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Claude Debussy, Parigi 1900

Questo percorso riprende dal nome del compositore francese Claude Debussy. Nato nel 1862 da una famiglia di piccoli commercianti, è stato definito il primo “novecentesco” ed in queste righe cercheremo di capirne i motivi. In precedenza si è visto come dall’arrivo del Tristan il mondo musicale sia lentamente mut

Questo percorso riprende dal nome del compositore francese Claude Debussy. Nato nel 1862 da una famiglia di piccoli commercianti, è stato definito il primo “novecentesco” ed in queste righe cercheremo di capirne i motivi. In precedenza si è visto come dall’arrivo del Tristan il mondo musicale sia lentamente mutato verso qualcosa di nuovo, inizialmente con gli episodici esperimenti dei tardo-romantici Strauss, Mahler e Puccini, per continuare poi nel lavoro dei successori. Tra questi musicisti che operarono sul finire del XIX Secolo, spicca per il chiarore e la luminosità del proprio astro Claude Debussy.

Il posto d’onore che Debussy detiene nella storia della musica è frutto di una complessa operazione culturale. Claude Debussy appartiene a quella generazione d’artisti pronti a vivere in prima persona il sentimento “decadente” e bohémien, del quale la Parigi d’inizio Novecento si fece luogo custode ed emblema. La Parigi di Debussy è quella de la Belle Époque, luogo in cui andrà man mano disgregandosi, nel proliferare di nuove sperimentazioni, il concetto d’armonia, aprendo al dilagare dell’atonalità.

Claude Debussy, Parigi 1900

Per iniziare al meglio la scoperta di questo compositore e comprendere bene ciò che si dirà di seguito, è importante prendere come base di partenza l’avversione verso regole rigide e verso le imposizioni accademiche che distinguerà Claude fin dalla gioventù. Con questo particolare ben saldo in mente, anche Parigi, luogo d’attività del compositore, diviene ambiente carico di significato.
L’attività musicale del giovane Debussy fu pesantemente segnata dal clima letterario decadente e simbolista, è inevitabile segnalare come l’intero sistema delle arti sia arrivato, in diversi modi, ad influenzare l’attività di compositore. Vero è che fra tutte le forme d’arte furono senza dubbio la letteratura e la pittura a incidere maggiormente.

Claude Debussy frequentò, i famosi “martedì” di casa Mallarmé, primo dei letterati ad essere d’ispirazione al movimento simbolista insieme a Baudelaire, grande passione di Claude. Debussy strinse amicizia con l’editore Edmond Bailly e ne frequentò la libreria, fu grande amico di Pierre Louÿs, autore di “Aphrodyte”, entrò in contatto con André Gide (Nouvelle Revue Française) e anche con Oscar Wilde.
Con Mallarmé l’amico Huysmans (Sac au dos), era solito frequentare i luoghi deputati alla bohème parigina, fra tutti il più celebre fu sicuramente lo Chat noir, dove da giovane Debussy si guadagnò da vivere come pianista. 

Claude Debussy, Parigi 1900

Il compositore francese fu in tutto e per tutto figlio del suo tempo: decadente e post-romantico. Detestava l’arte grossolana, disprezzava quella di facile effetto e basso divertimento, partecipando così a quell’isolamento artistico tipico di letterati e pittori del decadentismo. Ecco facilmente spiegato il motivo per cui fino ai primi anni del ‘900, Debussy fu estraneo a qualsiasi istituzione musicale trovandosi spesso in gravi difficoltà economiche.

Nell’esperienza musicale, come per tutti, anche per Debussy il punto di partenza fu Wagner. Ancora Wagner e di questo non ci si spaventi, molte altre volte tornerà in questo viaggio il nome del compositore del Tristan. Richard Wagner fu per Debussy il brivido supremo. Claude frequentò i salotti dove fu fondata la Società Richard Wagner in Francia e seguì la pubblicazione della Revue wagnérienne. Studiò ovviamente il Tristan e partecipò alla prima messa in scena del Lohengrin, arricchendo l’immersione nell’esperienza wagneriana con diversi viaggi a Bayreuth.

Il teatro wagneriano divenne meta di pellegrinaggio spirituale e fisico per Debussy che, malgrado l’ammirazione per l’opera del tedesco, non riuscì mai a zittire il diavolo secessionista che abitava la sua mente. Debussy si confrontò sempre con l’esperienza wagneriana in atteggiamento critico, condizione che potremo riscontrare in molti altri musicisti della stessa generazione. Contemporaneamente, mentre il suo personalissimo stile andava mettendosi in evidenza, il francese si distaccò sempre più da Wagner.
Ammirava di Wagner l’estetica, il ruolo supremo e religioso della musica nel sondaggio del mistero umano, ciò che Claude non riuscì mai a digerire del maestro, fu l’innegabile necessità germanica d’insistere ostinatamente sullo stesso concetto (musicale ma anche intellettuale).

