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La musica nell’Unione Sovietica

Il marzo del 1917 rappresentò un mese di cambiamento per le sorti del mondo intero; fra tutti i mutamenti politici e sociali derivati dalla prima guerra mondiale, la rivoluzione russa fu uno dei più violenti e potenti, oltre che dagli sviluppi quanto mai imprevisti, nessuno avrebbe mai pensato che la caduta del regim

Il marzo del 1917 rappresentò un mese di cambiamento per le sorti del mondo intero; fra tutti i mutamenti politici e sociali derivati dalla prima guerra mondiale, la rivoluzione russa fu uno dei più violenti e potenti, oltre che dagli sviluppi quanto mai imprevisti, nessuno avrebbe mai pensato che la caduta del regime zarista avrebbe potuto genere il più grande evento rivoluzionario mai verificatosi nel mondo dopo la rivoluzione francese. Questo nostro viaggio non è certo il luogo adatto per riassumere l’intero percorso, o decorso, dell’Unione Sovietica dalla sua nascita alla sua capitolazione.

È necessario però che i nostri lettori si preparino ad un excursus che tenterà, nel miglior modo possibile, di coprire con sufficiente perizia un arco di tempo molto ampio caratterizzato da un fermento socio-politico di fondamentale importanza per il secolo in questione. La Rivoluzione d’Ottobre (25 Ottobre 1917) diede al mondo russo l’ultima scossa necessaria perché si avviasse quel processo che porterà alla venuta del martello staliniano. In particolar modo la caduta del Palazzo d’Inverno aprì un fervido dibattito culturale che diede il La al nascere di un gran numero di movimenti artistico-culturali.

La musica nell'Unione Sovietica

L’artista e l’intellettuale si trovarono in una situazione inattesa e dovettero confrontarsi con un fenomeno mai riscontrato prima: il pubblico aristocratico-borghese cessava di esistere, man mano sostituito da quello delle masse popolari. Un ingente dispendio di risorse propagandistiche instillò nel popolo la voglia di usufruire del patrimonio culturale, fino a quel momento rimasto prerogativa delle classi sociali più abbienti. Si assistette ad un nervoso brulicare di nuovi movimenti socio-artistici (la “Cultura Proletaria” del Proletkult e il Fronte Letterario di Sinistra LEF, giusto per fare due esempi), in particolare in campo letterario possiamo rintracciare nel futurismo il fenomeno più produttivo, anche grazie allo status assunto da Majakovskij, suo principale esponente.

Analogamente all’ambito letterario, anche in musica il dibattito culturale fu a dir poco roboante, combattuto sostanzialmente da due partiti in discussione:
sostenitori di una cultura musicale proletaria: intesa come espressione spontanea delle masse popolari, ostile alla musica contemporanea e ai classici, proclamava il dominio del proletariato anche in campo musicale;
modernisti: sostenitori del rinnovamento musicale, fra le iniziative di maggior rilievo vi fu la promozione di concerti di musica contemporanea e prime rappresentazioni importanti.

Gli anni Venti possono essere qui catalogati, molto genericamente, come gli anni del binomio Lenin-Lunačarskij. Lenin apprezzava la musica, malgrado trovasse grande fastidio nell’avanguardia, considerava la produzione musicale un potente lenitivo borghese alle sofferenze dell’umanità. Malgrado ciò Lenin pose al proprio fianco Anatolij Lunačarskij, commissario all’Istruzione dal 1917 al 1929. Quest’ultimo era uomo capace di vedute più ampie, vedeva nella musica e nella rivoluzione artistica un potere pari a quello attribuito alla rivoluzione sociale.

Favorito dalla figura del commissario all’Istruzione, il periodo degli anni Venti godette di grande libertà, ed in questi anni trovarono voce esperimenti fra i più selvaggi, spesso molto più estremi di quelli compiuti dai colleghi europei. Coerentemente con i principi fondanti della NEP (Nuova Politica Economica Sovietica), la libera competizione di varie correnti fu la linea guida per i primi dieci anni successivi alla Rivoluzione.

La poesia anti-borghese di Majakovskij abbracciò immediatamente la battaglia di Lunačarskij, come anche il teatro del popolo di Mejerchol’d. “Gli artisti abbracciarono il comunismo perché prometteva di tagliare la gola al nemico comune, il borghese decadente“. (1)

Sono di questo periodo componimenti come il poema sinfonico Fonderie d’acciaio di Aleksandr Mosolov, dove i clangori di una fabbrica si riflettono su tempi dall’incedere corrosivo e martellante. È di questi stessi anni l’operato di Leon Theremin, che inventò lo strumento elettronico divenuto celebre per le evocative sonorità.

Il culmine della libertà si raggiunse forse nel 1922 quando Arsenij Avraamov organizzò una performance nel porto di Baku in cui L’Internazionale e La Marseillaise vennero eseguite da un’orchestra fatta di sirene di fabbrica, pezzi d’artiglieria, mitragliatrici, clacson di varia natura, locomotive da manovra e dalle sirene da nebbia della flotta del Mar Caspio.

Purtroppo la visione proposta da Lunačarskij di un comunismo arricchito dall’arte si arenò nella rigidità del pensiero di Lenin: la sperimentazione non poteva servire la propaganda. Nel frattempo, il 30 dicembre 1922, sorgeva l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Indicativamente verso la fine degli anni Venti si assisterà all’affermazione della teoria del “socialismo in un solo paese”, che prevedeva la possibilità di fondare un socialismo sovietico senza dover necessariamente portare a compimento una rivoluzione internazionale. In accordo con tale via tutte le energie del paese, e pertanto anche quelle intellettuali, si piegarono alla realizzazione degli obiettivi economici fissati dalla NEP per elevare l’URSS al pari dei colossi capitalistici.

Occorre attendere il nostro prossimo incontro per vedere finalmente l’arrivo di uno dei personaggi chiave nella storia del Novecento: Iosif Stalin. Per il momento riposiamo un po’ le stanche membra, pronti a riprendere fra pochi giorni il nostro viaggio.

Note:
(1) Alex Ross, L’arte della paura, la musica nella Russia di Stalin, Il Resto è Rumore, p.354, III edizione Tascabili Bompiani, Bergamo, 2013.

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