Rock band… Rock sono i Led zeppelin, i Dinosaur Jr… Anche gli Oasis forse sono Rock. No forse no, quelli sono Brit-Rock… Sono inglesi… Non possono certo essere Southern Rock. Quelli sono gli Skynyrd e gli ZZtop. O forse gli ZZtop sono Blues? Però gli Oasis sono Pop. Com’erano Pop i Beatles e gli Stones. Questi suonano anche un po’ alla Miles Davis per alcune cose. E allora sono Jazz Rock. E il pop dove sta? L’ho sentito, questo è poco ma sicuro, non sono uno scemo. Quindi sono Pop-Jazz-Rock. E anche un po’ funk. Jazz-Funk-Pop… e anche Rock, meglio abbondare.
La birra terminò velocemente. Niente ancora riusciva a prendere una forma definita. Rimase sdraiato a fissare il soffitto chiudendo e riaprendo gli occhi, perdendosi nei cerchi di luce prodotti dalla palpebra. Tante volte serve attendere il momento di rivelazione per far si che il labirinto di confusione del proprio cervello riesca finalmente ad aprire qualche porta alla comprensione. Altre volte invece bisogna invogliare la propria rivelazione per non restare bloccati in un tunnel d’inattività.
Correre. Serve correre. Così che il freddo rompa ogni possibile muro mentale.
Pantaloni, doppia maglia, felpa, scarpe da ginnastica e cuffie. Il gelo del mondo reale l’investì nuovamente come un treno. Con una corsetta leggera attraversava i marciapiedi di quartiere in quartiere, schivando il resto della gente che, ignara della sua missione, lo vedeva solamente come uno fra i molti.
Un disco ha il potere di alienare ermeticamente da tutto ciò che è il resto del mondo, sospendendo l’ascoltatore in una dimensione senza collocazione temporale o fisica, privandolo così di ogni possibilità di relazione con qualsivoglia elemento quotidiano.
Infine, giudicare un prodotto musicale, trarne delle conclusioni e spiegarle a chi legge, il più delle volte non necessita di molte parole. È esattamente come fare l’amore. Senza alchimia resterà sempre vuoto, lasciando solamente l’amaro in bocca una volta finito.
Come si può parlar d’arte senza perlomeno tentar di produrre dell’arte? Riuscirci poi è altra faccenda, ma provarci almeno si! Le guance iniziavano a bruciare a causa del vento spigoloso che invadeva i meandri del centro cittadino, nelle orecchie ancora quel disco in sequenza ciclica, sembrava in quel momento ancor più vicino. Il tipo di ascolto può influenzare un giudizio.
Come fa la gente a non capirlo?
Ascoltare un disco in cuffia è ben diverso che farlo nella propria stanza, magari con la finestra aperta, attraverso cui i rumori del mondo vanno a mescolarsi con il suono del LP. In cuffia tutto è più intimo, più vicino e toccante. In camera o in ufficio, il suono è ricco d’aria, più spaziale, in relazione sempre più stretta con i profumi e gli odori del luogo. Un certo brivido lungo la schiena, gli ricordò il perché di quella fatica quotidiana e di quei chilometri macinati giorno dopo giorno correndo lungo le vie affollate di passanti. Un brivido particolare, che scende da poco dietro il collo e termina nella punta dell’alluce. È tremor di passione e scioglimento al contempo, come rianimarsi per rilassamento.
Ognuno trae di queste sensazioni in modi diversi, da occupazioni fra le più disparate. Correre è sempre stata la sua chiave di scioglimento. I muscoli si affaticano e s’acquietano poi, l’adrenalina si muove, lo sguardo si occupa, e la mente continua nel frattempo a vagare in mille modi amplificati dal turbine di movimento interiore e fisico.
Niente lascia una sensazione migliore di una corsa quando la mente non riesce a raggiungere il proprio obiettivo. A qualche isolato lontano da casa un semaforo lo costrinse a fermarsi. Circondato da sguardi giudiziosi, si lasciò quindi ad ammirare l’incrocio nel suo momento nevralgico, sulla sponda opposta del fiume di lamiere in movimento, scorse quello sguardo penetrante su cui rimuginava da diversi giorni.