Debussy si distaccò quindi dalla ripetizione come necessità di reiterare e soprattutto di farsi capire, puntò a un’arte fatta di accenni e misteriose analogie, perché partorita dal presupposto di un’arte che non deve necessariamente comunicare tutto. Debussy alla via germanica preferì la nebbia dell’indeterminazione, lasciando all’immaginazione e al sentimento dell’ascoltatore la libertà di definire.

La musica comincia là dove la parola è impotente ad esprimere, la musica è scritta per l’inesprimibile, vorrei che essa sembrasse uscire dall’ombra e che, qualche istante dopo, vi ritornasse; che sempre fosse persona discreta“: parole dello stesso Debussy. Claude pose quindi fine al flusso discorsivo continuo tipico del Tristan, e dell’opera wagneriana in generale, per lasciar spazio a una forma drammaturgica “circolare” fatta di accostamenti e frammenti. Debussy lavorò fin da giovane su di un linguaggio musicale che potesse farsi portatore di un così complesso ideale.

Claude Debussy, Parigi 1900

La ricerca pose come proprio obiettivo un linguaggio musicale puro e autentico, si concentrò sul rielaborare l’utilizzo dei valori melodici, armonici e degli schemi ritmici. Debussy accentuò il lavoro sul timbro, sull’uso della dinamica (spesso sull’annullamento dei tempi forti) e sull’importanza dell’istintualità del suono, proseguendo alla ricerca di suoni piacevolmente combinabili invece che grammaticalmente corretti.
L’operato di Claude portò al progressivo ampliamento dei sistemi di scale musicali di riferimento, riducendo quello tonale, fino ad allora regola imperante, ad uno solo dei tanti possibili.

Nell’esperienza e ricerca musicale del compositore francese, oltre alla letteratura, fu di grande importanza l’Exposition Universelle che si tenne a Parigi nel 1889. Durante l’Exposition Debussy, come tutti i presenti, venne in contatto con la cultura musicale di paesi diversi, l’evento importò suoni e visioni esotiche da tutto il mondo. Fu proprio qui che Gauguin scoprì la semplicità tropicale che l’avrebbe portato poi a vivere a Tahiti. Claude rimase affascinato dalle musiche spagnole e russe, fu colpito dalle sonorità dei gong di un gruppo teatrale vietnamita, ma soprattutto dalle particolarità di un ensemble di gamelan di Java dall’atmosfera ipnotica e dalle scale essenziali di sole cinque note.

Debussy ne rimase tanto entusiasta da dire che la musica del gamelan conteneva tutte le sfumature, anche quelle cui non sappiamo più assegnare un nome, di modo che la tonica e la dominante non divenivano niente più che vuoti fantasmi, la cui unica utilità risiede nell’ammaestrare i bambini.

È facile capire il perché Debussy sia rimasto tanto ammaliato dai suoni dell’Exposition Universelle. Un animo così poco incline al seguire il sistema, ancora radicato sul rapporto tonica-dominante, non poteva che trovare linfa vitale per la propria ricerca in sonorità che muovevano dall’indefinitezza e dalla capacità ipnotica ed eterea dei propri suoni.

L’Exposition Universelle aprì gli occhi di Debussy sulle scale pentatoniche, già diffuse nella tradizione folk di tutto il mondo, ma soprattutto sulla scala esatonale che diverrà uno degli artifici musicali più ricorrenti nell’opera del compositore. La scala esatonale era comparsa nella musica russa e mitteleuropea verso la metà del XIX secolo, composta di sei note distanti un tono l’una dall’altra, e con l’interessante proprietà di essere allo stesso tempo “chiara e non chiara“, risolta ed irrisolta.

Abbiamo visto come la predisposizione di Debussy fosse, fin da giovane, quella d’interrogarsi sempre sulla ricerca di qualcosa d’inedito, capace di trasmettere in musica il cambiamento che il mondo viveva. Era necessario mutare perché il mondo circostante stava per varcare l’avvento del nuovo secolo ed essere investito dalla sempre più ingente volontà generale di cambiamento. Tale concordanza dell’animo di Debussy con il turbinio che muoveva l’ambiente musicale europeo sulla fine dell’Ottocento, ha fatto si che la storiografia musicale abbia attribuito al francese il titolo d’iniziatore del Novecento.

Nella prosecuzione di questo nostro viaggio vedremo, attraverso le opere, come Debussy mise in pratica il suo personalissimo linguaggio musicale e perché questo sarà traghettato e preso come punto di partenza da molti altri compositori suoi successori, nel frattempo concediamoci solamente una breve pausa prima di riprendere il nostro racconto.

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