Un po’ come la t-shirt di “Images and Words” che abbiamo aquistato nel 1992 e custodiamo gelosamente, anche i Dream Theater si sono un po’ scoloriti e magari cominciano, sia perché si sono rimpiccioliti loro, sia perché la nostra fame musicale non si placa facilmente, a starci un po’ stretti (tanto che, per restare nella metafora, spesso preferiamo mettere le più nuove magliette di Leprous, Haken, Devin Townsend etc.). Però, naturalmente, siamo molto affezionati alla nostra t-shirt di “Images and Words” e ancor di più alla band di Petrucci; per questo, inevitabilmente, ci ritroviamo ancora una volta seduti qui, sulle comode poltrone di un Teatro dei Sogni che anche questa sera, nonostante la locandina molto meno ispirata del solito, fa il tutto esaurito.
All’apertura del sipario c’è sempre una certa emozione che in questo caso è amplificata dall’atmosfera promettente che si crea; lo scorrimento dell’ormai consunto drappo rosso è infatti accompagnato dalle note suggestive e cinematografiche della breve (veramente breve) ma intensa “False Awakening Suite“.
Dai “falsi risvegli” passiamo ai nemici annidati nei nostri sogni, con la solidità di “The Enemy Inside“, un brano piacevole, ben costruito, che riesce a trasportarci (come nell’ottimo ponte prima della buona parte strumentale) ma non a sorprenderci.Cosa che invece riesce alla dinamica e avvincente “The Looking Glass”, che strizza l’occhio ai bei tempi e soprattutto ai Rush; da notate che, strumentalmente, Petrucci prende il sopravvento su Rudess (e non si tratta assolutamente di una cosa negativa). A 10 anni dall’ultima strumentale, l’ottima “Stream of Consciousness”, “Enigma Machine” alterna ad idee suggestive altre meno brillanti, sorretta comunque da un ottimo Mangini che, ricordiamolo, per la prima volta prende parte al processo compositivo della band. Una novità che passa facilmente inosservata visto che l’apporto del buon Mike è tutt’altro che rivoluzionario e spesso, inoltre, la sua prova tende ad essere un po’ anonima (con eccezioni come il brano di cui abbiamo appena parlato).Il delicato piano di Jordan Rudess è invece tra le cose più gradevoli della dolce “The Bigger Picture“, un brano cullante ed energico allo stesso tempo, molto coinvolgente, a cui fa da contrappunto la pesante “Behind the Veil“. Fin dal titolo capiamo che in “Surrender to Reason” c’è lo zampino del cerebrale John Myung (testo e una notevole prestazione al basso, come del resto in tutto il disco), e la cosa più curiosa è che si tratta di una canzone tutt’altro che fredda, ma che anzi riesce a muovere i nostri sentimenti molto più della stucchevole “Along for the Ride“, che ci dà l’occasione di accennare ad uno degli aspetti meno entusiasmanti di questo lavoro: i testi. Infatti, spesso (ci sono anche in questo caso delle eccezioni), le “poesie” di Petrucci, nonostante siano incentrate sulla descrizione di sentimenti fondamentali e bellissimi, si esprimono attraverso delle immagini per lo più banali e ormai abusate.
A chiudere l’album (e a parziale risarcimento della breve durata dei brani precedenti) c’è “Illumination Theory“, una suite non di nome (come il primo brano), ma di fatto, vista la durata di 22 minuti (compreso il delicato outro che chiude dolcemente il disco). Un brano avvincente e all’altezza della band, a tratti memorabile, con una buona linea vocale, delle ottime tastiere e il prezioso apporto dell’orchestra. Da questi ingredienti viene fuori una canzone che non brilla particolarmente per coesione (le parti non fluiscono naturalmente l’una nell’altra ma è innegabile un certo stacco), ma mette in spolvero gran parte del repertorio dei Dream Theater.
Come non bastano degli ottimi brani come “The Looking Glass” o “The Bigger Picture” a salvare dalle critiche “Dream Theater”, allo stesso tempo queste critiche non sono in grado di affondare questo lavoro. Un lavoro (e non credo avessimo speranze in proposito) che non ha assolutamente la forza di “Awake”, “A Change of Season” o “Metropolis Pt. 2: Scenes From a Memory”, ma che si conferma, come prevedibile, sulla scia degli ultimi album; solido ma scontato, capace di coinvolgerci ma non di stupirci. E se altrove questa non sarebbe stata una grande pecca, in un genere come il Progressive il cristallizzarsi, l’attenersi a degli schemi e l’essere prevedibili è invece una grande macchia.Ma non sono comunque questi i primi pensieri che ci avvolgono quando si chiude il sipario; un po’ di nostalgia è inevitabile ma torniamo a casa soddisfatti, perché lo spettacolo è valso senza dubbio il prezzo del biglietto.Francesco CiceroGenere: Progressive MetalLine-up:
James LaBrie – voce
John Petrucci – chitarra
Jordan Rudess – tastiere
John Myung – basso
Mike Mangini – batteriaArtisti simili: Leprous, Haken, Devin Townsend, Opeth, Queensrÿche, Cynic
Tracklist:
1. False Awakening Suite
2. The Enemy Inside
3. The Looking Glass
4. Enigma Machine
5. The Bigger Picture
6. Behind The Veil
7. Surrender To Reason
8. Along For The Ride
9. Illumination Theory
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