Una delle parti più importanti di un amplificatore a valvole è il trasformatore di uscita, esso ha il compito di trasformare il segnale ad alta tensione e bassa corrente dello stadio finale, in un segnale a bassa tensione ed alta corrente adatto a pilotare gli altoparlanti. Senza entrare in dettagli leziosi e poco interessanti per la maggioranza dei chitarristi, possiamo dire che esso si compone normalmente di un avvolgimento detto primario e di uno detto secondario, avvolti intorno ad un nucleo di materiale ferromagnentico.Date le leggi dell’elettromagnetismo, un segnale (variabile nel tempo) presente nell’avvolgimento primario viene portato all’avvolgimento secondario (senza che i due avvolgimenti si tocchino fisicamente) secondo il rapporto determinato dal numero delle loro spire.
Cioè, se per esempio, un trasformatore ha 10 spire (cioè 10 giri di filo intorno al nucleo) sul primario e 100 sul secondario, collegando un segnale alternato di 1 volt al suo primario, otterremo un segnale di circa 10 volt alternati sul secondario.
Questo aspetto della trasformazione, avviene secondo il principo secondo il quale 1 watt di potenza nel primario (risultante dal prodotto “corrente X tensione”) deve corrispondere ad 1 watt di potenza sul secondario.
Quindi in soldoni, se nel secondario i volt aumentano, gli ampere diminuiscono affinchè il loro prodotto resti invariato rispetto al primario.
Lo stesso discorso vale anche nel caso in cui l’avvolgimento primario abbia più spire del sconodario: in pratica, per il medesimo principio, otterremo un tensione più bassa ed una corrente più alta ed è proprio quello che succede in un amplificatore per chitarra.
Avrete notato che, parlando delle tensioni, ho scritto sempre “circa”, questo perchè il trasformatore è una macchina elettrica che ha un suo rendimento: in pratica, non tutto quello che si mette al suo ingresso viene restituito in uscita.
È anche vero però che il rendimento del trasformatore è molto alto, anzi è il più alto tra tutte le macchine elettriche, tanto che in un buon trasformatore, le perdite possano essere considerare quasi trascurabili.
Esistono anche trasformatori con rapporto spire uguale a 1, cioè trasformatori in cui il numero di spire del primario, corrisponde esattamente a quello del secondario.
Vi chiederete che senso possa avere allora mettere 1 volt sul primario per ottenere circa 1 volt nel secondario…
La risposta è molto semplice: dato che i due avvolgimeti, come detto poco fa, non si toccano fisicamente, possiamo ottenere un segnale isolato galvanicamamente.
Questo argomento, cioè quello dell’isolamento galvanico, salta spesso fuori quando si parla delle alimentazioni delle pedaliere. Ma si tratta di un problema specifico del quale sarà meglio parlare in un’altra occasione.
Tornando al nostro trasformatore di uscita, da queste poche chiacchiere avrete certamente capito che il suo compito è tutt’altro che banale.
Esattamente come un altoparlante, come una valvola o un transistor, il suo comportamento influenza pesantemente la resa sonora di un amplificatore!
In altri termini, un cattivo trasformatore, può compromettere seriamente il suono di un amplificatore. Questo perchè un trasformatore di uscita, possiede una sua curva di risposta in frequenza.In altri termini, considerando un segnale sinusoidale a tensione fissa e frequenza variabile collegato al suo ingresso, ritroveremo lo stesso segnale in uscita, trasformato secondo il rapporto spire, riprodotto in modo più o meno fedele a seconda delle caratteristiche costruttive, del tipo di traferro e dalle caratteristiche degli avvolgimenti.
Detto più semplicemente, non tutte le frequenze saranno riprodotte con la stessa ampiezza.
Questo suo delicato compito, spiega anche la differenza di prezzo che ha rispetto a un trasformatore di alimentazione!
Il trasformatore di alimentazione deve lavorare alla frequenza di 50-60 Hz ed è certamente un lavoro più semplice da fare rispetto ad un trasformatore che deve riprodurre un intero spettro di frequenze.
Trattandosi di un componente con un compito tanto importante, i progettisti di amplificatori usano mettere dei fusibili di protezione ai capi degli avvolgimenti, questo per evitare che un corto circuito accidentale possa danneggiarli in modo irrecuperabile.
Quando questo succede, si deve necessariamente sostituire il trasformatore. In alternativa, è possibile disassemblarlo e riavvolgerlo con delle nuove spire di filo.L’operazione di sostituzione è di media difficolta ma va eseguita con perizia e attenzione. Mi hanno portato questo amplificatore, un Cornell Plexi 18/20, con un sintomo preoccupante: l’oggetto suona, ma lo fa in modo distorto e a bassissimo volume.
Il sospetto è caduto subito sul suo trasformatore di uscita. Misuro il valore di induttanza degli avvolgimenti e vengo a scoprire che c’è un guasto.Per prima cosa ho dissaldato tutti i collegamenti: l’amplificatore è in configurazione push-pull, quindi ha l’avvolgimento primario con una presa centrale connessa alla tensione anodica, mentre gli altri due capi sono collegati direttamente negli zoccoli delle due valvole finali.
In particolar modo, questo modello dispone di uno switch per selezionare l’impedenza dell’altoparlante tra 8 e 4 Ohm.Quindi il secondario ha tre conduttori, uno connesso sulla massa della presa jack di uscita e gli altri due collegati al deviatore che seleziona l’impedenza del carico.Una volta dissaldato tutto, ho rimosso la scheda centrale, sotto la quale è ancorato con 4 grosse viti il trasformatore guasto che ho estratto dal suo alloggiamento. Ho poi posizionato il trasformatore di ricambio (inviatomi direttamente dal costruttore), rifissandolo esattamente come l’originale.
Ho svolto i fili del cablaggio, facendoli passare secondo quanto fatto in fabbrica e tagliandoli a alla giusta misura.Ho reinserito le guaine termorestringenti e ristabilito tutte le connessioni. Dopo alcune verifiche visive, ho reinstallato la scheda che avevo tolto in precedenza e ho alimentato il circuito per verificare tutte le tensioni. Superata anche questa fase, ho collegato un carico passivo in uscita e un segnale di prova in ingresso per le verifiche funzionali con l’oscilloscopio.In pratica, col segnale sinusoidale a 1000Hz, ho verificato che l’amplificatore erogasse la potenza di targa. Inoltre, dato che questa macchina in particolare possiede degli switch per selezionarne il funzionamanto a potenza ridotta, ho anche verificato che questi operassero secondo quanto previsto dal costruttore. Per ultimo, ho collegato un segnale di prova tipo “sweep” per testare il funzionamento della macchina all’interno di un dato range di frequenze.
Superata anche questa prova, ho collegato finalmente l’altoparlante per ascoltare l’amplificatore con la chitarra.
Il risultato è eccellente, un amplificatore plexi style, ma senza la necessità di suonare a livelli sonori tipo quello della famosa scena iniziale del film “Ritorno al futuro”.
Unica pecca, con tutta la mia stima per il costruttore, l’assenza di un fusibile di protezione che avrebbe evitato il guasto.
Quasi quasi mi viene voglia di comperarne uno, ma poi mia moglie chi la sente…
Alla prossima.Costantino Amici – Costalab
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