Il maiuscolo nel titolo è voluto: nella musica, come nella vita, ci sono lezioni e Lezioni; e se ve ne sono tante, tantissime delle prime, le seconde sono, per forza di cose, un po’ meno frequenti.
Didattica, musica, vita: sono concetti che si intersecano di continuo in “Databass“, il metodo di Massimo Moriconi pubblicato da Volontè & Co. che ho il piacere di raccontare in questo articolo nella mia appagata prospettiva di bassista e di musicista appassionato.
Già, perchè se il manuale nasce indirizzato ai fruitori delle corde grosse (bassisti o contrabbassisti che siano), ne deriva a ogni modo un punto di vista che spesso allarga gli orizzonti ben oltre quelli dello strumento di riferimento e che ne fa quindi materiale di utilissimo spunto anche per chi nella vita suona altro.
La prospettiva del bassista e quella del musicista, entrambe angolazioni nelle quali Moriconi può vantare esperienze con pochi pari, si scambiano il timone costantemente durante quella che non esito a definire narrazione, perchè questo è un metodo che insegna nel migliore dei modi: intrattenendo tra una lezione e l’altra.
Premessa necessaria: per approcciare questo manuale nella sua componente tecnica è fondamentale avere delle basi di teoria e pratica musicale. In primis la lettura, con un consistente spazio del volume dedicato all’analisi di 11 spartiti professionali selezionati dalle situazioni e dai generi musicali più disparati.
Non è assolutamente casuale questa varietà di riferimenti, perchè l’intento di Massimo in questo segmento didattico è quello di insegnare a rapportarci con l’elevato numero di variabili interpretative che anche solo il contesto di contorno può generare tra le righe di uno spartito: ci si va quindi a misurare con brani Pop, sigle televisive, composizioni Jazz di differenti sfaccettature, parti per basso coi tasti, fretless, contrabbasso e via proseguendo.
Qual è l’obiettivo di questo sforzo? Il più fondamentale, ma forse il più frequentemente trascurato da chi coltiva ambizioni professionali nella musica: quello di sviluppare la maggior facilità e rapidità possibile nella comprensione di una parte scritta, aspetto che continua a rappresentare una delle qualità più apprezzate nella categoria del turnista, a prescindere dal genere nel quale si va a lavorare.
Niente paura: non ci si annoia mai neanche lontanamente in questo approfondimento, perchè ciascuno spartito porta con sè una storia personale, che Moriconi racconta con il consueto, godibile spirito ironico dal quale traspare costantemente uno sconfinato amore per l’elemento musicale, anche quando è legato a vissuti di fatica e complessità.
Ho trovato di grandissimo interesse la sezione dedicata all’insegnare, uno dei momenti iniziali del metodo, all’interno della quale Massimo si rivolge tanto ai docenti quanto a chi li cerca (e a volte a chi li gestisce in ambiti didattici più articolati). In questo capitolo convergono alla perfezione l’elemento pratico e quello umano: se da un lato si rimarca infatti la cura che un insegnante deve applicare nello strutturare un percorso didattico su tappe tecniche chiare e funzionali, dall’altro si ribadisce frequentemente come il rapporto insegnante/allievo debba passare per un aperto confronto sotto ciascuno dei punti di interesse didattico, e auspicabilmente attraverso l’attivazione di un legame di fiducia reciproca che sostenga il buon esito del viaggio comune.
Massimo Moriconi, il cui contributo didattico ultra-decennale è ben riconosciuto anche al di là dell’ambito strumentale, sa alla perfezione che un buon musicista non è necessariamente un buon insegnante e per questo non esita a parlare di scelta e selezione del docente calandosi anche nel punto di vista dell’aspirante allievo o dell’istituzione didattica.
Dicevamo più su della necessità di affrontare “Databass” avendo già consolidato alcune basi fondamentali della conoscenza musicale: verranno indispensabili nella parte del manuale dedicata al rapporto tra Armonia e Melodia, un approfondimento che prende spunto da quel fondamentale (e a volte trattato con superficialità) elemento rappresentato dalle Triadi, per poi allargare il campo di applicazione analizzando alcune scale caratteristiche.
Tutto questo senza mai dare per scontato l’aspetto ritmico: il groove è ovunque, mai sottinteso nè tantomeno ignorato, a prescindere dal tipo di elemento in analisi.
Altra menzione specifica va fatta al consistente approfondimento del Blues, nel quale si spazia dalle più semplici forme a tre accordi a quelle più elaborate mutuate nei mondi Jazz, Fusion e Rock; anche qui, come in tutti i momenti tecnici del metodo, i contenuti multimediali a disposizione rappresentano un supporto fondamentale al materiale descritto nelle pagine e offrono davvero spunti per un lavoro lungo e accurato.
Uno degli aspetti che mi ha maggiormente colpito di questo manuale è il suo sviluppo non lineare in senso canonico. L’abitudine a metodi didatticamente progressivi fa accogliere con piacevole stupore un volume nel quale si scivola con disarmante facilità dalla Scala Locria all’aneddoto sui turni in studio, dal Blues Parkeriano alla riflessione su aspettative ed emotività, dalla partitura per Big Band ai pensieri di amici addetti ai lavori della musica sul ruolo del bassista e su Moriconi stesso.
L’elemento umano è onnipresente quanto quello ritmico, le pagine sembrano quasi trasudare vita musicale vissuta sempre con un coinvolgimento emozionale invidiabile, soprattutto se lo rapportiamo come in questo caso a un livello di efficienza professionale dei più elevati.
Emblematica, tra i tanti pensieri riportati nel suddetto capitolo “Dicono di noi”, è una frase della testimonianza dell’inarrivabile Mina (alla cui discografia Moriconi ha dato un sostanzioso contributo quantitativo e qualitativo) riferita allo stesso Massimo: “Esagerato e trattenuto, divinamente volgare e nobilissimo“.
La frase che accompagna il titolo del manuale sulla copertina recita: “Metodo di basso per suonare, ascoltare e relazionarsi con gli altri musicisti“. Una definizione assolutamente calzante con tutto ciò che “Databass” racchiude, vale a dire una serie di strumenti fondamentali, e soprattutto diversificati, per partecipare felicemente come bassista a quella meravigliosa condivisione collettiva che è la Musica.
Arte nella quale, possiamo dirlo senza tema di smentita, Massimo Moriconi è un vero Maestro.
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