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Una pedalboard alla portata di tutti

Avrò letto un’infinità di interventi sul forum intitolati "problemi di rumore in pedalboard" e del resto di cosa fare (e non fare!) quando si è alle prese con certe problematiche ne abbiamo parlato in abbondanza in articoli passati. Malgrado questo però, è anche vero che ogni assemblaggio costituisce una storia

Avrò letto un’infinità di interventi sul forum intitolati “problemi di rumore in pedalboard” e del resto di cosa fare (e non fare!) quando si è alle prese con certe problematiche ne abbiamo parlato in abbondanza in articoli passati. Malgrado questo però, è anche vero che ogni assemblaggio costituisce una storia a sé con problemi diversi, diverse esigenze e, soprattutto, diversi budget disponibili per portare a compimento il lavoro. Poco tempo fa mi è capitato di assemblare una pedaliera destinata ad un professionista, Davide Pannozzo (foto copertina), un lavoro con delle caratteristiche molto interessanti; il professionista, in genere, vuole il lavoro fatto al meglio possibile per ovvi motivi e ciò ovviamente richiede un certo impegno ed ha il suo costo.
Penso che valga la pena di raccontare la storia di questa pedaliera proprio perché, invece, è stata costruita con un budget modesto, pur mantenendo un basso livello di rumorosità, un eccellente suono ed un’ottima robustezza meccanica. Il mio committente aveva già una pedaliera “ufficiale” assemblata in maniera ottimale, ma data l’esigenza di doversi recare all’estero per suonare, ha voluto realizzare un assemblaggio ridotto del suo setup primario, questo per poter rientrare nelle misure massime consentite sui voli per il bagaglio a mano.
Questa analisi vuole quindi servire come traccia guida per chi volesse cimentarsi nell’auto-costruzione e rappresenta un esempio, una sequenza logica di operazioni con le quali raggiungere un risultato soddisfacente. L’esigenza L’assemblaggio di una pedaliera nasce fondamentalmente da una necessità e se per alcuni (purtroppo…) la pedalboard rappresenta una specie di pianale dove schierare in parata tutto il proprio arsenale di effetti, per altri invece è semplicemente uno strumento di lavoro, un modo semplice, veloce ed affidabile per utilizzare e trasportare il proprio setup, selezionato sulla base di ciò che è davvero necessario, senza troppi pensieri.
Quindi, per prima cosa, è necessario chiarire la composizione del proprio equipment, anche perché da esso dipende strettamente il sound che si vuole riprodurre.
Questa, che potrebbe sembrare una banalità, in realtà rappresenta una variabile che spesso viene trascurata ma che poi costringe a fare continui cambiamenti, coi relativi problemi legati agli ingombri, all’ordine e alla cablatura.  Per prima cosa, ho scritto la sequenza di connessione di tutti i pedali scelti: buffer, wahwah, booster, overdrive, etc… Subito dopo, ho disposto i pedali sul piano cercando di seguire contemporaneamente due logiche: la disposizione spaziale e la sequenza di connessione. Per questa operazione si tratta di cercare un compromesso.
Se infatti un certo pedale viene, per sequenza di segnale, dopo un altro, magari la sua forma o la sua altezza mi costringe ad inserirlo lontano da dove sarebbe più comodo averlo.
È anche vero però che un pedale disposto per esigenze di immediata accessibilità può complicare molto lo sviluppo del cablaggio. Pertanto, si tratta di giocare un po’ con i vari oggetti e cercare il compromesso logico-funzionale migliore.
Durante la fase di disposizione, ricordiamoci che vanno calcolati gli ingombri che occuperanno i cavi e i jack! Per evitare errori, faccio sempre questa operazione inserendo dei jack nelle prese di ogni pedale in modo da contenere le approssimazioni al minimo.
Dopo aver chiarito questo punto, ho scattato una foto al piano con i pedali e l’alimentatore appoggiati sopra, per non correre il rischio di dimenticarmene. Il tipo di fissaggioCi sono moltissimi modi per sistemare dei pedali su di un piano, dal più elegante e sicuro pianale chiuso in un flight case e protetto con foam, fino al più traballante accrocchio fatto con materiale di recupero, ciascuno scelga quello che preferisce e/o che si può permettere.
