Il mondo dei dischi in vinile, tornato prepotentemente in auge, può essere una giungla per un neofita: ecco un elenco dei termini che potreste incontrare, spiegati nella maniera più semplice e quindi comprensibili anche da chi non è ancora un esperto.
In questo articolo presenteremo un glossario completo dei termini più utilizzati nel mondo dei dischi in vinile e dei giradischi.
Qui potrete trovare la definizione di termini specifici come “tracking force” e “anti-skating”, spiegazioni dettagliate che sono basilari per chi desidera ottenere la massima qualità del suono dai suoi dischi e dagli apparati di riproduzione Hi-Fi.
Alcuni termini sono riportati in italiano, altri in inglese, a seconda di quella che è l’abitudine d’uso tra gli appassionati nel nostro Paese.
Per scelta non approfondiremo tecnicamente certi temi, che andrebbero studiati e approfonditi a parte a causa della loro complessità.
N.B. Se nelle descrizioni vi imbattete in un termine a voi sconosciuto, potete sicuramente trovarlo alla corrispondente lettera dell’alfabeto.
Se siete appassionati di musica e vinili, questo articolo è perfetto per voi, non solo vi aiuterà a comprendere meglio il vostro giradischi, ma anche ad apprezzare ancora di più la musica che ascoltate.
MISC
7″: la misura in pollici di quelli che siamo abituati a chiamare con non troppa precisione “45 giri” (non è in realtà corretto perché con questo ci si riferisce alla velocità di rotazione e non alla dimensione, anche se poi i 7″ girano comunemente a tale velocità), ovvero i dischi più piccoli nati per la diffusione di brani singoli e per essere suonati nei vecchi jukebox.
10″: misura mediana più rara, usata in vecchie produzioni oppure, nel nuovo, per alcuni EP o speciali edizioni dei dischi.
12″: misura in pollici del disco in vinile “Long Playing” (LP) più comune, di solito associata ai 33 giri (33 e ⅓ per la precisione), questa misura può essere però anche relativa a dei 45 giri (di solito si tratta di produzioni audiofile in quanto la velocità di rotazione maggiore è anche motivo di una più alta resa sonora).
A
Acetato: vedi “Lacca”.
Adattatore per dischi 7″: l’oggetto rotondo di metallo o materiale plastico che viene posto sul perno del giradischi per permettere di accogliere un disco 7″ con il foro centrale di dimensioni più ampie
Alignment Protractor: vedi “Dima”.
Alternative Takes: versioni alternative dei brani ufficiali nella maggior parte dei casi provenienti da session di prova degli arrangiamenti in studio di registrazione, spesso reinserite in edizioni anniversario, raccolte ufficiali o non ufficiali.
Alzabraccio (Lift): il meccanismo che permette di alzare e abbassare dolcemente il braccio sul disco. Alcuni giradischi hanno un sistema automatico di avvio e ritorno del braccio con conseguente alzabraccio automatizzato.
Anti-Skating: lo skating indica le forze di attrito in gioco durante la riproduzione che tendono a spingere il braccio verso il centro, tendendo così ad inclinare il cantilever. Questo può causare distorsioni o veri e propri salti, oltre che una deformazione del cantilever stesso. L’Anti-Skating è un meccanismo (con contrappeso, magnetico o altro sistema) che contrasta queste forze, di solito regolato su valori uguali o simili a quelli applicati alla forza impostata sulla testina (vedi “VTF”), anche se andrebbe sempre settato finemente tramite disco test e, non meno importante, l’uso di un orecchio allenato.
La famosa prova del “disco liscio”, invece, è solo un retaggio del passato ma non ha alcuna utilità pratica, se non quella di verificare se il meccanismo di Anti-Skating funziona. Non ha invece senso nei riguardi della sua regolazione.
Artwork: anche se in generale oggi il termine si riferisce a qualsiasi grafica di copertina, è nato quando questa corrispondeva a un intento artistico di fondamentale importanza come accompagnamento visivo al contenuto musicale (ed è uno dei motivi alla base del collezionismo dei dischi).
Audiophile Pressing: “stampa audiofila”, qui rischiamo di aprire un discorso assai complesso. Esistono etichette che rispettano criteri di alta qualitò di stampa dei dischi e di riversamento in essi del contenuto musicale nella sua forma migliore. Altre, invece, usano la dicitura “audiophile” in modo tutt’altro che veritiero, solo per attirare l’occhio di possibili acquirenti. La soluzione è farsi una cultura (forum, riviste specializzate, consigli di un buon negoziante, esperienza diretta ecc.) su quelli che sono i lidi sicuri cui approdare e quelli invece da evitare a vele spiegate…
Azimuth: importante regolazione della testina (tramite l’Headshell) in modo che, guardandola di fronte, sia perfettamente parallela al disco e che quindi il cantilever sia perpendicolare allo stesso in fase di tracciamento.
B
Bar Code: come per la maggior parte dei prodotti di consumo, anche i dischi hanno un codice a barre.
Belt Drive: sistema di rotazione del piatto del giradischi attraverso una cinghia collegata al motore; quest’ultimo può essere posto esternamente al piatto, integrato o non integrato al plinto del giradischi.
Binaurale: dischi binaurali (“binaural”), fu un breve tentativo di creare uno stereo utilizzando due tracce separate sulla stessa facciata del disco e richiedeva un braccio speciale a due testine. Sistema costoso, non performante e per fortuna soppiantato velocemente dal True Stereo e relative testine. Da non confondere con la “registrazione binaurale”, che è invece un metodo usato anche oggigiorno per calare ancora di più l’ascoltatore in un suono tridimensionale, ottimizzandolo per l’ascolto in cuffia.
Biscuit: “biscotto”, ovvero la porzione di materiale vinilico grezzo che subisce la pressatura finale, racchiuso tra le due label dei rispettivi lati A e B.
Booklet: un libretto inserito all’interno del packaging per informazioni, testi, foto e altri vari (e spesso assai creativi) scopi.
Bootleg: registrazioni non ufficiali (pirata) contenenti concerti, alternative takes, inediti o altro. Sono indicati anche come ROIR (Record Of Indeterminate Origin).
Braccio: si tratta del braccio del giradischi (mai chiamarlo braccetto!). Può avere forme diverse, tipicamente dritto o ad S, il discorso è più complesso invece per quanto riguarda il braccio tangenziale che fu inventato per azzerare l’errore di tangenza nel tracciamento dei solchi (ma che porta con sé alcune complessità di manutenzione). Il braccio è un elemento importantissimo nella riproduzione dei dischi, sia per caratteristiche specifiche di costruzione e funzionamento, sia perché dal suo corretto settaggio deriva il buon funzionamento della testina e, quindi, il buon suono.
C
Cantilever: la sottile asticella metallica della testina sulla cui parte terminale è posto lo stilo. La sua funzione è importantissima, poiché è l’effettiva congiunzione (con rarissime eccezioni) tra il movimento del diamante e il resto del sistema a generare il suono che ascoltiamo.
Cartridge: vedi “Testina”.
Catalogue Number: il numero di catalogo generato con il sistema scelto dalla singola etichetta discografica. Di solito riportato sulla costola (vedi “Spine”) della cover del disco o su uno degli angoli della facciata anteriore o posteriore.
Cedevolezza: (compliance, più preciso dynamic compliance) è una caratteristica della testina che si abbina alla massa effettiva del braccio per verificare la frequenza di risonanza dell’accoppiamento tra le due componenti, fondamentale per la buona resa sonora del tracciamento del disco. Senza entrare in tecnicismi, si riferisce all’elasticità (espressa in cu/dyne) di tutto il sistema della testina quando su questa viene applicata una forza. Alcuni produttori rendono questo valore sulle basi del calcolo a una frequenza di 10Hz, altri (più raro) di 100Hz. Il sito Vinyl Engine mette a disposizione un ottimo sistema per la verifica del buon accoppiamento braccio-testina.
