È sicuramente curioso e moderno lo stile musicale e testuale de L’Officina Della Camomilla, progetto fondato una manciata di anni fa dai giovanissimi Francesco De Leo e Claudio Tarantino, progetto a cui si sono poi aggiunti, in seconda battuta, Anna Viganò alle chitarre, Marco Amadio al basso e Ilaria Baia Curioni alle tastiere e al pianoforte. Dallo scorso 5 febbraio è disponibile nei negozi più forniti e sulle principali piattaforme digitali il primo capitolo della loro breve ma già produttiva e sorprendente carriera. Senontipiacefalostesso Uno, questo il titolo, contiene tredici tracce originali e viene pubblicato dalla Garrincha Dischi, valida label italiana assai prolifica e propositiva da non poco tempo all’interno della sempre più sfaccettata scena indipendente dello Stivale. Del resto, nel roster dell’etichetta bolognese figurano eclettiche band come ManzOni, Magellano, The Walrus e L’Orso.
Chi non ha mai sentito parlare de L’Officina Della Camomilla e si è ormai imbattuto in questo articolo si starà sicuramente chiedendo un paio di cose fondamentali, basilari: che genere musicale perseguono questi ragazzi? Cosa aspettarsi dal loro disco d’esordio? In parole povere, si potrebbe parlare, nel loro caso, di un pop rock moderno, spigliato, e al contempo sostanzialmente alternativo; qualcosa di vicino al cosiddetto easy listening, ma comunque non totalmente commerciale e non destinato certo a scalare le classifiche. Un pop, il loro, alle volte sfrontato, scanzonato, naif, e in altri frangenti alquanto spigoloso, sornione, tagliente e bizzarro.
Musiche abbastanza lineari e godibili, testi caratterizzati da un’espressività, da un linguaggio, che strizza l’occhio all’approccio indie di questi ultimi anni, arrangiamenti in bilico tra tentativi di brit rock alla Babyshambles (si pensi all’iniziale Dai Graffiti Del Mercato Comunale, piuttosto che a Le Mie Pareti Fluorescenti Di Nord Africa e a Ho Fatto Esplodere Il Mio Condominio Di Merda) ed esplorazioni minimaliste con leggerissime incursioni sintetiche: ecco, questo è quello che fondamentalmente si percepisce al primo impatto. Canzoni abbastanza corte a livello di durata generale quelle de L’Officina (raramente si oltrepassano i quattro minuti) e strutturalmente dinamiche, variegate. De Leo, con il suo timbro vocale dal taglio – a nostro avviso – volutamente adolescenziale e attraverso un modo di cantare un po’ sincopato e “balzellante” (ci si concedano i due termini), racconta con originalità e schiettezza storie di tutti i giorni. Storie che riguardano esperienze tanto dirette quanto indirette.
Si parla di contraddizioni, dubbi, malinconie e rancori giovanili filtrati con efficacia e disinvoltura. La scrittura è intrigante, non c’è dubbio. Il linguaggio è estremamente attuale. C’è un uso di parole e di espressioni molto originali e per nulla consuete. L’unico problema è che le visioni e le immagini risultano un po’ troppo simili e ridondanti, finendo col divenire, alla lunga, prevedibili. Insomma: lungimirante e lodevole l’individuazione di una chiave di lettura di certo non stereotipata; un po’ limitate però le tematiche e i singoli registri espressivi. Al di là di questo, come già osservato ad inizio articolo, le canzoni de L’Officina hanno, un po’ per via della loro immediatezza, un po’ per via della loro freschezza, la capacità non indifferente di incuriosire. Se inizialmente possono sembrare non irresistibili, dopo una serie di ascolti finiscono per entrare inaspettatamente in testa.
E il “problema” è che poi si fatica non poco a togliersele dalla mente. È questo forse l’aspetto positivo e principale di un Lp sicuramente ben prodotto, ma che non fa certo gridare al miracolo e che sarebbe inopportuno esaltare in maniera eccessiva. Senontipiacefalostesso Uno ha il pregio di essere un disco furbo e in linea con i tempi. È un disco che ha dei buoni colpi, nonché tutte le carte in regola per essere apprezzato da una fetta di pubblico anche abbastanza ampia, considerando anche quelli che sono i gusti musicali odierni dei più giovani ed intraprendenti ascoltatori.
A questo punto però sarà importante contemplare se e come la band di De Leo riuscirà ad evolversi, anche perché se pure la prossima produzione (i cui lavori sembrano già essere ben avviati) denoterà componenti e connotazioni simili a quelle presenti in questo disco, la formula rischierà davvero di divenire eccessivamente stucchevole. Da monitorare insomma, anche perché qui entusiasmo e buona volontà non scarseggiano di certo.
Alessandro Basile
Genere: Pop Rock, Indie
Line-up:
Francesco De Leo – voce, chitarre, tastiere, organetto, ukulele
Claudio Tarantino – batteria, percussioni, tastiere, cori
Marco Amadio – basso, cori
Anna Viganò – chitarre
Ilaria Baia Curioni – tastiere, pianoforte, cori
Progetti simili consigliati: Bicchiere Mezzo Pieno, Jonny Blitz, Chewingum, Lo Stato Sociale
Tracklist:
1. Dai Graffiti Del Mercato Comunale
2. Morte Per Colazione
3. La Tua Ragazza Non Ascolta I Beat Happening
4. Agata Brioches
5. Un Fiore Per Coltello
6. Città Mostro Di Vestiti
7. Lulù Devi Studiare Marc Augé
8. Le Mie Pareti Fluorescenti Di Nord Africa
9. La Provincia Non È Bella Da Fotografare
10. Ho Fatto Esplodere Il Mio Condominio Di Merda
11. Pegaso Disco Bar
12. Ti Porterò A Cena Sul Braccio Della Ruspa
13. Senontipiacefalostesso
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