Tratto direttamente da Wikipedia: “l’aspettativa è una posizione di attesa di un effetto acquisitivo incerto”; una frase scritta in legalese che sembra piuttosto scontata ma, in realtà, soffermandoci un attimo in più su ogni parola, possiamo scoprire quanto significato nascosto ci sia in questa breve definizione e quante amarezze, frustrazioni, delusioni siano insite nel concetto di “aspettativa”, uscendo ovviamente dal campo del diritto ed entrando in quello dei sentimenti umani. In un mondo creato e bilanciato sugli opposti, desideri e aspettative dipingono due status vitali nell’uomo, la cui differenza è sia formale che sostanziale. In pratica, è una differenza di… “movimento”, potremmo dire.
Il nostro movimento, ovviamente.
Nel corso dell’esistenza ci poniamo, o quantomeno ci dovremmo porre, degli obiettivi: si va dall’obiettivo quotidiano, in attività pur anche marginali ma ugualmente importanti a livello personale, a quelli “vitali”, quali la salute, l’amore, la casa, lo studio, il lavoro, etc…Mentre il desiderio, che, attenzione, non è necessariamente il “sogno”, presuppone l’avere bene in mente (e nel cuore) il punto di approdo verso questi obiettivi, ma al contempo valutarne ed esaltarne il cammino che spetta a noi e solo a noi compiere, l’aspettativa svolge il ruolo di “punto morto”, di attività zero potremmo dire. Questo perché, tornando alla frase di cui sopra, è prima di tutto una “posizione di attesa”. L’attesa è il peggior nemico della vitalità, della creatività, della vita oserei dire in generale; è uno stato inattivo che non porta a nulla, che si illude che le cose arrivino da sole e che può portare così a delusioni e depressioni notevoli. Oltre a questo, la definizione sottolinea anche un’altra caratteristica importante dell’aspettativa: “dall’effetto acquisitivo incerto”. Primo: effetto acquisitivo, ciò significa che non siamo noi a creare o provocare l’effetto secondo una linea d’azione precisa, ma diamo per scontato che già esista e prima o poi ci cadrà tra le braccia. Secondo: incerto, il che ha due grandi conseguenze, farci rimanere perennemente nel limbo del dubbio (da cui la paranoia), non risolversi mai completamente e con nostra totale soddisfazione (da cui la frustrazione). L’aspettativa è quindi un triplo inganno: diamo per scontato che un risultato già esista di per sé, diamo per scontato che debba essere legittimamente nostro, diamo per scontato che prima o poi arriverà e non ci preoccupiamo minimamente di ciò che sta tra quel “prima” e quel “poi”, continuando solo a soffrire i colpi di un mare in tempesta.
Attenzione, ora colpirò i più “forti”. Impegno, costanza, passione, etc… sono tutte cose che nella vita vanno alimentate, sempre. Ma ciò non significa che avrete ciò che vi… aspettate!
Anche in questo caso, l’aspettativa è deleteria, forse ancora di più perché dà luogo a un sentimento di rivalsa verso il mondo, dal quale ci allontaniamo dipingendoci vittime di un’ingiustizia e chiudendoci in un guscio di pietra dalla sicurezza illusoria.
Ma ci siamo mai chiesti se, invece, i nostri sforzi non sono stati indirizzati ciecamente e freneticamente verso una e una sola causa, autolimitandoci tutte le possibilità alternative che intanto ci scorrevano accanto? Arrivati a questo punto vi starete chiedendo il perché di questo discorso “filosofico”. Intanto, filosofico proprio non vorrei apparire, non ne sono in grado e non ne accetto io stesso i metodi, né tantomeno c’è un intento educativo alla base di questo breve scritto.
Mi accorgo però sempre più spesso che i musicisti si pongono non più degli obiettivi, ma delle aspettative. È sempre colpa “di qualcun altro” se poi tali aspettative non si risolvono. Questo succede spesso a chi offre la propria musica ma è poco incline a mettersi in gioco e ad accettare la gavetta; si stilano lunghissimi elenchi di “cattivi”, senza però ricordarsi che quando si stringe il pugno per puntare il dito verso qualcuno, le altre tre dita rimangono rivolte contro sé stessi (rubo questa citazione ad un caro amico, mi perdonerà 🙂 , NdA).
Ancora, quando giudichiamo qualcosa, specialmente in musica. Spesso non si dà mai posssibilità di cambiamento ad un artista, perché ci si “aspetta” che lui rimanga lineare, sempre uguale a sé stesso, per avere in noi sempre le stesse emozioni. Un po’ egoistico, non vi pare?
Oppure, scendendo in discorsi molto più terra terra, compriamo in maniera frenetica strumenti di ogni tipo per ottenere un risultato e diamine, non lo abbiamo mai al 100%, c’è sempre lo 0,X% che ci dà talmente tanto fastidio da dover iniziare tutto daccapo.
Potrei continuare, ma scommetto che ognuno di voi troverà i propri esempi. Cos’è quindi questo male che finora abbiamo chiamato “aspettativa”? È il ricamo sempre uguale di noi stessi sul mondo, è il nostro colore sulle sue immagini, sulle sue forme in movimento. Ma un mondo tutto dipinto dello stesso colore, è il peggiore dei mondi possibili. Non pretendo di avervi detto niente di nuovo, né tantomeno “insegnato” qualcosa, non c’è nessuna verità miracolosa in queste parole. Ma forse, a volte, per realizzare qualcosa, dovremmo camminare e pensare in maniera diversa da ciò che siamo soliti fare, imboccare altre strade, muoverci senza pensare che c’è “una sola cosa” (un solo suono di stumento, un solo tipo di musica, un solo stile di vita, etc…) che ci può rendere felici, o per dirla meglio, che ci aiuterà ad essere “migliori”.
Perché una volta ogni tanto qualche aspettativa si può pure avverare, ma chiedete a qualche escursionista di montagna cosa c’è dietro una cima appena raggiunta. Vi risponderà: un’altra cima!
Buon 2012 a tutti, Salvatore “badmirror” Pagano
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