Center Hole: è il foro centrale del disco, di dimensioni standard negli LP ma più largo nella maggior parte dei 7″ (da cui l’uso dell’adattatore). A volte il foro può essere decentrato per difetto di fabbrica, in tal caso vedremo la testina ondeggiare a destra e sinistra durante la riproduzione del disco. In questi casi, meglio farsi cambiare il disco dal negoziante.
Cinghia: la cinghia di trasmissione che nei giradischi “Belt Drive” trasmette il movimento dal motore/puleggia al piatto, che in questo modo effettua la sua rotazione
Clamp: di dimensioni solitamente uguali a quelle della label del disco, serve per stabilizzare la rotazione di quest’ultimo tenendolo saldo sul piatto. Questo può avvenire tramite il suo peso o con altri meccanismi come l’avvitamento sul perno (se lo consente con una filettatura), la stretta di un morsetto interno al clamp tramite manopola o addirittura un sistema ad aspirazione d’aria integrato nel clamp. Al contrario di quello che credono in molti, i clamp non nascono affatto per “spianare” i dischi che hanno subito deformazioni, possono solo aiutare nel caso in cui il disco abbia subito una curvatura convessa/concava, ma ovviamente questo aiuto vale su una sola facciata ed è inefficiente per l’altra.
Per dischi ondulati/patatizzati è inutile, se non addirittura peggiorativo della situazione.
Il suo effetto “normale” dovrebbe essere invece quello di evitare che microvibrazioni indesiderate trasmesse tra motore, perno, piatto e disco arrivino allo stilo e quindi degradino la riproduzione sonora. Non tutti i giradischi accettano di buon grado lo stesso clamp, in relazione a peso, materiale e principio di funzionamento dello stesso. Se non è previsto già dal produttore del giradischi, non è detto che sia necessario e/o consigliabile (ad es. sui giradischi Rega il produttore lo sconsiglia vivamente).
Clear Vinyl: termine che indica un disco in vinile trasparente a cui non è stata aggiunta alcuna colorazione. Per maggiori approfondimenti consulta questo articolo.
Click: difetto del disco che viene rilevato dallo stilo della testina e produce il relativo suono “click”. Può essere causato da semplice polvere o sporco accumulato nei solchi, oppure da un’imperfezione di stampa. Questo tipo di rumori sono anche indicati come “click e pop”.
Club Edition: edizioni che venivano spedite per posta a determinati locali/club, non vendibili nei negozi, spesso in cover di minor pregio.
Cogging: si tratta di una forza di disturbo periodica che compromette la fluidità di movimento di un motore per giradischi che fa uso di struttura ferromagnetica (trazione diretta). Usando una metafora, è un po’ come percorrere una strada che ogni tanto ha delle ondulazioni che creano dei sobbalzi. Produttori come Technics hanno da tempo ovviato a questo problema, ad esempio con motori coreless privi di nuclei di ferro (ad esempio SL1200GR o 1300G).
Coloured Vinyl: vinile colorato (anche “coloured wax”), consigliamo caldamente la lettura di questo articolo.
Company Sleeve: una cover generica con il logo della casa discografica, solitamente usata negli anni ’50 e ’60 per i 7″.
Counterfeit: dischi contraffatti, produzioni pirata, illegali e spesso di scarso livello sonoro. Da evitare.
Counter Weight: il contrappeso posto sulla parte posteriore del braccio del giradischi, per regolare il bilanciamento dello stesso e anche la VTF sulla testina.
Cut-Out: le rimanenze invendute rispedite dai negozianti alle etichette/distributori. Queste copie venivano reimmesse sul mercato a un prezzo molto più conveniente e contrassegnate, purtroppo, con il taglio di uno degli angoli oppure un foro sulla cover o una tacca sulla costola.
Cutting: la tecnica con la quale si crea la lacca/acetato, tramite un apposito macchinario che con una testina speciale incide i solchi seguendo il segnale audio proveniente dal master fornito dagli studi di registrazione (analogico o digitale). Il tecnico che si occupa del cutting riveste un ruolo a dir poco fondamentale, la sua competenza e precisione (una vera e propria arte) si riflettono in parte assai considerevole sul risultato finale del disco in vinile (successiva qualità di stampa permettendo).
D
Dead Wax: vedi “Run-Out”.
Dima: il sistema di riferimento per posizionare correttamente la testina sul braccio secondo precisi valori e riferimenti. Da questo corretto posizionamento dipende il buon tracciamento dei solchi e quindi il buon suono. Una cattiva messa in dima può non solo causare distorsioni, ma anche creare danni ai dischi se usata a lungo termine.
La dimatura, è bene ricordarlo, è sempre un compromesso, ne esistono di diverse tipologie, a un punto o a due punti, ma comunque si cerca in essi il minor errore di tracciamento, lasciando invece in altri punti la maggiore possibilità di errore, nei quali tuttavia è meno frequente che la testina abbia problemi. Ogni produttore di giradischi fornisce di solito la dima a corredo da utilizzare che ritiene più indicata.
Direct Drive: sistema di rotazione del piatto a trazione diretta, in cui motore e piatto non sono più collegati a distanza da una cinghia ma sono legati meccanicamente a formare un unico sistema. Il piatto è, in pratica, imperniato sull’asse del motore stesso.
Il più famoso trazione diretta di sempre è il Technics 1200. La trazione diretta venne richiesta per avere macchine meno delicate dal punto di vista meccanico (e relativamente più facili da riparare), non a caso il Technics è passato alla storia come il giradischi dei DJ, in quanto un verro carro armato nel resistere alle sollecitazioni. Di contro, essendo motore e piatto collegati, la trasmissione di eventuali disturbi dall’uno all’altro è diretta e per questo la progettazione non consente sbavature e raramente i giradischi economici a trazione diretta godono di grandi prestazioni in merito a tale isolamento. Discorso ovviamente diverso per le eccellenze del passato e del presente, che sono giradischi di tutto rispetto e dalle ottime prestazioni.
Direct Metal Mastering (DMM): si tratta di una tecnologia sviluppata a metà degli anni ’80 che esclude l’uso di una lacca. I solchi vengono incisi in un disco di metallo (rame) grezzo tramite un tornio appositamente attrezzato. Purtroppo l’uso e il lavoro di ricerca e sviluppo non sono stati portati avanti, poiché questo processo, sicuramente superiore in tutto (anche e soprattutto sonicamente) al più classico delle lacche, si è trovato a combattere con l’avvento del compact disc e con la superiorità di vendita delle musicassette. Qualcuno ancora oggi utilizza questo metodo, ma sono casi molto rari.
Direct to Disc: un vecchio processo tramite cui veniva effettuata una registrazione dal vivo e incisa direttamente sulla lacca invece che su nastro analogico. Il perchè della sua rarità è piuttosto palese, oltre al fatto di avere macchinari complessi in loco, se la lacca non veniva incisa correttamente quella performance musicale era persa per sempre (difatti spesso si registrava in parallelo anche su nastro, ma se ci si pensa… è un bel paradosso, oltre che un processo dispendioso per gli studi).
Disco liscio: disco senza solchi, completamente liscio. Viene spesso mal interpretato l’uso di tale disco nella regolazione dell’anti-skating, per la quale non è utile in quanto in condizioni reali lo stilo agisce nei solchi e quindi con le relative forze di attrito coinvolte, forze che ovviamente non sono presenti su un disco liscio. Quando una facciata sola è liscia si parla anche di “Mirror Side”.
Disco Stroboscopico: si tratta di un disco (per lo più una riproduzione su cartoncino) che serve a regolare la corretta velocità del piatto del giradischi attraverso l’osservazione di tacche di riferimento illuminate da una luce “strobo”, cioé con alimentazione pulsante a 50Hz.