Si erano conosciuti alla presentazione del libro di un amico la settimana prima. Fu in quel momento che vedendola dall’ altra parte della strada, la chiamò a gran voce sbracciandosi per farsi notare. Lei si voltò strizzando gli occhi affaticati da un barlume momentaneo, per capire chi la cercasse con tanta urgenza. Lo vide infine con la vecchia felpa nera, ormai grigia dai tanti lavaggi, infinitamente sudato e impresentabile. Gli sorrise divertita e lo salutò con un cenno della mano. Lui ricambiò e si affrettò verso casa, non prima di essersi voltato goffamente qualche volta per vederla sparire dietro l’angolo.
Salì i gradini tre alla volta per piombare in casa e appoggiarsi alla porta, lasciandosi quindi scivolare ansimante sul corpo liscio del legno.Accese nuovamente lo stereo, e alzò il volume.
Guardò il foglio elettronico bianco sul computer e iniziò a battere sulla tastiera, come in crescendo, prima a stenti poi, più veemente. Le parole s’impressero man mano tra le linee virtuali dello schermo. Ad un tratto un’idea!
Cancellò tutto ciò che aveva appena scritto e iniziò di nuovo, ma dopo poco, tutto sembrò nuovamente inutile.
Tra un caffè e l’altro ripassava testi, canzoni e dischi precedenti della band, andando ad ascoltare qualche stralcio dalla discografia, deragliando ogni tanto per deviazioni di qualche band associata. Passeggiava per casa sempre poi tornando sui propri passi. Si fece sera velocemente, le difficoltà d’iniziare a scrivere qualche riga si contavano ormai nei nodi dei suoi capelli frustrati dal nervosismo, decise quindi di lasciare tutto per un po’, e concedersi una doccia calda. Suoni, colori, note e parole. Colori, suoni, parole e note. Qual è la chiave di volta?
Rock… pop… jazz… funk…
Profumo di panni stesi!
Come quando era piccolo, il profumo del bucato appena fatto dalla madre.
Profumo di panni stesi?Si affacciò alla finestra del bagno per vedere da dove provenisse. Investito dal vento gelido scorse il terrazzo dell’appartamento di fronte, dove una donna di mezza età stendeva i vestiti appena lavati. Inspirò a pieni polmoni senza curarsi del freddo, per inebriarsi ancora di quel nostalgico solletico d’odori.
Corse alla scrivania con i capelli ancora bagnati, si versò quindi le ultime gocce di caffè rimasto.
Finalmente tornava a sorridere dopo troppi pensieri. Era sempre stato tutto così evidente, eppure così lontano. Le parole erano pronte ora, bastava seguirle sulla tastiera prima che si celassero nuovamente dietro qualche angolo di pentagramma. Questo è un gran disco, per troppi motivi.
Profuma di casa e di bucato, ha un sapore agrodolce e delle tinte che mescolano blu e magenta. Si fa odiare… tanto! Penetra allo stesso tempo nel cuore e nell’anima senza mai dare tregua.
“Questo quadro proprio non lo capisco!” diceva una volta un tale ad una mostra “…eppure non sono uno scemo!”. Chi glielo aveva detto poi di non essere uno scemo?
Questo disco è per me incomprensibile, perciò è superbo. Perché nel subbuglio della quotidianità c’è ancora qualcosa capace di non far dormire la notte e di risvegliare l’istinto più animale. Un disco non è solo un insieme di note, è un momento, o forse tanti, un colore che li comprenda tutti o nessuno. Quando l’arte si fa grande, è indecifrabile nelle sue movenze, ed allo stesso tempo ci mette a nostro agio, ognuno con la propria ignoranza. Così da continuare a sperare d’essere ignoranti per poter apprendere sempre più.
È in quel momento di scarto dal punto zero, dove non riusciamo a ritrovare l’appoggio per i nostri piedi, che l’artisticità della musica si fa sentire più forte, tanto da ricordarci perché un giorno ci siamo innamorati di una donna, di un disco e in fondo della vita.
Pop… I Beatles e gli Stones? Rock… cos’è allora? Non ha nessuna importanza.Questo è davvero un gran disco ma non posso dire il perché.
Posso solo dire cosa mi ha fatto fare, prima d’arrivare a capirlo. Che diavolo… scadenza rispettata!Francesco Sicheri
Se non hai letto la prima parte clicca qui!
Aggiungi Commento