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Intervista esclusiva al batterista dei Creedence Clearwater Revival

Magic Window, il da poco uscito nuovo disco del batterista dei Creedence Clearwater Revival, una registrazione scoperta sepolta in garage, datata 1985!

Non oso immaginare quanti nastri dei nostri miti esistano al mondo ammucchiati in scaffali a deteriorarsi… Si dovrebbe davvero istituire una task-force (un termine che ultimamente va alla grande) di “archeologi musicali”. Degli Indiana Jones alla ricerca dei lost tapes, così da innaffiare il mondo di suoni che altrimenti sarebbero stati per sempre imprigionati nei nastri come genii nelle lampade…
È sconfortante lo so, ma ho un farmaco per il vostro umore, le tracce riscoperte e ripulite di Doug Clifford… per noi tutti Cosmo.

Tale nomignolo gli fu afibbiato da un hippie in una festa ‘Toga’ durante gli anni del college. Il suo secondo nome inizia per C e quindi qualcuno gli chiese a che nome si riferisse la lettera abbreviata, quando l’hippie si intromise dicendo “Cosmo, perché lui è cosmico“… e da lì i Creedence Clearwater Revival arrivarono ad usarlo come nome del loro studio ‘casalingo’ e anche come titolo di un album storico, che tra l’altro quest’anno compierà 50 anni! Auguri Cosmo’s Factory!

Cosmo's Factory

Era il 1985, il Rock cambiava muta come un serpente. Doug era nella sua tenuta sul lago Tahoe nel Nevada con il suo piano, rilassato, fra passeggiate e introspezione confezionava in un ampio lasso di tempo dei demo su cui poi lavorerà invitando degli amici musicisti.
Grazie al suo studio analogico con una buona console ha potuto creare un prodotto di qualità, lontano dagli studios trafficati di personaggi, che molte delle volte destabilizzano la creatività degli artisti.
La sua voce l’ha cantata poi sul mix finale delle tracce, non mentre suonava, ci tiene a dirlo. Ha voluto così proprio per dare maggior qualità al cantato.

L’album è stato prodotto assieme a Russell DaShiell, il suo chitarrista nell’album. A mixarlo il celebre George Horn che ha messo le mani sui prodotti di mezza America. L’elenco degli artisti con cui ha lavorato sarebbe davvero lungo. 

L’album è un buon prodotto anche se pecca di non essere stato stampato, almeno per il momento, su vinile e neanche su CD. È malinconicamente reperibile solo in formato digitale.
Certi album dal suono americano dovrebbero avere la loro dimensione ideale su almeno 180g di polimero nero. Ma chissà in futuro.

Il suono è ovviamente più moderno dei suoi tempi con i Creedence e del suo album solista di debutto, Cosmo del 1972. Sarà il tempo che è passato, i nuovi stili musicali che influenzano gli artisti, sarà quel suono elettronico dei tom Simmons a dargli lo spessore che ha, ma il messaggio cantautorale è quello millenario, uno solo, l’amore, il trait d’union di tutti i testi.

Sulla musicalità dell’album si è espresso dicendo di essere cresciuto negli anni in cui lo stesso Rock si stava evolvendo quindi non pensa ad un genere specifico quando scrive, pensa al groove e da esso sono nate le canzoni, ma basta chiacchiere, ascoltatelo se vi incuriosisce.

Ciao Doug, quando ho saputo del tuo disco, Magic Window, pubblicato in aprile, sono quasi caduto dalla sedia. E per la verità, sapere che che si tratta di un lavoro che registrasti negli anni ottanta mi ha elettrizzato ancora di più. Il motivo è che non sempre mi piace il suono odierno. Mi spiego meglio. Ai tempi vi era una concezione di suono in cui si era, costretti ovviamente, a registrare con nastri e sudore, con l’indispensabile dose di pazienza. Registrare un album oggi è più semplice diciamoci la verità. Manca quasi il ‘menpower’… non mi dilungo sennò qualcuno potrebbe arrabbiarsi. Cosa pensi dell’arte della musica odierna?

Penso che nei tempi passati l’arte era reputata più che sacra.