Alcuni giradischi, come il Technics 1200 ma non solo, avevano queste tacche direttamente sul lato del piatto, così da poter controllare sempre la corretta velocità.
Disco Test: ne sono stati commercializzati diversi, contengono delle tracce adatte a testare il corretto funzionamento e setup del giradischi, del braccio e soprattutto della testina. Alcune tracce richiederebbero in verità degli analizzatori hardware di precisione oltre che il nostro orecchio. Attenzione poi alle tracce relative all’antiskating: alcune sono davvero esasperate, ben al di sopra dell’incisione di qualsiasi segnale musicale, e cercando di eliminare le distorsioni si rischia di settare valori di anti-skating troppo alti.
Distanziale: un distanziatore/spaziatore tra due oggetti a contatto. Ad esempio tra headshell e testina quando si ha bisogno di aumentarne l’altezza per renderla parallela al disco, oppure sotto al braccio del giradischi quando non è disponibile un VTA regolabile (come nei Rega ad esempio).
Drill Hole: il foro praticato sulla cover per i dischi a prezzo scontato, vedi anche “Cut-Out”.
Dust Cover: il coperchio parapolvere del giradischi, di solito in plexiglass. Date un occhio a questo articolo per evitare un errore comune.
Dynaflex: stampe sottili e flessibili, introdotte dalla RCA sul finire degli anni ’60.
Dynagroove: un sistema con il quale si cercò di ridurre gli eventuali problemi di distorsione nei solchi, di solito troviamo anche l’indicazione “Stereo Orthophonic”.
Dynamic Range: concetto complesso, si tratta del range dinamico del mastering del disco. Addirittura ogni edizione dello stesso disco può avere un diverso mastering. Come regola generale, più è ampio questo range dinamico, migliore è la qualità della musica (senza ovviamente esagerare, un buon fonico conosce i limiti da rispettare, la compressione se ben fatta non è un male, anzi). All’esatto contrario si pone la cosiddetta – detestabile – Loudness War, consultate questo database a tale proposito.
E
Embossed Cover: una copertina che presenta immagini a rilievo, ad esempio Homework dei Daft Punk o Sotto il Segno dei Pesci del nostrano Antonello Venditti.
EP: “Extended Play”, una via di mezzo tra la pubblicazione di un singolo e un LP vero e proprio. Contiene un numero di brani limitato ed è a volte stampato su 10″.
F
Fake Stereo: pratica assai discutibile degli anni ’60, utilizzata dalle etichette discografiche che ancora non potevano (o non volevano…) sopperire ai costi del passaggio ai macchinari per le registrazioni stereo e quindi “trasformavano” con qualche trucco ingegnoso i dischi mono in un “simil stereo”, per niente però convincente nel 99,99% dei casi. Evitate questi dischi e occhio ai termini “duophonic”, “electronically reprocessed” o “rechanneled stereo”. Le versioni mono di questi dischi di solito suonano molto meglio.
Father: una delle varie matrici che vengono prodotte in successione per arrivare alla stampa finale del vinile. Un “Padre” è l’inverso di una lacca incisa e quindi l’inverso dei solchi che costituiranno il vinile. Un Padre viene utilizzato per creare una “Madre”. Viene poi conservato o convertito in uno “Stamper”.
First Pressing: si tratta della “prima stampa” del disco, cioé di quella serie effettivamente stampata per prima in un determinato Paese (a partire da quello di provenienza dell’artista e/o dell’etichetta discografica che ha stampato il disco). I collezionisti più incalliti considerano prime stampe solo effettivamente quelle realizzate nelle primissime serie (con relative indicazioni tramite lettere in ordine alfabetico nei codici, vedi matrix number) e tutte le altre solo delle “early press” anche se dello stesso anno e Paese. La cosa però si complica se l’etichetta ha fatto stampare contemporaneamente due serie diversamente marchiate in due stabilimenti diversi, per cui anche se una è marchiata “A” e una “C”, queste sono da considerarsi coeve ed entrambe prime stampe.
Flexi-Disc: chiamati anche Soundsheet, venivano di solito distribuiti in allegato alle riviste e sono dischi molto fini ed estremamente flessibili, sicuramente meno godibili sonicamente ma adatti per quel tipo di distribuzione onde evitare rotture per piegamento.
Flipback Cover: quando la copertina presenta dei risvolti sui bordi del retro, capitava spesso negli anni ’50 e ’60 (la trovate in moltissimi dischi jazz ad esempio).
Foil Cover: copertina “metallizzata”, la potete trovare ad esempio in Wheels of Fire dei Cream, The Game dei Queen, alcuni album dei Grand Funk Railroad etc… Solitamente color argento/alluminio, ma anche dorata.
Fold Down: processo con il quale, nell’epoca di passaggio da mono a stereo, una registrazione stereo veniva “ridotta” a mono per favorire la pubblicazione anche di questo formato (dato che molti sistemi Hi Fi casalinghi erano ancora mono). Ovviamente il risultato è decisamente diverso rispetto a un “True Mono”…
Fold-Out Sleeve: una cover che si ripiega su più lati, di solito una volta aperta forma su uno dei lati (o entrambi) un poster o altro tipo di immagine completa, anche se non necessariamente.
Fonorivelatore: vedi “Testina”
For Military Sales Only: espressione che indica i dischi che erano inviati alle basi militari americane.
Frequenza di risonanza: un dato da calcolare che è fondamentale per scegliere la giusta testina per il braccio del nostro giradischi. Si tratta del rapporto tra cedevolezza e peso della prima e massa effettiva del secondo (compreso l’headshell/portatestina). Il rapporto così instaurato tra le componenti, durante il tracciamento, deve cadere all’interno di un preciso range di risonanza, indicativamente tra gli 8 e i 12Hz, meglio se tra i 9 e gli 11, pena altrimenti un cattivo tracciamento dei solchi. Per il calcolo consigliamo l’uso di questo utilissimo tool online. Si consiglia inoltre l’uso di un disco test che tramite un semplice esame visivo (seguite le istruzioni allegate al disco) permette di verificare che tutto funzioni correttamente.
Fruscio: può essere rumore di fondo di varia natura (vedi “Surface Noise”) ma è anche possibile che sia riportato il normale fruscio del nastro analogico del Master originale. Solitamente, per motivi sonori, meglio tenersi il fruscio di quest’ultimo che operare una pulizia con mezzi digitali, casi nei quali forse è meglio rivolgersi a un CD o alla musica liquida…
Full Dimensional Sound: usato sui vecchi dischi della Capitol Records, espressione che indicava una tecnologia usata prima di arrivare al vero e proprio Stereo.
G
Gatefold Sleeve: una cover che si apre a libro, quella che siamo abituati a vedere per i doppi LP.
Giradischi: in inglese turntable, chiaramente l’intero sistema di riproduzione meccanica del disco in vinile
Glossy: “luccicante”, si usa come aggettivo per quei dischi che sono in condizioni perfette, senza un graffio, come nuovi.
Grading: sistema di valutazione delle condizioni di un disco in vinile e della sua cover. Consigliamo di leggere il sistema utilizzato dalla piattaforma Discogs.
Grammatura: peso (e relativo spessore) del disco in vinile, solitamente dai 120 ai 200 grammi. Vedi anche “Heavyweight”.
Groove: il solco del vinile in cui passa lo stilo, inciso a spirale dal lato esterno verso la label, anche se in qualche caso avviene il contrario, soprattutto in ambito di musica classica in cui i pieni orchestrali sono spesso alla fine delle composizioni e quindi è lì che si ha bisogno di maggiore dinamica, il cui range è favorito dai solchi più ampi del disco.
