Il loro sound è unico, grazia a una sezione ritmica pazzesca, una voce graffiante, una chitarra solista, quella di Ritchie Blackmore, che supera continuamente i confini di quanto sentito fino ad allora.
E poi c’è Jon Lord con il suo organo Hammond, vera e propria colonna vertebrale della band.
L’anno è quello di Machine Head, un LP straordinario che si apre con l’adrenalinica “Highway Star“, dove proprio Blackmore e Lord (uniti nella passione per Johann Sebastian Bach) danno due prove tecniche e artistiche eccezionali.
Pensare che la canzone nasce per caso, sul loro tourbus, quando un giornalista chiede quale sia il processo compositivo della band e Blackmore inizia a suonare un riff inventato al momento. Ian Gillan lo segue con la voce. In poche ore il brano è praticamente finito e la band lo esegue la sera stessa in concerto…
L’organo di Lord incalza continuamente il pezzo, lo trascina, lo fa esplodere nel primo momento solistico dedicato interamente a lui. Diviso tra le influenze classiche e quelle afroamericane, Lord riesce a unire una tecnica funambolica al groove tipico della musica nera, arrivando sia nella testa che nelle viscere di chi lo ascolta.
I tasti bianchi e neri del suo Hammond C3 battono fortissimo, il suono filtrato attraverso la distorsione di un amplificatore Marshall lo rendono “huge“, come direbbero gli anglofoni.
Ed eccolo, in questa naked track.
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