Che De André sia stato un grande poeta nella cultura musicale italiana è ormai evidente anche ai più scettici, e questa opera ne è una chiara testimonianza. E se i grandi filosofi della musica hanno posto, tra le tante problematiche, quella del giusto connubio tra musica e poesia (ossia testo che non sia solo in funzione della musica e, viceversa, musica che non sia solo in funzione del testo), possiamo mai dire che De André non vi sia riuscito?L’idea di scrivere poesie che dipingano un microcosmo rappresentante un cosmo di dimensioni reali è di Edgar Lee Masters, autore dell’Antologia Di Spoon River. Il poeta ha descritto, attraverso gli epitaffi di 244 personaggi, 19 storie intrecciate tra di loro, con il fine di raccontare una società che, seppur in miniatura, potesse diventare la storia del mondo intero.De André rimase affascinato da quest’opera e dal suo autore che, come lui, aveva sentito il desiderio di narrare storie di persone semplici, ognuna con una sua storia da raccontare, e al momento di realizzare le canzoni che si trovano in questo disco pensò di riproporre le poesie di E.L.Masters attualizzandole.Un’introduzione, otto personaggi. Questo basta a De André per spiegare le sfaccettature di due aspetti che frequentemente si ritrovano nella vita di provincia: invidia e scienza.La Collina presenta molte affinità con l’introduzione di Lee Masters, in cui vengono presentati molti personaggi, ma solo uno di loro compare anche nell’opera musicale: con un leit-motiv si racconta del Suonatore Jones, e dalla sua storia prende il nome l’album.Il Matto è il primo degli otto protagonisti del disco: gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro. L’invidia quindi, l’invidia inutile di chi pensa di non riuscire ad esprimere con parole quello che sente nel cuore…e allora quale altra soluzione se non quella di imparare la Treccani a memoria? Il risultato è, però, quello di finire in manicomio, forse per pazzia, forse per il troppo sapere…non ci è dato di saperlo, ma la musicalità pura e serena del brano denota tutt’altro che rabbia e tristezza.Rabbia e invidia pervadono un nano, con una storia attuale: esasperato dalle offese e dalle dicerie della gente decide di studiare per diventare qualcuno di potere. E allora la mia statura non dispensò più buonumore, e la vendetta è la soluzione per l’invidia di un giudice di un metro e mezzo di altezza. La chitarra, con ritmo incalzante, sottolinea le lunghe strofe e indica il carattere deciso di chi vuole vendicarsi, e a nulla servono gli interventi di un’ocarina che sembra tentare di dissuaderlo.La musica che accompagna il Blasfemo è una rielaborazione di un tema inglese, e tra i vari strumenti spicca la melodia barocca di un cembalo che, unita agli archi, agli arghilofoni e alle chitarre ci costringe a sognare in un giardino incantato, come canta De André nell’ultimo verso.Con il quinto brano l’invidia viene superata dall’amore da un Malato di Cuore, costretto in casa per la sua debolezza, ma partecipe da lontano delle corse nei prati dei suoi amici. E in una vita fatta di sogni il sogno di avere una donna accanto si realizza, e non importa che il cuore cessi di battere in questo primo ed unico incontro d’amore, perché c’è la felicità di aver regalato un sorriso, di aver lasciato il cuore sulle labbra di quell’unica donna. Dire che si tratta di una canzone è estremamente riduttivo: è una poesia declamata e cantata allo stesso tempo, una poesia in cui la musica non ha funzione secondaria, ma accompagna la voce, la esalta e non la nasconde. Il tema della scienza viene affrontato con tre storie diverse da un Medico, un Chimico e un Ottico. Secondo l’autore la scienza ha grandi poteri, ma non può risolvere problemi esistenziali, limite non indifferente per gli uomini che sognano.E così il medico, che da bambino sognava di guarire i ciliegi credendoli feriti nel momento in cui davano frutti, deve rassegnarsi a capire che fare il medico è solo un mestiere. Lui che voleva curare i pazienti gratuitamente, si ammala di debiti come loro.Il chimico sposa gli elementi, ma non capisce come gli uomini si possano combinare con l’amore. I termini sono invertiti: c’è un matrimonio di elementi e una reazione tra uomini. Questo perché per il chimico l’amore è caduco, non è oggettivo e per questo non può dare felicità come il veder reagire idrogeno ed ossigeno.Il penultimo personaggio, l’Ottico, comprende il limite della scienza, perché le pupille abituate a copiare inventino i mondi sui quali guardare. Vengono perciò intervistati i desideri di quattro clienti, con una soluzione musicale molto particolare. Nelle strofe del primo e del terzo cliente le voci si sovrappongono a formare un canone per poi terminare insieme, creando un’atmosfera che disturba. In quella del secondo la voce è ripetuta da un’eco non forte, ma efficace; ed è solo con i toni pacati e sereni del quarto cliente che viene trovata una soluzione: fare gli occhiali che permettano di vedere una forte luce, capace di trasformare il mondo in un giocattolo. L’esaltazione festosa dell’ottico ormai soddisfatto si contrappone alla musica pacata e seriosa dell’ultimo brano: Il Suonatore Jones.E’ uno dei personaggi più complessi, profondi ed efficaci non solo di questo album, ma di tutta la discografia di De André. Denaro, amore e cielo sono le cose a cui il suonatore rinuncia in nome della libertà, in nome della musica, della sua musica. Per ragioni metriche il violinista di E.Lee Masters qui suona il flauto, ma questo non cambia la sua disponibilità. E’ diverso dagli altri personaggi proprio perché è disponibile, perché ha scelto di non coltivare la sua terra, ma di suonare; ha scelto di non fare della musica un mestiere, perché questo avrebbe tolto la libertà alla musica; ha scelto di suonare per le ragazze ai balli e per il compagno ubriaco, giocandosi così anche il cielo. E gli arghilofoni (strumenti di argilla, tra cui l’ocarina) ricamano intorno al racconto con melodie semplici e penetranti, quasi a richiamare la musica suonata dal personaggio durante la sua ricca vita… Finii con i campi alle ortiche, finii con un flauto spezzato e un ridere rauco e ricordi tanti e nemmeno un rimpianto.
Casa discografica: Ricordi
Anno: 1971
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