H
Haeco-CSG: un vecchio apparecchio che fu un breve tentativo di fine anni ’60 di risolvere il problema relativo a quando i nuovi dischi stereo venivano ancora riprodotti da sistemi Hi Fi mono casalinghi. Niente che vi capiterà mai di incontrare, ma è un’interessante testimonianza di quel complicato periodo di passaggio da mono a stereo. L’apparecchio, in pratica, mixava in automatico i due canali stereo per ottenere un singolo canale mono dal suono accettabile (vedi anche “Fold Down”) , evitando l’eccesso di volume dato dalla normale somma dei segnali destro e sinistro . L’effetto risultante, tuttavia, era discutibile, soprattutto sulle voci dei cantanti.
Half-Speed Mastering: è un processo di produzione in cui il master (analogico o digitale) viene riversato sulla lacca a metà della velocità, per cui il traferimento risulta molto più preciso e accurato e a beneficiarne è il suono finale del disco.
Headshell (o Shell): è il portatestina posto in cima al braccio, può essere fisso o intercambiabile. Su questa parte terminale avvengono le regolazioni di azimuth, overhang e quindi messa in dima della testina.
Heavyweigth: alta grammatura (peso/spessore) del disco. Se è pur vero che un disco a più alta grammatura risulta più stabile, non credete che sia tutto oro ciò che luccica. Ciò che conta è che il processo di produzione sia accurato in ogni sua fase e che la fonte utilizzata sia di alta qualità. Altrimenti è semplicemente come servire lo stesso cibo scadente in un piatto più bello…
Hi-End (High End): è il settore più elevato e costoso dell’alta fedeltà, paragonabile alle fuoriserie in campo automobilistico, dove i numeri sono da capogiro sia nelle specifiche tecniche che nei prezzi. Si tratta di produzioni no compromise, destinate solitamente ad essere vendute in piccolissimi numeri e/o rappresentano lo sforzo massimo dell’azienda produttrice e del suo know how, così da essere mostrato con orgoglio nelle fiere di settore. Oltre alla “dimostrazione di forza”, c’è comunque un’utilità da non definire secondaria, visto che spesso le innovazioni e i risultati tecnologici raggiunti in questi prodotti vengono poi declinati in varie modalità nei prodotti Hi-Fi dal costo più accessibile nel catalogo dell’azienda. Esempio: il giradischi Rega Naiad (quasi 40mila euro di listino) rappresenta il top dell’ingegno del marchio, ma dalla ricerca tecnologica applicata sono poi derivati i due giradischi Planar 8 e 10, dal costo decisamente più basso.
High Fidelity: Hi Fi/Hi End nel linguaggio comune indicano i due mondi delle apparecchiature di riproduzione musicale quando ci si eleva dagli oggetti maggiormente commerciali (consumer). L’Hi End è l’estremizzazione dell’Hi Fi, la ricerca della perfezione sonora senza limiti di budget.
Nel nostro elenco citiamo il termine “High Fidelity” poiché spesso veniva usato sui vecchi dischi col progredire delle tecnologie, per indicare una più accurata riproduzione, con minore rumore di fondo e maggiore focalizzazione del suono. Ovviamente, oggi dobbiamo interpretare queste diciture per quello che sono, senza dargli un significato audiofilo moderno.
Hum: ronzio elettrico, di solito derivante da una cattiva messa a terra degli apparecchi. La prima cosa da controllare è il giusto collegamento del cavetto di massa del giradischi e quello dei 4 piccoli cavetti collegati sul retro della testina. Se persiste, il problema elettrico è da ricercare su altri componenti dell’impianto o nel circuito elettrico casalingo (interferenza con luci o elettrodomestici ad esempio).
I
Inner Sleeve: è la busta interna in cui il disco viene inserito e protetto. Hanno a volte un foro centrale per rendere visibile l’etichetta del disco (die-cut sleeve) ed è consigliabile che siano sempre foderate internamente di velina trasparente anti-statica e anti-graffio. Le innersleeve dei dischi originali sono di solito graficate secondo le scelte dell’artista. Si consiglia sempre di sostituirle, conservando le originali, se sono realizzate in cartone rigido senza fodera interna anti-graffio.
Le inner sleeve originali si indicano anche come OIS (Original Inner Sleeve).
Insert: tutto ciò che viene inserito come complemento, cioé foto, poster e gadget di varia natura.
Issue: sinonimo di “release”, cioé la specifica uscita del disco. New Issue è la prima uscita, Reissue sono le ristampe successive. Early Issue indica piuttosto vagamente “una delle prime uscite”, ma non la prima tiratura.
J
Jacket: potremmo dire la copertina/cover, in senso lato il “contenitore” del disco (o dei dischi in caso di doppi o tripli). I dischi vengono quindi inseriti nelle ineersleeve e poi con esse all’interno delle Jacket.
K
Kangaroo Cut: termine che indicava una lacca di riferimento o un test pressing che causava dei salti della testina. Questo è un modo di dire che difficilmente sentirete nominare (io stesso l’ho conosciuto tramite un video dell’esperto Michael Fremer) e che solleva una questione molto importante, che coinvolge anche la valutazione sonora di vecchie stampe. Difatti, durante i primi decenni del vinile, gli ingegneri del suono (anche i più famosi come Rudy Van Gelder) non avevano certo in mente di produrre dischi per “audiofili”, tutt’altro, dovevano considerare quelli che erano i mezzi di riproduzione dell’epoca, che non erano né così tanti come oggi, né così sviluppati sonicamente. Questo significava spesso dover tagliare una parte di basse frequenze, comprimere la dinamica e dare dei piccoli boost in zone dove psicoacusticamente si poteva rilivellare la situazione. Per cui, le Kangaroo Cut non erano necessariamente difettose, semplicemente non corrispondevano ai criteri dei mezzi di produzione dell’epoca. Per lo stesso motivo, potreste incontrare stampe degli anni ’60 particolarmente brillanti sulle alte frequenze e scariche di bassi, ora sapete il perché (eccezion fatta per grossolani errori ovviamente). Tenetene conto quando valutate una reissue, se suona maggiormente “piena” non vuol dire per forza (sebbene accadano di frequente i disastri sonici…) che il tecnico ha stravolto il lavoro del fonico originale, anzi, al giorno d’oggi è magari riuscito a fare ciò che quest’ultimo non poté realizzare, cioé tenersi il più vicino possibile al suono dei Master Tape (anche se vi ricordo che parliamo di nastri con 30/40/50 e più anni sulle spalle, spesso restaurati, e non “freschi” come al momento dell’incisione).
Knosti: si tratta del nome di un oggetto commercializzato per il lavaggio dei dischi, ma oramai questo nome stesso è diventato un riferimento. In pratica, è un metodo manuale con cui il disco viene immerso in una vaschetta con del liquido apposito e fatto girare tramite manovella. L’ideale sarebbe avere una seconda macchina per un ulteriore secondo lavaggio in sola acqua distillata. È l’alternativa economica alle lavadischi ad aspirazione o ultrasuoni, ma resta il fatto che il disco non viene asciugato immediatamente (se non con un panno che però diventa troppo umido dopo poco, nonché eventuale fonte di pelucchi e polvere), che il liquido utilizzato è ben superiore al necessario, che in tale liquido al terzo o quarto lavaggio c’è già molto sporco accumulato (come lavarsi con l’acqua sporca) e che ci vuole abbastanza tempo per preparare ed effettuare il tutto anche per pochi dischi. Ma detto ciò, è sempre meglio dei metodi bislacchi di lavaggio sotto la fontana del lavandino…
L
Label: l’etichetta, quel cerchio di carta al centro di un disco sui cui vengono riportate le principali informazioni e l’indicazione del Lato A, B, C ecc….
Lacca (laquer): una lacca (o “acetato”) è un disco di alluminio rivestito con uno strato di nitrocellulosa. Attualmente ci sono due produttori di lacche grezze nel mondo, Apollo/Transco e MDC, purtroppo uno di loro (Apollo) è stato completamente spazzato via da un incendio, creando panico sul mercato dei vinili.