Io personalmente preferisco usare un piano velcrato, questo perché, quando in futuro cambieranno le esigenze e dovrò costruire un nuovo setup, una parte del lavoro, cioé proprio il piano, potrà essere recuperata. Inoltre, in caso di modifica “al volo”, il velcro è più versatile rispetto alle istallazioni di tipo fisso.
Molti potrebbero obiettare che, anche se buono, può soffrire di problemi di scollamento, specie se lasciato al caldo.
Questo è vero, ma è anche vero che ne esistono in commercio tipi realizzati con colle micidiali, che, se applicati a regola d’arte, resistono a qualsiasi temperatura ed a qualsiasi sollecitazione.  Preparazione dei PedaliChe si tratti di pedali nuovi o usati, del tutto indistintamente ho fatto un giro di verifiche e di operazioni: 1 ho controllato che i pedali fossero funzionanti; 2 ho controllato che tutti i connettori fossero ben stretti e non fossero arrugginiti 3 ho pulito i contatti dei jack e i potenziometri rumorosi ho stretto le viti di fissaggio di tutto l’hardware, switch, potenziometri e manopole 5 se presenti piedini a vite o rialzi, li ho rimossi dal fondo dei pedali e li messi da parte in una bustina, col modello del pedale scritto sopra (da restituire al cliente) ho pulito  minuziosamente il fondo di ogni pedale con alcool e isopropilico e ho applicato il velcro su più superficie  possibileÈ bene non sottovalutare l’aspetto della pulizia se si vuole ottenere un buon incollaggio. Per ottenere un incollaggio che duri nel tempo, l’eliminazione dello sporco o di residui di vecchi adesivi è fondamentale. Preparazione del piano Come saprete tutti, esistono in commercio una quantità di piani “velcrati” di ogni dimensione. Si possono trovare in alluminio, in legno e in plastica. Spesso mi capita che le misure esistenti in commercio però, non vadano bene per il progetto che sto realizzando. In questo caso, ho fatto tagliare un pezzo di legname con le misure specifiche, quelle appunto buone per il bagaglio a mano. Sul piano in legno vanno attaccate le strisce di velcro. Attenzione però, il legno “nudo” non è adatto per un incollaggio che duri nel tempo. La sua superficie grezza è spesso ricoperta di polvere  derivante dal taglio e dalla lavorazione. In più, se sollecitato in modo pesante, il legno nudo può scagliarsi staccandosi dal piano.
Attaccare un velcro su una superficie del genere è consigliato, in genere si stacca dopo pochissimo tempo e non si può più recuperare. 
Per una perfetta adesione, è necessario che il piano sia rivestito da una laccatura e che questa sia perfettamente pulita. 
Per questa ragione è molto meglio utilizzare del legno già rivestito.
Una volta sgrassato a perfezione il piano con l’alcool, ho attaccato le strisce di velcro da 5 centimetri cercando di non lasciare spazi vuoti. Subito dopo, ho rifilato i bordi con un taglierino a cui ho messo una lama nuova. Finita questa fase, per consolidare l’incollaggio, ho martellato il velcro con una mazzuola in gomma. 
Per ottimizzare questa operazione, ho eseguito la martellatura dopo aver riscaldato il piano con una pistola termica. Per chi non ne disponesse, può andare bene anche il phon di casa, magari bisognerà insistere un pochino in più. Attenzione però a non esagerare col calore, altrimenti il velcro potrebbe danneggiarsi irreparabilmente.
Quando la colla si raffredda, se il velcro usato è di qualità decente, sarà davvero difficile che si stacchi dal piano.
Per finire, ho montato dei piedini antiscivolo in gomma nella parte sottostante del piano, questo per non far scivolare via la pedaliera quando si andranno a premere i vari pulsanti.

Nella prossima puntata entreremo nel vivo del lavoro, iniziando ad esaminare come fissare i pedali e secondo quali logiche. A presto musicoffili!

Costantino Amici – CostalabLINK alla seconda parte dell’articolo

In copertina: Davide Pannozzo e la sua pedalboard by Costalab

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