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Rumore Binario – Houdini

Attivi da circa tre anni, i Rumore Binario, fino a pochi mesi fa conosciuti come Railway Noise, pubblicano finalmente il loro primo disco ufficiale. Un mini disco per essere precisi. Già, perché Houdini, composto da quattro eclettiche tracce inedite con testi rigorosamente in italiano, non è altro che un Ep. Un buon

Attivi da circa tre anni, i Rumore Binario, fino a pochi mesi fa conosciuti come Railway Noise, pubblicano finalmente il loro primo disco ufficiale. Un mini disco per essere precisi. Già, perché Houdini, composto da quattro eclettiche tracce inedite con testi rigorosamente in italiano, non è altro che un Ep. Un buon Ep verrebbe da dire. Un Ep ben scritto, un opportuno e sincero biglietto da visita nonostante la metà dei pezzi in scaletta siano ormai un po’ datati e, con molta probabilità, forse anche meno maturi e sorprendenti rispetto alle canzoni composte in tempi più recenti da questo bel progetto proveniente dalla provincia di Viterbo.

Tuttavia era giusto incidere ed includere tali pezzi a cui i componenti della band sono certamente affezionati e legati per ragioni di vario tipo. Giusto quindi pubblicare un Ep che, in fin dei conti, può tranquillamente essere inteso come una produzione che permetterà al gruppo in questione di tirare le somme rispetto a quanto scritto – in parte – fino ad oggi, cercando di capire poi bene come muoversi in prospettiva futura, quando magari cominceranno i lavori per l’album d’esordio. Tuttavia, sia chiaro, Houdini è un lavoro per nulla malvagio. La band laziale lo ha registrato in meno di una settimana: segno, questo, che i cinque musicisti sono entrati in studio con le idee abbastanza chiare e con degli arrangiamenti già delineati e ponderati in fase di pre-produzione.

Cosa aspettarsi allora da questo lavoro? Sicuramente tanta freschezza e disinvoltura a livello sonoro ed espressivo. D’altronde i Rumore Binario amano la contaminazione e fanno il possibile per proporre un qualcosa di poco stereotipato. Non optano per soluzioni stilistiche a portata di mano, ma azzardano spesso e volentieri accostamenti tanto coraggiosi quanto brillanti. La dinamicità è di certo il punto fermo, o comunque una delle peculiarità principali e costanti all’interno di Houdini. Le canzoni in effetti denotano una pregevole, nonché piacevole, vivacità. E bisogna dire che possiedono pure un buon tiro, specialmente nei passaggi in cui alle chitarre elettriche, curate da Francesco Brunetti, viene concessa un po’ più di libertà. Ciò accade già a partire dalla title-track iniziale, molto articolata nella struttura – come del resto le successive tre composizioni – ed assai curiosa in fatto di atteggiamento e sviluppo. Fin dai primi versi si scorge un registro lessicale sinuoso e irriverente.

Non indifferente poi l’interpretazione e lo stile generale del cantato di Raffaele Franceschini, che in certi frangenti sembra strizzare l’occhio sia al virtuosismo di Gaber che al funambolismo del cantautorato nostrano moderno: a tal proposito vengono in mente, così su due piedi, i Nobraino piuttosto che Capossela. Houdini mette in luce anche un’impronta tutto sommato rock che non tarda a palesarsi nelle due tracce seguenti. Anche La Stangata, dopo un’apertura in cui è l’elegante e ritmato arpeggio di pianoforte di Luca Tempra a fare da spalla alla voce di Franceschini, prende vigore nell’inciso, quando cioè la sezione ritmica (composta dal bassista Gabriele Calanca e dal batterista Filippo Potenziani) e le chitarre elettriche – anche abbastanza distorte – finiscono con il salire in cattedra.

Anche qui la formula appare onesta, pura e poco prevedibile, grazie soprattutto a diversi stacchi e a continui cambi di ritmo. Il terzo brano in scaletta, intitolato Boom Ergonomico, mantiene un approccio simile. Pure in questo caso i riferimenti sono fortunatamente pochi, nel senso che il pezzo, per quanto breve nella sua durata complessiva, si dimostra abbastanza accattivante ed estroso, ma non per questo artefatto. Numerose le parole, così tante e ben incastonate che ci vogliono diversi ascolti per comprendere appieno il significato del testo. Con Giostra Che È Il Mare si arriva così alla fine della piccola raccolta, che finisce praticamente sul più bello. Perché? Perché la quarta e ultima traccia del cd risulta, in fin dei conti, quella più intrigante, complessa e ficcante.

Decisamente calzanti sono qui i suoni, così come il mood generale, in bilico tra un velato folk rock di matrice meridionale, musica da balera, intimismo e sprazzi di discreta sperimentazione dove chitarre e tastiere non sembrano affatto pestarsi i piedi, riuscendo piuttosto ad alternarsi con parsimonia e discrezione. A questo punto, dopo un Ep forse non straripante ma nemmeno evanescente, sarà interessante vedere come i Rumore Binario si ripresenteranno, a livello discografico, nel futuro prossimo. Del resto dei buoni spunti si riescono a scorgere già all’interno di questo Houdini, uscito e presentato lo scorso 22 marzo. Chissà se già nella prossima produzione Franceschini e soci riusciranno a tirare fuori dal proprio cilindro un sorprendente gioiellino. Certo è che se la band continuerà a lavorare con intensità, umiltà e dedizione negli anni a venire, qualcosa di delizioso potrà venire fuori.

Ora l’importante è che i Rumore Binario, in quanto gruppo giovane e per certi versi ancora emergente, riescano a portare in giro il più possibile questi pezzi per testarli di fronte a varie tipologie di pubblico, anche perché la sensazione è che dal vivo possano suonare addirittura meglio che sul cd. Da non snobbare affatto.

Alessandro Basile

Genere: Alternative, Folk Rock

Line-up:
Raffaele Franceschini – voce
Francesco Brunetti – chitarre
Luca Tempra – tastiere, synth
Gabriele Calanca – basso
Filippo Potenziani – batteria

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Tracklist:
1. Houdini
2. La Stangata
3. Boom Ergonomico
4. Giostra Che È Il Mare