Una lacca è il primo passo nel processo di produzione del vinile, i solchi sono incisi sulla facciata della lacca grezza. A differenza di queste prime, che potrebbero anche essere riprodotte su giradischi, le “lacche master” che verranno utilizzate per il vero e proprio lavoro di pressatura non vengono mai riprodotte su giradischi, ma inviate direttamente ad un impianto di galvanoplastica per essere utilizzate come substrato nel processo di elettroformatura che produce le parti metalliche che alla fine vengono utilizzate per la pressatura dei dischi (vedi “Stamper”).
Lacca di riferimento: simile alla normale lacca, in quanto si tratta sempre di un disco di alluminio con rivestimento in nitrocellulosa, i solchi sono però incisi appositamente per l’ascolto invece che per il resto dei processi di produzione. Le lacche di riferimento sono usate per assicurare che la registrazione sia passata al supporto fonografico in modo accettabile. Non sono però un sostituto delle stampe di prova su vinile (vedi “Test Pressing”).
Laminated Sleeve: cover laminata, lucida (usata anche come strato protettivo del cartone oltre che per gusto estetico).
Lead-in Groove: i primissimi solchi vuoti del disco.
Lenco Clean: sistema progettato qualche decennio fa che con un braccetto spargeva un liquido che bagnava i solchi su cui passava la testina. Ciò fa parte di una vecchia scuola di pensiero secondo cui lo stilo passando su una superficie bagnata sia meno soggetto ad attriti e rumori di fondo. Il problema del Lenco Clean era però il liquido in dotazione, che lasciava una patina che col tempo rovinava il disco. Oggi c’è chi ancora lo usa con liquidi più neutri o semplice acqua distillata, ma il metodo e la sua efficacia restano comunque controversi, oltre a costringere ogni volta ad asciugare il lato del disco appena riprodotto prima di poter ascoltare l’altro…
Limited Edition: edizione limitata di una particolare edizione di un disco o ristampa dello stesso. Ma c’è da fare molta attenzione, come diciamo in questo articolo.
Living Stereo: citiamo il termine per evitare confusione, non si tratta di una tecnica da studio di registrazione ma di una specifica collana della RCA Victor, che è molto ricercata dai collezionisti (specie dagli amanti di musica classica) per l’alta fedeltà del suono. Pregevoli le ristampe della Analogue Productions che hanno anche ovviato a qualche difettuccio dell’epoca. Il catalogo è una testimonianza di grande importanza su orchestre e relativi Direttori che oggi sono veri e proprio miti del genere musicale colto.
LP: acronimo di Long Playing, il disco che, tenuto conto delle eccezioni, identifichiamo di solito con il 33 giri (12″).
Lyric Sheet/Sleeve: un foglio (o la innersleeve) su cui vengono riportati i testi delle canzoni.
M
Marbled LP: un disco in vinile multicolore.
Massa effettiva: si riferisce al braccio del giradischi. Attenzione, non è il suo peso come equivocato da molti neofiti. Semplificando molto, poiché il discorso sarebbe complesso, si tratta di quella forza (inerzia) che il braccio oppone al sistema in movimento. La massa effettiva è utile quando si deve calcolare la frequenza di risonanza dell’accoppiamento con la testina e sua cedevolezza. Il dato è fornito dal produttore del braccio.
Mastering: è la fase di finalizzazione di un disco in studio di registrazione (o in studio di mastering) e sarà il contenuto audio che finirà su vinile, chiamato “Master” (analogico o digitale) . Il mastering per vinile è diverso da quello per le copie digitali poiché deve rispondere a determinate regole di equalizzazione che altrimenti ne renderebbero impossibile la riproduzione (vedi anche “RIAA”).
Master Tape: il nastro analogico originale della registrazione che viene utilizzato per il processo di Cutting. Attenzione però a ciò che viene scritto sui dischi, leggete a tal proposito l’articolo sul remaster dai nastri originali.
Mat: il tappetino che va sul piatto del giradischi, in feltro, gomma, sughero o altri materiali. Seppur non fondamentale, il suo effetto sul suono può essere avvertibile in quanto prima superficie a contatto con il disco e il piatto del giradischi. Inoltre può avere un ruolo nell’evitare la trasmissione delle vibrazioni (vedi “Rumble”).
Matrix number (numero di matrice): è l’identificatore alfanumerico che viene stampato o inciso sul run-out del disco, quell’area libera tra la fine dei solchi e l’etichetta. La matrice è l’elemento più importante per identificare in maniera quanto più esatta la stampa di un disco in vinile (anno, provenienza e altro). In pratica, è la carta d’indentità del singolo esemplare.
Messa in bolla: si riferisce alla messa in bolla del giradischi, che deve stare sempre su un piano perfettamente orizzontale, pena un cattivo tracciamento dei solchi.
Microlinear (o Micro Line): vedi “Stilo”
Mirror Side: vedi “Disco Liscio”.
Mispressing: una serie di stampe che riporta un qualche tipo di errore di stampa (testuale o grafico) sulla cover o sulla label.
Mistracking: errore di tracciamento della testina, causato da vari fattori, prima di tutto una cattiva messa in dima ma anche un difetto di stampa del disco stesso. Più alta è la qualità della testina e del suo stilo, migliore sarà il tracciamento e minore la possibilità di errore.
Mono: disco registrato con tecnica monofonica, precedente all’avvento dello stereo ma da non sottovalutare per quanto riguarda vecchi dischi, soprattutto quando la versione stereo è un “Fake Stereo”. Sono da evitare però i “Fold Down” (vedi voce dedicata). I dischi mono possono essere tracciati anche da testine stereo, ma un disco stereo non può essere tracciato da una testina mono.
Mother: la “Madre”, ossia la piastra di metallo che viene rimossa in due fasi da una lacca incisa (viene dopo il “Father”). Una madre riporta i solchi sulla superficie e può essere suonata su un giradischi. Una madre è usata per fare gli Stamper.
Moving Coil: testina a bobina mobile, abbreviata con la sigla MC, si tratta di testine solitamente a bassa uscita (ma ne esistono anche ad alta) che rappresentano nella maggior parte dei casi uno step ulteriore verso la ricerca del miglior suono possibile. Purtroppo in queste testine il sistema cantilever/stilo non può essere sostituito con un ricambio, l’unica strada è “ristilare” la testina, operazione che può fare solo un tecnico esperto e che è spesso costosa.
Moving Magnet: testina a magnete mobile, abbreviata con la sigla MM, anche se di solito viene considerata meno pregiata rispetto a una MC negli ultimi decenni sono stati fatti passi da gigante ed esistono testine MM di ottimo livello, in qualche caso in grado di rivaleggiare con le blasonate sorelle almeno in un range medio di spesa. Il loro costo è solitamente minore e in più hanno il sistema cantilever/stilo sostituibile una volta che il diamante è usurato.
N
Needle drop: “needle” (“ago”) è un termine utilizzato per indicare la testina, per la precisione il cantilever e lo stilo che si muove nei solchi. Il Needle Drop è un danno (solitamente graffi) causato sul disco quando inavvertitamente la testina ha un impatto brusco con la superficie del disco.
Più comunemente però con lo stesso termine si indica il processo di digitalizzazione di un disco in vinile, utilizzando un giradischi moderno provvisto di uscita USB o prelevando il segnale dal pre-phono o dall’amplificatore.
Nonfill: uno dei difetti che può capitare nella produzione di un disco in vinile. Se è udibile genera i cosiddetti “crackle”, scricchiolii sonori durante la riproduzione. Alcuni dischi sono più suscettibili ai difetti di produzione a seconda del materiale utilizzato e alle caratteristiche fisiche dei solchi.
