Parte in maniera assolutamente convincente “The Sun”, l’album d’esordio del power duo romano Rubbish Factory composto dal cantante e chitarrista Marco Pellegrino e dal batterista Gabriele Di Pofi. Bamsa, il primo brano in scaletta, lascia subito intuire quelli che saranno gli elementi, gli espedienti più ricorrenti e allettanti presenti in un disco uscito a novembre per l’etichetta Modern Life e in cui figurano undici tracce inedite.
Il brano in questione, molto breve in quanto la sua durata non raggiunge neanche i due minuti, è tutto un tripudio, un andirivieni di riff ricolmi di distorsioni che si alternano con concise strofe cantante in uno stile che se da una parte sembra strizzare l’occhio ai Queens Of The Stone Age, dall’altra finisce col ricordare inevitabilmente anche gli Eagles Of Death Metal e, soprattutto, i Foo Fighters di Dave Grohl. Foo Fighters che riecheggiano in maniera forse più marcata e notevole nella successiva Piece Of Cake, altra traccia potentissima, dal retrogusto alternative, in cui le dinamiche delle chitarre creano un qualcosa di davvero esaltante e travolgente.Insomma, il sound è robusto, imponente, esplosivo, e il suo taglio palesa evidenti contorni dal sapore statunitense. Pure la successiva Vick non fa una grinza in questo senso: grande incisività a livello chitarristico, con la batteria che non sta certo lì a svolgere il suo modesto compitino. In ogni caso, preminente, inequivocabile, è in quest’occasione il “Josh Homme style”: il mood e le sonorità acidognole del brano non possono in effetti non far pensare a diversi pezzi racchiusi in dischi magistrali come “Songs For The Deaf” ed “Era Vulgaris”.Se con Save Me, altro pezzone distortissimo e trascinante, la formula non sembra cambiare troppo, con Darwin pare invece venire improvvisamente meno quell’impronta stoner alquanto costante e ben delineata nei quattro brani precedenti. In questo caso le sfumature si fanno piuttosto lo-fi, quasi indie (il vero indie, quello dei sempre più lontani anni Novanta). Wires è la sesta canzone del disco: anche qui è senz’altro il riff portante di chitarra a fornire all’intero componimento fluidità ed efficacia.Tornano prepotentemente in superficie i tratti tipici del marchio di fabbrica dei QOTSA in Born In White e in Stand Up, Sit Down. Trattasi di altri due brani formidabili che fanno inevitabilmente innalzare il voto globale di quello che deve essere inteso come un grande album, a maggior ragione se si considera che si tratta di una produzione d’esordio realizzata da un duo italiano capace di mettere in piedi un suono importante.Bisogna dire che pure all’interno di El Washington, il nono componimento del cd, lo spirito del buon Josh Homme serpeggia di continuo. Stavolta però si individuano dei momenti musicali in cui non sono tanto i Queens ad emergere, quanto gli indimenticabili Kyuss. Questo perché si riscontrano un paio di passaggi in cui il rallentamento del mood comporta automaticamente un ammaliante appesantimento delle sonorità, dando così modo al brano di virare su territori musicali per così dire “desertici”.Data l’elevata coerenza di fondo, “The Sun” non poteva non chiudersi con due pezzi sicuramente in linea con quanto sentito in precedenza. Ecco perciò servite altre due canzoni di assoluto spessore: A Dance With Silence In An Old Ghost Movie e Mountains And Dragons. Grande potenza anche qui. E soprattutto grande energia, garantita da repentini stacchi di batteria e da fulminanti riff.Qualcuno potrebbe tranquillamente puntare il dito sulla poca innovazione, sulla non eccessiva originalità di questi Rubbish Factory che, in effetti, non si sono inventati nulla, dal momento che in “The Sun” si possono contemplare e riconoscere tante analogie con sonorità elaborate in passato da numerose band americane.
Al di là di questo, è però necessario contestualizzare, ovvero inquadrare bene questo progetto che si muove in una realtà musicale italiana che si riconduce in fin dei conti all’underground. Realtà dove non capita tutti i giorni di sentire dischi di questo tipo, vale a dire registrati con perizia e maestria e, cosa forse più importante, composti da brani solidissimi che farebbero la fortuna di una caterva di stazioni radio nostrane ancora volutamente alle prese con le imbarazzanti produzioni pop italiche che si susseguono senza tregua. Peggio per loro.
E peggio per chi non avrà il piacere di sfondarsi i timpani con la carica dei Rubbish Factory. Noi abbiamo avuto la fortuna di arrivare alla loro musica. La speranza è che possa farlo il più alto numero possibile di persone. Per questo abbiamo deciso di includere questo album nella rubrica Italian’s B-Sides che tanta considerazione ed attenzione sta riscuotendo da un anno e mezza a questa parte. Detto ciò, buon approfondimento.Alessandro BasileGenere: Alternative Rock, Blues, StonerLine-up:
Gabriele Di Pofi – voce, chitarre elettriche
Marco Pellegrino – batteriaProgetti simili consigliati: AnotheRule, Dianetica, Bluestones, B.M.C. Big Mountain CountyTracklist:
1. Bamsa
2. Piece Of Cake
3. Vick
4. Save Me
5. Darwin
6. Wires
7. Born In White
8. Stand Up, Sit Down
9. Dance El Washington
10. A Dance With Silence In An Old Ghost Movie
11. Mountains And Dragons
Aggiungi Commento