Mai come in questi mesi la frase Fight For Your Mind, che è anche il titolo di uno dei più bei dischi di Harper, ha un significato profondo. Nel 2020, ancora ci scontriamo con tematiche quale l’oppressione, la povertà, il razzismo, il “divide et impera” e molto altro.
E, soprattutto in certi Paesi, l’insorgere di epidemie o altri mali planetari non fa altro che far esplodere il coperchio di un pentola già bollente.
Oggi parliamo di un album che all’interno della discografia di Ben Harper rappresenta moltissimo, perché è il suo ultimo da solista prima degli Innocent Criminals e racchiude, energicamente, la componente primigenia di questo grande artista, la sua anima più intima e acustica, spirituale.
Disco che segue il già straordinario Welcome to the Cruel World (fatevi un favore, ascoltatelo!) e che ebbe modo di confermare l’ascesa da parte di uno dei più grandi songwriter americani di sempre.
Si tratta di un’opera d’arte a tutto tondo, non solo dal punto di vista musicale. La copertina è una delle più belle ed evocative del secolo scorso a mio parere, con quell’effetto traslucido quasi tridimensionale, la rappresentazione del fuoco che arde dentro la musica dell’autore di origine statunitense, ma in fondo cittadino del mondo.
È un’opera a tutto tondo, dicevo, anche perché gravitano intorno ad essa svariati musicisti, tecnici e artisti di varia natura, dalla fotografia, appunto, al mondo degli studi di registrazione. Gli strumenti vanno dai classici a quelli più esotici, con percussioni, tabla, tambura, sarod, tamburello basco, ecc.
Ma non ne esce un disco complesso, pomposo o “alternativo”. Ne esce un’opera melodica, intima, delicata, spirituale come già detto, da luci soffuse.
Che è poi la potenza di Harper, saper essere delicatissimo sugli album ma, con gli stessi brani, diventare una vera e propria tempesta nei live.
Buon ascolto!
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