O
Obi: una striscia cartacea che avvolge quasi sempre le cover dei dischi prodotti in Giappone. Le Obi sono molto apprezzate dai collezionisti e per questo addirittura riprodotte in replica (più o meno dichiaratamente…). Riportano solitamente ulteriori foto/immagini, più informazioni sul disco e sull’edizione e/o collana (ad esempio la serie di ristampe sul “Prog Rock Europeo” o sul Jazz o su un determinato artista o altro).
Off Center: quando il foro centrale del disco non è stato praticato esattamente al centro e quindi il disco non compie una rotazione perfetta, causando movimenti della testina che possono compromettere la corretta riproduzione sonora (solitamente si nota un ondeggiare sui lati del fonorivelatore e all’ascolto difetti di intonazione di strumenti e voci).
One Step: metodo di produzione che stanno utilizzando alcune etichette di alto livello (Mobile Fidelity, Impex) che pone il disco finale molto più vicino alla lacca d’incisione, saltando gli step di Father e Mother. Questo consente una stampa più dettagliata del vinile, unita all’uso di materiali e tecniche di prima scelta durante la produzione.
Outer Ring: un anello in metallo in cui vengono stretti i bordi esterni del disco. È stato progettato come il clamp per avere una maggiore stabilità e controllo delle microvibrazioni ed è assai utile per i dischi particolarmente ondulati, in modo che possano tornare piani durante la riproduzione. Attenzione, il ring viste dimensioni e peso non si adatta a tutti i giradischi e solitamente è un oggetto molto costoso, ben più che ricomprare il disco stesso (a meno che non si tratti di un’edizione da collezione di particolare rarità e pregio).
Overhang: valore dichiarato dal costruttore del giradischi (o del braccio in particolare) affinché la testina sia correttamente posizionata sullo Shell e quindi messa in dima. Disegna come una sorta di compasso l’arco che la testina compie sul disco.
P
Perno: l’elemento centrale cui è collegato il piatto del giradischi e che è il fulcro della sua rotazione
Piatto: indica fisicamente solo il piatto rotante del giradischi (e non il giradischi in toto!). Può essere realizzato in vari spessori e materiali, la sua stabilità e resistenza alle vibrazioni (esterne e del motore/trazione) è fondamentale per il buon suono.
Picture Disc: dischi in vinile che riportano un’immagine sul disco stesso. Ne parliamo in questo articolo.
Pistola antistatica: veniva utilizzata in passato per rimuovere l’elettricità statica dai dischi. Disponibile anche in tempi moderni, ma probabilmente non tra i metodi più semplici ed economici a disposizione.
Pitch control: si trova solitamente sui giradischi utilizzati dai Dj (il più famoso è il Technics SL-1200) e consente di regolare più finemente la velocità di rotazione del piatto (il suddetto Technics varia in un range +/- 8%) mantendo l’intonazione (pitch) costante. Serve soprattutto ai Dj quando vogliono sincronizzare perfettamente il mixaggio tra due brani/dischi utilizzando una coppia di giradischi. Si potrebbe anche pensare all’uso di questo controllo quando, tramite prova con disco stroboscopico (vedi voce del glossario), ci si accorga che il piatto non gira perfettamente a 33-1/3 o 45 giri, ma onestamente la casa madre del giradischi dovrebbe assicurare che in posizione flat del pitch control tutto funzioni al meglio, altrimenti c’è qualche problema…
Play Grade: disco le cui condizioni sono state valutate attraverso l’ascolto, il metodo più affidabile.
Plinto: il mobile che fa da base al giradischi. Può essere fatto in diversi materiali, a partire dal legno come in molti oggetti vintage (Thorens è un esempio classico) e moderni, oppure in metallo, in metacrilato e in altri materiali di particolare ingegnerizzazione, come ad esempio i Rega P8 e P10 che utilizzano una particolare struttura in poliuretano espanso ultraleggero Tancast 8 sviluppato per l’industria aerospaziale. In ogni caso, è bene che sia progettato (insieme ai piedini su cui poggia) in modo da impedire le vibrazioni, come sappiamo estremamente nocive per la qualità sonora.
Polybag: in Italia difficilmente le sentirete chiamare così, più semplicemente sono le buste trasparenti esterne. Hanno lo scopo di proteggere i dischi dalla polvere e possono avere uno dei lati aperto oppure essere in stile “busta chiusa” con uno dei lati che si serra con una strip adesiva.
Pop-Up cover: copertina gatefold che al suo interno si comporta come i libri per bambini in cui ci sono figure di carta che si alzano e danno l’effetto a tre dimensioni. Esempio tipico: Stand Up dei Jethro Tull.
Pre-Phono: o ingresso Phono quando già integrato nell’amplificatore, si tratta dell’input che ha il compito di ricevere il segnale proveniente dalla testina, riequalizzarlo secondo gli standard RIAA ed elevarne il livello così da essere riprodotto attraverso amplificatore e diffusori. Deve essere appositamente regolato sulla tipologia di testina (MM o MC) e su alcuni valori corrispondenti al singolo modello di quest’ultima, quali carico resistivo (load) e volume di uscita (gain). Ai fini della qualità sonora, si tratta di una delle componenti più importanti del nostro impianto Hi-Fi dedicato al vinile.
Private Pressing: stampe non ufficiali, finanziate da un privato o da un fan club, il più delle volte non si conosce il Master utilizzato, spesso sono copie illegali.
Promo: disco inviato ai giornalisti a scopo promozionale, a volte confezionato in maniera più economica rispetto alle edizioni standard in commercio.
Puleggia: l’organo di trasmissione in asse col motore che conferisce movimento al piatto del giradischi (esclusi i giradischi a trazione diretta). Nei giradischi a cinghia, quest’ultima collega la puleggia al piatto o al cosidetto subplatter. Nei giradischi esclusivamente a puleggia, invece, il motore è in diretta connessione al piatto proprio tramite questa. Sono esistiti anche dei sistemi misti, anche se rari.
Punched cover: copertine che presentano una sorta di punzonatura, ovviamente non originariamente presente e che indicava che quelle copie erano destinate ai lavoratori del settore musicale e non vendibili.
Q
Quadraphonic: i dischi “quadrifonici” furono il risultato di una prima ricerca con l’obiettivo di oltrepassare i confini dello stereo, potremmo definirlo un primo esperimento di suono surround. Tuttavia fu un fallimento commerciale, non solo perché richiedeva un sistema adeguato con vari apparecchi (inclusa una testina ad hoc) e due altoparlanti aggiuntivi, ma anche perché le zone dei solchi in cui erano incisi i segnali per i canali aggiuntivi tendevano a deteriorarsi molto velocemente con l’uso.
Quiex (o Quiex II e Quiex SV-P): sigla che indica l’uso di un materiale vinilico “vergine” (cioé ex novo, non riciclato) ed inoltre di particolare formulazione, accuratamente controllato nella sua composizione, nella sua purezza e spesso “translucent”, cioé il nero del disco se guardato in controluce è lievemente trasparente. La formula è usata da diversi decenni, attualmente è scelta da alcune stampe di pregio come quelle della Classic Records.
R
Red Wax: vinili stampati in Giappone, di colore rosso, che garantivano maggiore durata nel tempo e minore rumore di fondo, molto ricercati da collezionisti e audiofili.
Remaster: nuova operazione di Mastering (vedi voce dedicata) di un disco, effettuata in occasione di una ristampa. In questi casi dovrebbe essere sempre noto a chi è stato affidato il lavoro e con quali mezzi analogici o digitali ha lavorato.
RIAA: sigla che deriva dalla Recording Industry Association of America ed è lo standard di equalizzazione nato tramite un accordo tra tutte le case discografiche per uniformare i sistemi di riproduzione. Prevede l’applicazione di una determinata curva di EQ sui dischi che viene rigenerata dagli apparecchi Hi Fi (ingressi phono). Alcuni tuttavia dubitano che la sua adozione sia stata istantanea per tutte le etichette, nonostante ciò che veniva scritto sui dischi, e credono che per alcuni anni alcune abbiano continuato ad usare le loro vecchie curve EQ. Ci sono in commercio dei Pre Phono che hanno la possibilità di scegliere differenti curve EQ oltre la RIAA, solitamente denominate con il nome di riferimento dell’etichetta discografica (ad es. “Decca” o “Columbia”).