Comunque l’album l’ho sentito e risentito, c’è tanto uomo dietro quei suoni, c’è anche rilassatezza, certi pezzi sono serafici, trasmettono pace e tranquillità, altri danno carica, ma dimmi, come si può dimenticare nastri di tale qualità in un garage? Siamo proprio fortunati che tu li abbia riscoperti e divulgati…

È la vita. È che mi è stato rifiutato un contratto discografico, mi era stato detto che sarebbe stato sottoscritto ma il tipo che stava per firmarlo finì in riabilitazione e il progetto cadde. Sono stato coinvolto in altre cose, doveri civici, altri progetti musicali, Clifford Wright con Steve Wright, ragazzi, eccetera, la vita in generale.

Doug Clifford

Ovviamente ha influito l’ambiente in cui vivevi in quel periodo, non è vero?

C’erano molte altre “finestre magiche”, alcune fisiche, alcune metaforiche.

Chi sono i musicisti che suonano con te?

Russell DaShiell fu il chitarrista e co-produttore, Rob Polomsky suonò parti di chitarra e Chris Solberg (Santana, Chris Isaak – NdA) il basso.

Le canzoni sono davvero ben missate e composte, sei un songwriter a tutti gli effetti. Come ti vedi in questo ruolo?

È qualcosa che ho fatto in sordina durante gli anni…

La tua voce è davvero accattivante. Come la gestisci?

Ho praticato molto duramente perché ho realizzato dopo il mio primo album solista (Cosmo, 1972) che avevo bisogno di lavorare di più sulla mia voce e l’ho fatto.

Quando cantasti quei versi a cosa pensavi?

Ho pensato all’essenza di ogni canzone, cantandoci in relazione ad essa.

Su che formato hai pubblicato l’album?

È un’edizione solo digitale, si può sentire in rete attraverso gli streaming musicali o acquistarlo sui siti musicali.

“Born on the South Side” ha qualcosa di autobiografico o sbaglio?

Si e no… Non è esattamente una storia autobiografica ma ci sono alcune similitudini inserite intenzionalmente.

Nel complesso il disco è un’ode all’amore, dico bene? È un insieme di canzoni che descrivono momenti dallo struggente al passionale, alle questioni che per millenni affliggono l’umano ossia essere amati, sentirsi amati, amare e amare nuovamente.

Si, ma è sull’amore trovato e perso e tutte le cose che vanno e vengono con l’amore in generale.

C’è anche una buona dose di Drum Pads nel disco… che tipo di attrezzatura usasti?

Si, usai dei Tom-Tom della Simmons.

Doug Clifford - Magic Window

Suonasti la tua Camco nel disco? 

Suonai la Camco nel disco, ma ora la batteria risiede nel MIM, il Musical Instrument Museum di Phoenix in Arizona. 

Hai usato anche altre batterie nei tuoi anni con i Creedence per registrare i vostri meravigliosi album?

Si, la Camco non c’è fino all’album Green River, nei primi due album ho suonato una Ludwig.

Ma sbaglio o hai ancora diversi prodotti archiviati e non ancora pubblicati?

In effetti ho altri lavori nel cesto che includono Bobby Whitlock, Steve Wright della Greg Kihn’s Band, Joe Satriani e Greg Douglas (Steve Miller Band, John Fogerty e altri – NdA).

Passiamo ora a qualche aspetto sulle canzoni del periodo Creedence. Parlando con il mio amico Sergio Ponti, uno dei migliori trascrittori di musica, impegnato a trascrivere tracce batteristiche anche complesse, è scaturita una curiosità. Te la chiedo diretta e di pancia, per il drumming di ‘Long As I Can See The Light’ ti sei lasciato anche influenzare da Ringo Star?

Non proprio, Sono stato influenzato dalla forza della canzone e ho usato il mio hi-hat nella posizione aperta, specialmente nel fade-out, creando forza.

Quale delle canzoni Creedence senti più tua, nel senso, quali canzoni sono partite dal tuo beat? 

Tutte, ma la mia preferita è “Born On The Bayou”.

Faresti di nuovo un bel concertone con John e Stu? 

John è felice a suonare con i suoi bambini, io felice a suonare con Stu, ma c’è un tempo per cui tutto segua il suo corso…

Ci vuoi raccontare della tua Cosmo’s Factory… vorremmo un po’ tutti essere stati li, accovacciati in un angolo mentre voi sviluppavate i vostri inni.

Il mio album preferito per un ‘pezzo di cappello’ è Cosmo’s Factory ma il mio secondo preferito è Bayou Country. Cosmos Factory non è stato tanto lontano da quando suonammo cinque set per notte, sei volte alla settimana…

Grazie di nuovo Doug e tanta felicità a te, in un periodo nefasto per la storia del vostro paese.

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