10 marzo 2010, il romanzo iniziato ormai sette brani fa su “Anacrusis I” trova la sua prosecuzione con l’uscita del secondo e conclusivo capitolo. Varini spalanca la porta del locale ben bardato di sciarpa per sfuggire al vento pungente, lo saluto con il braccio quasi sventolante così che possa raggiungermi, del vino rosso attende in due generosi bicchieri. Massimo si accomoda, imbraccia l’acustica ed inizia il suo racconto. In perpetua connessione mistica con la chitarra Varini ci traghetta nuovamente in luoghi che non sono poi così sconosciuti ora che, memori dei brani del primo capitolo, sappiamo dove tendere l’orecchio. Abbiamo ancora in bocca il sapore di quei biscotti che ritroviamo solo nella casa dove siamo cresciuti, di quel caffè che solo nostra madre riesce a fare. Allo stesso modo, riascoltando la seconda parte di questa creatura di Varini, tante note sembrano esserci familiari senza suonare mai prevedibili o scontate. E’ un piacevole ritorno e ricordo quello portato in diversi momenti da questo “Anacrusis II”, una leggera sottolineatura a sensazioni che Varini non deve più spiegare da zero ma solamente ampliare. Così, mentre l’aria di “Our lives” permette di immergerci in quel caldo involucro di note cui siamo stati abituati da quest’ acustica fatica, intravediamo qualcosa di indefinitamente attraente tra la coltre melodica. Dal fondale del quadro inizia a staccarsi un profilo più chiaro che dopo “In front of fireplace”, gradualmente prende forma, prima in “Take a walk” sempre più convinto poi in “Riding a new guitar”. L’atmosfera accomodante e casalinga che tanto ci aveva colpito sul primo capitolo non è svanita ma si arricchisce in questo sequel di un tiro più deciso e penetrante. Varini non si limita più ad accoglierci nel suo mondo, al disegno generale si aggiungono nuovi particolari e sensazioni che prima forse già c’erano, ma non potevamo avvertire. Dopo averci accompagnati per mano lungo un viaggio che ci ha riportati a casa da molto lontano, veniamo invitati a visitare alcuni luoghi scelti del cuore e della mente di Varini. “Anacrusis II” è intraprendente, l’aria si fa vibrante in alcuni momenti ricchi di groove e trasporto, momenti che trovano forse la loro massima espressione nel penultimo brano “A22” dove il nostro ascolto è turbato dall’ irrompere del lato più spavaldo di questo lavoro. Varini preme l’acceleratore e fa ruggire la sua sei corde proprio come una Austin Healey degli anni migliori, forte della sorpresa che ogni volta regala quando quel rombo leggendario irrompe dopo chilometri passati placidamente con la cappotte abbassata.
È una vera e propria ventata di vigore quella che investe “Anacrusis II” e che va a smuovere l’animo di tutta l’opera, completando così il quadro con punte adrenaliniche che mai suonano fuori posto nella generale astratta pacatezza del lavoro. Questo atteso secondo capitolo regala quindi piacevoli novità senza distaccarsi troppo dal suo predecessore cui è indissolubilmente legato e di cui appare naturale completamento. Forse l’unico minuscolo neo di “Anacrusis II” è proprio da ritrovare nella stretta dipendenza dal primo capitolo, senza il quale probabilmente il lavoro non risulterebbe così solido come invece appare in una visione generale dei due dischi. Due dischi che pur risultando separati sono tali solo per una maggior semplicità di fruizione e probabilmente per organizzazione del contenuto tematico. Il ricordo del viaggio intrapreso nella prima parte di quest’opera è ancora fresco e vivo nella mente, le note di questo secondo disco ne sono naturale prosecuzione ma qualche cosa sottopelle è cambiato, un lieve profumo, un sapore, forse il retrogusto, forse noi stessi. In quel locale di fronte ad un bicchiere di rosso c’ero solamente io con il mio lettore mp3 e Varini non entrò mai dalla porta se non nella mia mente. Fatto è che con “Anacrusis” si arriva ad instaurare un tale rapporto di complicità che pare davvero di aver chiacchierato con Massimo per quattordici brani consecutivi. Verrebbe quasi da pensare di poterlo conoscere senza mai averlo realmente incontrato. È un vero dispiacere che questo excursus lungo la vena acustica di Varini si sia concluso, ma in fondo è anche giusto così. “I wish” è il brano che chiude tutto e rimaniamo fiduciosi perché “Anacrusis” non rimanga solamente una solitaria parentesi ma che faccia anzi da base portante per nuovi progetti a venire. Chiudo il portatile, pago il conto e saluto il proprietario che come un saggio re governa il proprio regno da dietro il bancone. Un vecchio tram sferragliante mi riporterà verso casa ma con ancora le note di “Anacrusis” in testa non mi serve aspettare, mi rimetto le cuffie e immediatamente mi ritrovo in poltrona, pronto ad ascoltare nuovamente tutto ciò che Varini ha da raccontare.Tracklist:
Francesco “edward84” Sicheri Massimo Varini Website
Anno: 2011
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