Ristampa (reissue): tutte le edizioni del disco dopo la prima stampa.
RPM: “Revolutions per minute”, cioé i giri al minuto previsti per il disco, solitamente 33 e ⅓ giri o 45 giri, i 78 giri sono oramai in disuso da molti decenni.
Rumble: sono vibrazioni a bassa frequenza trasmesse dal giradischi alla testina, a volte dal motore/trazione altre volte da cause esterne (non corretto posizionamento e/o isolamento sul piano d’appoggio), e che quindi possono essere udibili in riproduzione. Il valore è espresso in negativo (e quindi più alto è meglio è, -60dB è meglio di -40dB). Quando diventa udibile (si percepisce di più utilizzando delle cuffie) è un costante rumore di sottofondo a bassa frequenza che è da molti interpretato a orecchio come la “testina che struscia nei solchi”, in realtà è però la testina che capta le vibrazioni trasmesse al piatto e quindi al disco.
Attenzione però che a volte il rumble può dipendere effettivamente dal disco stesso per difetti di produzione.
Run-Out (o Dead Wax): è l’area del disco tra la fine dei solchi dell’ultima canzone del lato e la label. Non è corretto dire che “non è inciso” perché contiene comunque il solco che trattiene la testina in circolo, evitando che vada a finire sulla label. Talvolta il solco è utilizzato in maniera simpatica per contenere una brevissima traccia audio che si sente in loop. Sul run-out vengono stampate o incise alcune importanti informazioni tra cui il matrix number.
S
Seam Split: difetto dei bordi della cover che sono in procinto di separarsi o lo sono già per una certa misura.
Scratches: segni sulla superficie del disco, che possono o non possono essere udibili a seconda della loro profondità e conformazione.
Scuff: difetti del disco, anch’essi segni superficiali come macchie o graffi, più o meno udibili.
Sealed (o Still in Shrink): cioé ancora sigillato… ma occhio alle truffe su dischi datati…
Shellac: materiale (gommalacca) che deriva dalle resine prodotte dalle femmine di cimice asiatica, usata in ambito di coloranti, smalti e vari altri utilizzi. Prima dell’avvento del vinile nel 1948, era questo il materiale con cui venivano prodotti i dischi (78 giri, 10″).
Shibata: vedi “Stilo”
Shrinkwrap: semplicemente il cellophane (o altro che chiude il disco da nuovo). Su questo di solito sono apposti adesivi di vario tipo che danno informazioni sul disco o sul tipo di stampa (e/o adesivi che alzano “l’hype” dell’acquirente con messaggi di vario tipo).
Signed: disco autografato. Tali dischi dovrebbero essere accompagnati da una certificazione di autenticità della/e firma/e o da precise testimonianze fotografiche.
Skip: difetto del disco che implica il salto della testina, in questo caso il disco è da evitare perché può nuocere allo stilo.
Soundsheet: vedi “Flexi-Disc”.
Source (from analog/digital): indica la fonte da cui è stata tratta la registrazione, ma attenzione, da sola non basta ad indicare una natura 100% analogica perché molti dischi sono “sourced from analog tapes” ma l’ultimo passo di mastering è comunque compiuto in digitale (il che non è per forza un male, ma bisogna comunque non farsi ingannare dalle diciture).
Spazzola anti-statica: sia per il disco che per lo stilo della testina, ne abbiamo dato una dimostrazione approfondita in questo articolo.
Spindle Mark: un segno sulla label causato da un disattento posizionamento del disco sul piatto del giradischi e conseguente urto/sfregamento dell’etichetta sul perno.
Spine: la “costola/costa” della cover del disco, quella sottile striscia laterale su cui solitamente vengono riportati titolo, autore, nome dell’etichetta discografica e numero di catalogo.
(to) Spin/Spinning: termine informale con cui gli appassionati di dischi di lingua anglosassone indicano l’atto di ascolto del vinile. L’espressione ad esempio “I’m spinning a jazz record/lp” si può tradurre tranquillamente con “Sto ascoltando un disco jazz“.
SRA: Stylus Range Angle, parametro che consentirebbe il vero allineamento della testina e dello stilo come esattamente parallelo all’angolo di incisione con cui è stata prodotta la lacca del disco. Ma a partire dal fatto che servirebbe un microscopio costoso per regolarlo, bisognerebbe anche sapere l’esatto grado dell’angolo con il quale è avvenuto il cutting. Non è il caso di arrivare a certe complicazioni per ascoltare musica.
Stain: macchia presente su cover, innersleeve o label.
Stamper: il disco metallico che viene usato sulla macchina per la stampa dei dischi in vinile (vedi “Biscuit”), gli stamper hanno sulla faccia l’esatto inverso dei solchi.
Stamper Number: un numero inciso o stampato sul Run-Out che indica la serie di Stamper usata per quella particolare stampa del disco. Non sempre questa indicazione è presente.
Step Up: alternativa al pre phono per elevare il segnale delle testine MC a bassa uscita, di solito erano prodotti insieme a un modello specifico di testina come suo naturale complemento. Per quanto in alcuni casi ci siano ancora oggi degli ottimi abbinamenti, bisogna stare attenti poiché l’uso non ponderato di uno step up può limitare le prestazioni della testina. Tranne infatti casi specifici, oggi si preferisce usare i più versatili e ben suonanti pre-phono. Al contrario, una scelta e un uso molto esperto di uno step up potrebbe rivelare ottime sorprese, ma si tratta di conoscere vita, morte e miracoli di una testina.
Stereo: registrazioni avvenute con tecnica stereo, quella fantastica “illusione” davanti alla quale il nostro cervello, grazie anche alla diafonia, ricostruisce un panorama di suoni assai più ampio e sofisticato rispetto al più centrale e compatto ascolto mono.
Stereo Orthophonic: vedi “Dynagroove”.
Sticker on: presenza di un adesivo che non fa parte della natura originaria del disco.
Stilo: detto anche diamante, è la parte finale della testina, la piccola punta che entra nei solchi del disco. Può esser realizzata in vari materiali e in varie forme (il termine preciso è “taglio”), da cui derivano anche differenti capacità di riproduzione fin nei minimi dettagli musicali. Per dare una differenziazione i massima, si può dire che gli stili di tipo conico/sferico/elittico/iperelittico, nell’ordine in cui li abbiamo elencati, aumentano il dettaglio della riproduzione e la capacità di tracciamento senza distorsioni, e il loro suono rimane comunque ricco, equilibrato, di stampo “classico” e quindi più “di sostanza” che di microdettaglio; gli stili di tipo “linea”, come gli Shibata e i Microlinear, scendono in maggiore profondità nel solco e hanno una maggiore superficie di contatto, pertanto hanno ancora più dettaglio, maggiore capacità di tracciamento fino agli ultimi solchi e tirano fuori ancor più alte frequenze (il che è un bene ma non a tutti può piacere come tipologia di ascolto, soprattutto con dischi dal suono già brillante di per sé).
Stitching: altro difetto del disco, non per forza udibile, ma visibile come linee perpendicolari ai solchi, a volte veri e propri graffi. Quando è udibile, causa suoni piuttosto netti al passaggio della testina (vedi “Click”).
Stock Mark: “fossetta”, sono difetti visivi, ma non è detto che causino problemi di suono. Alcuni possono causare un rumore simile a un battito cardiaco quando lo stilo vi passa sopra.
