Gli anni 90 per il Death Metal sono stati una vera e propria età dell’oro, ricchissima di lavori monumentali composti da una schiera di band dal talento titanico, ma che, paradossalmente, difficilmente sono sopravvissute al decennio. I leggendari Death, i Demlich di “Nespithe”, gli Edge of Sanity dell’epico “Crimson”, i Pestilence di “Consuming Impulse” e gli Atheist di “Unquestionable Presence” hanno scritto pagine indelebili del genere ma, come altre band del periodo, non sono riusciti a superare pienamente le porte del nuovo millenio, spesso fermandosi appena dopo la soglia o, peggio ancora, riuscendo a superarla senza però essere capaci di evitare il declino. Tra le band che si contendevano lo scettro delle terre estreme del Death Metal di due decenni fa, in posizione privilegiata, c’erano anche i Gorguts, che si imposero con tre album notevoli: “The Erosion of Sanity” del 1993, “From Wisdom to Hate” del 2001 e, su tutti, “Obscura” del 1998. Al lavoro del 2001 sono seguiti 6 anni di silenzio, causati dalla tragica morte del batterista Steve MacDonald e interrotti, inaspettatamente, dall’annuncio della ripresa dell’attività dal vivo e l’inizio dei lavori per un nuovo album che, finalmente, dopo 12 anni dall’ultimo, abbiamo tra le mani. In “Colored Sand”, in verità, dei Gorguts di “Obscura” resta solamente la mente, Luc Lemay, ma tanto basta per creare una piacevole eccezione alla regola che ci aveva abituato a veder soccombere la maggior parte dei dominatori di un’epoca. “Colored Sand”, infatti, non è solamente uno dei dischi più solidi del 2013 ma anche uno degli album Death Metal più imponenti degli ultimi anni.Il giornalista e premio nobel francese François Mauriac disse che “non si possono nutrire pensieri cattivi al di sopra di una certa altitudine”, eppure l’Himalaya in cui ci immergono i Gorguts è tanto maestoso (“Le Toit Du Monde”) quanto tormentato (“Forgotten Arrows”, “Enemies Of Compassion”), con la popolazione nativa che lotta per mantenere la sua dignità (“Ember’s Voice”), nonostante sia ridotta al silenzio (“Reduced to Silence”). Musicalmente, “Colored Sand”, si presenta come una costruzione monumentale, immensa e granitica, mai banale e sempre avvincente. Estremamente stratificata, con elementi irregolari, dissonanti e l’apertura verso alcune delle idee più interessanti del Death Metal di nuova generazione (vedi Ulcerate). Naturalmente si tratta anche di un album tecnicamente notevole, ma il virtuosismo non è mai fine a sé stesso e, conseguentemente, le parti non prendono mai il sopravvento sul tutto (neanche la voce, trattata al pari di tutti gli altri strumenti); la solidità del basso, la personalità della batteria e gli intrecci spigolosi delle due chitarre sono colonne imponenti di un edificio complesso e maestoso che ci sommerge completamente. La qualità dei brani di “Coloured Sand” è, infatti, estremamente omogenea e Luc Lemay si dimostra un architetto abile, meticoloso e versatile, capace di passare con disinvoltura da un elegante brano per quintetto d’archi (“The Battle of Chamdo“) al fango di “Forgotten Arrow”, alla riflessività alternata a sfuriate di “Le Toit Du Monde” e alll’epicità di “Absconders”. I Gorguts tornano quindi in maniera sorprendentemente trionfale, con un disco ambizioso ed estramente solido. Un lavoro che ha il coraggio di non adagiarsi sui successi del passato, ma cerca, con una personalità unica, di creare delle basi su cui costruire il futuro. Infatti “Coloured Sand” non ci lascia alcun dubbio: i Gorguts hanno la forza per contendere ancora a lungo il trono della musica estrema.
Francesco Cicero Genere: Technical Death Metal Line-up:
Luc Lemay – voce, chitarra
Kevin Hufnagel – chitarra
Colin Marston – basso
John Longstreth – batteria
Artisti simili: Opeth, Cynic, Death, Ulcerate, Pestilence, Atheist, Edge of Sanity Tracklist:
01. Le Toit Du Monde
02. An Ocean Of Wisdom
03. Forgotten Arrows
04. Colored Sands
05. The Battle Of Chamdo
06. Enemies Of Compassion
07. Ember’s Voice
08. Absconders
09. Reduced To Silence
Aggiungi Commento