungere altro, non ne avremmo nemmeno il tempo. Se invece abbiamo parti abbastanza asciutte in questo senso allora qualche libertà potremmo forse averla, ma dipende dal tipo di brano.
Serve avere molto orecchio per capire bene come interpretare un brano, altrimenti si suona quello che c’è scritto, cosa sempre consigliata. Bisogna però stare attenti a non esagerare, spesso è meglio suonare di meno che far vedere quanto si è bravi (in questo caso, a dirla tutta, non saremmo bravi per niente).
È una questione di gusto personale e di discrezione nel proporre idee che non sono scritte; l’ultima parola spetta sempre al compositore che può lasciarti mano libera perchè si fida del tuo gusto, oppure può preferire che tu suoni esattamente quello che c’è scritto sulla partitura. La propria musicalità va indirizzata sempre al servizio della musica, non del proprio ego.
Capita anche che il brano venga costruito in studio, soprattutto quando si lavora con la sezione ritmica (ad esempio basso, batteria e chitarra), e nonostante le parti scritte si può creare un arrangiamento diverso con il lavoro di tutti e sempre supervisionato dal compositore.
È un momento molto eccitante perché si partecipa alla creazione di qualcosa, non solo alla sua esecuzione. Inoltre le take suonate insieme decisamente suonano meglio di quelle che si registrano separatamente.
Nel prossimo appuntamento parleremo degli show dal vivo!
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