Strobo: vedi “disco stroboscopico”
Subplatter: letteralmente “sottopiatto”, in alcuni giradischi a cinghia (tipico esempio i Rega) indica il disco in plastica o metallo di dimensioni minori su cui poggia il piatto vero e proprio. Il subplatter ha il perno al centro e fornisce la rotazione, mosso dalla cinghia che lo collega alla puleggia del motore (a differenza dei giradischi a cinghia in cui invece non c’è subplatter ed è il piatto ad essere avvolto direttamente dalla cinghia).
Super Vinile: introdotto dalla JVC per garantire una maggiore resistenza dei dischi quadrifonici (vedi “Quadraphonic”), garantiva più durata nel tempo e minor rumore di fondo. La produzione non esiste più, anche se, soprattutto in Giappone, si è continuato a sperimentare materiali ad alta resistenza e low noise (vedi anche “Red Wax” e “UHQR”).
Surface Noise: rumore di fondo, causato da polvere, elettricità statica, difetti oppure dalla natura stessa del materiale con cui è fatto il vinile, in tal caso non eccelsa. L’abbattimento del rumore di fondo è un passo importante verso il buon suono, poichè stacca tridimensionalmente l’immagine sonora dal fondo (si parla anche di nero infrastrumentale), seppure la perfezione assoluta sul disco in vinile è irraggiungibile.
T
Tape on: unito all’indicazione precisa sul dove è posto, indica l’uso di nastro adesivo di varia tipologia per rattoppare qualche danno alla cover, inner o label.
Tear: “lacrima”, indica una piccola lacerazione sul cartone della cover o sulla label, spesso sono le tracce della disattenta rimozione di un adesivo (in questo articolo consigliamo un interessante metodo alternativo).
Telaio giradischi: laddove poggiano piatto e braccio, può essere rigido o sospeso su molle (flottante) ed è una scelta del costruttore in cui non entriamo qui tecnicamente, né una va considerata migliore dell’altra a prescindere, ance se senza dubbio ha una certa influenza sul suono finale (senza prendere il tutto come “bianco o nero”, si può dire: rigido solitamente più neutro, con frequenze basse veloci e nette, flottante più dolce e “vinilico” per così dire, con frequenze basse più lunghe e avvolgenti).
In caso di telaio rigido consigliamo di non poggiare il giradischi su mobili/mensole/tavolini (o altro) leggeri che possono trasmettere facilmente le vibrazioni, soprattutto se ci piace ascoltare la musica ad alto volume.
Test Pressing: sono le prime vere e proprie stampe in vinile (non commercializzate), che vengono usate per valutare la qualità della produzione e del suono. Hanno label centrali solitamente lasciate in bianco, a volte con campi di testo riempiti a mano o stampati.
Testina: per la precisione “fonorivelatore”, è l’elemento principale, insieme a braccio, giradischi e pre-phono, per la traduzione del suono dal disco al nostro orecchio. La scelta della testina è molto importante per ottenere il meglio dalla riproduzione sonora e può essere anche dettata dal gusto oltre che dalla qualità.
Textured Cover: copertina in cui è stata utilizzata un particolare tipo di carta ruvida la cui struttura è visibile a occhio nudo, ad esempio alcune edizioni di Fireball dei Deep Purple, di Aria di Alan Sorrenti e molti altri dischi.
Track Band: sono le interruzioni tra le tracce delle canzoni sulle facciate del disco.
Transfer: l’operazione con cui la registrazione (master) viene trasferita su vinile.
Trazione a cinghia/Trazione diretta: vedi “Belt Drive” e “Direct Drive”.
Trifold (jacket): copertina del vinile che si apre in tre parti, di solito utilizzata per ospitare 2 o anche 3 dischi e magari un libretto e altri inserti/gadget, una cover quindi decisamente più articolata e spesso figlia di un progetto grafico ben premeditato.
U
UHQR: Ultra High Quality Record, un tipo di disco sviluppato dalla JVC in Giappone nei primi anni ’80 che si distingue per il suo peso di 200 grammi e per il suo insolito profilo “piatto” in quanto il disco ha uno spessore uniforme su tutta la sua superficie, a differenza della maggior parte dei dischi che invece sono più spessi al centro che ai bordi.
Negli ultimi anni è il metodo utilizzato dalla Analogue Productions per la stampa di alcune riedizioni di altissimo livello.
Ultra Disc One Step: vedi “One Step”.
Ultrasonic Cleaner: sono le cosiddette macchine ad ultrasuoni per la pulizia dei dischi, si consiglia questo articolo di approfondimento.
Unofficial: stampa non ufficiale, per lo più si tratta di edizioni illegali.
V
Vacuum Cleaner: sono le cosiddette macchine ad aspirazione per la pulizia dei dischi, si consiglia questo articolo di approfondimento.
Vinile: è a tutti gli effetti un materiale plastico, per la precisione PVC (PoliVinilCloruro). Viene poi trattato in maniera specifica per la produzione dei dischi.
Vinyl Junkie: termine che identifica un vero e proprio “maniaco del vinile”, molto più che un semplice appassionato.
Virgin Vinyl: vinile “vergine”, significa che il materiale usato non deriva dal riuso di vecchio vinile riciclato.
Visual Grade: disco le cui condizioni sono state valutate solo attraverso l’esame visivo, non molto affidabile come metodo se non per graffi o altri danni e/o imperfezioni molto visibili a occhio nudo.
VTF: Vertical Tracking Force, la forza di lettura (misurata in grammi e decimi di grammo) da impostare sulla testina attraverso il contrappeso posteriore del braccio del giradischi. Il valore viene indicato dal costruttore della testina. Per verificarlo si consiglia caldamente l’uso di una bilancina elettronica di precisione.
VTA: Vertical Tracking Angle, la regolazione dell’altezza del braccio, che in condizioni ottimali deve trovarsi esattamente parallelo al disco quando la testina è in fase di riproduzione. Non tutti i giradischi però ne consentono la regolazione (raramente sugli entry level).
W
Warped: un disco deformato per varie cause (calore, cattivo stoccaggio, ecc.). Si usa il prefisso “slight” quando la deformazione è leggera.
Wearing/Wear out/Worn out: usura nel tempo del vinile. Esiste, non c’è dubbio, ma per cause molto variabili. Non c’è luogo comune più grande nel mondo del vinile di questa frase: “ogni volta che suoni un vinile si degrada un po’ e non sarà mai come la prima volta“. Facendo piazza pulita delle varianti in cui magari (tutto da verificare comunque) il materiale usato non è di buona qualità e resistenza, questa frase resta un tecnicismo molto teorico e poco pratico. Per quanto si stia parlando di un mezzo meccanico che genera attrito, se il vostro giradischi e la vostra testina sono ben settati state tranquilli che potrete ascoltare lo stesso disco per decenni (parliamo di forze che generalmente stanno tra 1.5 e 2 grammi appena, non di un tornio!). Ogni vero appassionato di vinile ha dischi in casa con 40/50 anni sulle spalle, che suonano ancora bene. Discorso diverso quando si incappa in utilizzatori maldestri, persone che non settano bene i giradischi e che in tanti anni i dischi non li hanno puliti neanche una volta e/o mal conservati. Chiaramente, è pur sempre un “pezzo di plastica”, ma è bene chiedersi quanti “pezzi di plastica” con 50 anni di uso sulle spalle abbiamo in casa, che siano ancora integri e funzionanti. Comunque sia, chi racconta che dopo 10 o 20 ascolti “il vinile si è già usurato” sta spargendo un’inutile cultura del terrore che non ha senso di esistere.
WOBC/WOB/WOC/WOFC/WOF/WOL: vari acronimi per indicare scritte su cover, label o innersleeve (writing on cover, writing on back, writing on front, ecc.).
Wow & Flutter: senza scendere in spiegazioni troppo tecniche, sono due espressioni che indicano la precisione della rotazione del piatto, con la misura dei difetti che poi si ripercuotono in fase di lettura sulla testina e quindi sul suono. Più basso è questo valore, meglio è.
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