Il virtuoso della sei corde olandese, famoso per la militanza nei Whitesnake di David Coverdale e per i suoi Vandenberg, dimostra di essere come il buon vino che migliora con il tempo. A quattro anni dal ritorno sulle scene con i Vandenberg’s Moonkings e il loro omonimo album d’esordio, eccoli nuovamente con l’album MK II.
La formula è quella del primo disco, un hard rock di stampo ’70/’80 di pregevole fattura che vanta un’ottima produzione e preparatissimi musicisti tra cui spicca il vocalist Jan Hoving con la sua calda voce che ricorda alla lontana il compianto Chris Cornell.
“In qualche modo mi ricorda i Cream e i Led Zeppelin e le loro jam session degli anni ’70, cosa che di questi tempi non sembra fare nessun altro”, dice Adrian Vandenberg.
Opening Track e singolo apripista, “Tightrope” mette subito in chiaro le intenzioni bellicose della band, con un brano muscolare e diretto che, seppur non originalissimo, colpisce l’ascoltatore come un maglio.
Si prosegue con “Reputation”, pezzo più allegro in cui il chitarrista si produce in un assolo ricco di pathos.
Con “Angel In Black” fanno capolino i Sabbath del periodo Ronnie James Dio, che ci accompagnano nei seventies con la lunga “The Fire”, in cui i musicisti riescono a dare tutti il meglio di sé.
I toni si smussano parecchio con l’ingresso dei synth e della chitarra acustica nel mid-tempo “Walk Away”, che si lascia ascoltare pur senza convincere appieno con la sua spiccata vocazione mainstream.
Scarna e potente, “All Or Nothing” rialza il tiro riportandoci nuovamente nel periodo dei pantaloni a zampa di elefante per poi proseguire con “What Doesn’t Kill You” e il suo (trito e ritrito, a essere onesti) ritornello da stadio che fa il verso ai Mr Big meno ispirati.
Intro bluesy condita con abbondante dose di tremolo per “Ready For The Taking” dai fortissimi richiami anni ottanta che si trascina, senza infamia e senza lode fino alla successiva, divertente “New Day”, dal piglio allegro e corale.
Ci avviciniamo alla fine con la drivin’ song “Hard Way”, ottima per un viaggio on the road lungo la Route 66; a chiudere la release ci pensa la doppietta “Love Runs Out” – che prosegue sulla falsariga della precedente – e “If You Can’t Handle The Heat”, che ci riporta in territori prettamente seventies e si rivela uno dei migliori episodi dell’album.
Pur non facendo certo gridare al miracolo, MKII si lascia ascoltare con piacere nonostante la mancanza di originalità (che d’altra parte non è mai stata l’obiettivo), grazie ad alcuni brani particolarmente felici sia a livello compositivo che esecutivo.
Consigliato per i rocker nostalgici dai gusti raffinati.
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