Il nuovo periodo d’oro nella carriera di Paul Weller prosegue con un ritrovato spirito sociale; dopo un calo tra la fine degli anni ’90 e i primi 2000 ha sfornato quattro album di altissimo livello, da 22 Dreams del 2008 a Saturns Pattern del 2015. Il nuovo disco A Kind Revolution trova nuovamente l’artista inglese in grande forma.
Le dieci tracce che compongono l’album arrivano in un anno piuttosto ricco, tra un tour nel Regno Unito in cui ha partecipato anche Robert Wyatt, la collaborazione nel disco del collettivo soul Stone Foundation, la colonna sonora del film Jawbone e persino un’apparizione al Concert for Corbyn l’anno scorso.
Proprio quest’ultima aveva lasciato intendere una nuova svolta politica per Weller, dopo la famosa affiliazione al Red Wedge degli anni ’80, che si riflette anche in alcuni testi del nuovo disco, più legati a temi sociali rispetto ai precedenti.
Musicalmente l’album resta fedele al soul di Saturns Pattern, senza l’elettronica sperimentale degli Amorphous Androginous, ma piuttosto Weller e il produttore Jan Stan Kybert aggiungono al mix la giusta dose di funk, disco e r&b.
“Woo Sé Mama” apre il disco sulle note di un funky aggressivo, con la partecipazione di PP Arnold e Madeleine Bell ai cori, così come il rock tornerà più avanti nella jam di “Satellite Kid”.
Nova sembra unire sperimentazioni in stile Brian Eno, riff di sintetizzatori tra il Bowie di Berlino e di “Scary Monsters” e un glam rock dominato dal sax. “Long Long Road” porta l’album su atmosfere più meditative e sinfoniche e Weller riesce nell’impresa di far tornare sulle scene Robert Wyatt (voce e tromba) nella successiva “She Moves With The Fayre”.
L’inno soul/r&b di “The Cranes Are Back” è uno dei punti migliori del disco, con riferimenti alla “rivoluzione gentile” del titolo, una speranza per un futuro di pace e collaborazione internazionale.
La magnifica “New York” riporta a influenze Philly soul, una reminiscenza del passato negli Style Council. I sei minuti di groove quasi house di “One Tear” accentuano i riferimenti agli anni ’80 con la partecipazione di Boy George.
La conclusiva “The Impossible Idea” è una gemma che, su un andamento quasi da valzer, riflette sui 40 anni esatti di carriera di Weller. Se nel 1977 coi The Jam cantava della “young idea” credendo che la musica potesse cambiare il mondo, ora lo ritiene un sogno impossibile e sa che le canzoni possono “cambiare soltanto noi stessi”.
Se, come ha dichiarato, ha già pronto un nuovo album per il 2018, le canzoni (e le grandi idee) di certo non gli mancano.
Francesco Taranto
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