Figlio di un ebreo russo che fa il mercante di tessuti, sin da ragazzo Neil Diamond si appassiona alla musica. Quando frequenta la Abraham Lincoln High School canta nel coro del liceo. Con lui, l’amica Barbra Streisand.
Neil ha anche un altro amore: la scherma. Quando si iscrive alla New York University per laurearsi in medicina, è titolare della squadra di spada. Eppure, ha un obiettivo in mente: trovare la cura per il cancro, la malattia che gli aveva portato via la sua amatissima nonna.
Verso la fine dell’Università, invece, riceve un’offerta che non si sente di rifiutare: 50 dollari la settimana per scrivere canzoni. Poco dopo, nel 1962, arriva il primo vero contratto discografico con la Columbia Records. Ma il singolo pubblicato (“Clown Town”) è un fiasco: neppure 12 mesi dopo, Neil Diamond è senza lavoro. Trova rifugio al Brill Building, la celebre “fabbrica di hit” nella Broadway newyorkese.
Nel 1965 scrive 1965 “I’m A Believer” che diventa il più grande successo dei Monkees. Di colpo, Neil Diamond è un autore ambito: lo chiamano Elvis Presley, Cliff Richard, persino i Deep Purple.
È tempo di tornare dietro a un microfono: si trasferisce in California e, grazie al brano “Song Sung Blue”, va al primo posto in classifica. La Columbia lo rivuole, Neil Diamond accetta e per la casa discografica newyorkese incide la colonna sonora del film di Hall Bartlett “Il gabbiano Jonathan Livingston” che incassa più soldi di quelli fatti dal film.
Con “September Mom” Diamond chiude in modo trionfale gli anni 70, il decennio più luminoso della sua carriera.
Se gli 80 e i 90 non sono all’altezza dei periodi precedenti, nel 2005 il celebre producer Rick Rubin si ricorda di lui. E, dopo aver rivitalizzato la carriera di Johnny Cash, piazza nuovamente una leggenda della musica dietro a un microfono armata soltanto di una chitarra acustica e di una voce seducente.
Neil Diamond è di nuovo una star.
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