Risulta alquanto interessante il primo lavoro in studio che gli Yellow Moor hanno pubblicato lo scorso 21 marzo per la Prismopaco Records; interessante è soprattutto il suono che il progetto lombardo fondato da Andrea Viti e Silvia Alfei è stato in grado di dare alle dieci canzoni in scaletta, registrate nel giro di un anno tra la provincia di Milano e quella di Verona.”Yellow Moor” intriga e colpisce grazie ad arrangiamenti non troppo sontuosi, eppure incredibilmente azzeccati per quelle che sono le caratteristiche dei singoli pezzi. Ascoltando più volte i brani si riscontrano fantasia e disinvoltura. E si riescono a captare rimandi davvero variegati, oltreché inaspettati: se l’iniziale Castle Burned e la successiva They Have Come fanno pensare molto agli americani Kills per via di un mood convincente e di un taglio sonoro sensuale, la splendida Inside A Kiss ha un qualcosa di gilmouriano (ci sono infatti dei passaggi armonici che ricordano parecchio le atmosfere del primo disco solista del grandioso musicista inglese dato alle stampe nel 1978 e intitolato semplicemente “David Gilmour”).Bisogna dire che, in generale, l’intero Lp sembra guardare molto al rock britannico e al rock statunitense in quanto a sound, scrittura ed approccio. Lou Reed, tanto per fare un esempio, è sempre dietro l’angolo, basti pensare sia a Covering Things sia all’intensissima e notturna Across This Night. Discorso simile per Nick Cave: Out Of The City parla chiaro in tal senso. E pure i Sonic Youth danno l’idea di aver influenzato non poco Viti e la Alfei tanto nella fase di scrittura del disco quanto in quella di registrazione, specialmente se si prende in considerazione un pezzo ruvido e pieno di distorsioni come Seven Lizards.Se i Kills tornano a farsi risentire in Ghost e nella conclusiva Yellow Flowers, la band lombarda dimostra di avere un debole anche per la wave e per le sonorità oscure molto in voga nel nord dell’Europa all’inizio degli anni Ottanta. Un esempio? Supastar, canzone accattivante e d’impatto che conferma la non indifferente eterogeneità del disco d’esordio di un progetto potente, affiatato. Un progetto con delle basi solide e dei gusti musicali notevoli.Fidatevi se vi diciamo che l’opera prima degli Yellow Moor merita e che le canzoni in essa contenute sono tutt’altro che impalpabili. Esagerati? Assolutamente no. Fatevi un giro in rete con tanto di cuffie a portata di mano. Se trovate il modo di ascoltare in anteprima il cd non commettete l’errore di posticiparne l’approfondimento. Basterà un solo ascolto per capire di che pasta è fatto “Yellow Moor“.Alessandro BasileGenere: RockLine-up:
Andrea Viti – voce, basso, chitarre, organo, tambourine
Silvia Alfei – voce
Francesco Cappiotti – chitarre, armonica
Philip Romano – chitarre elettriche
Gugliemo Cappiotti – piano elettrico, organo
Simone Marchioretti – batteriaProgetti simili consigliati: His Clancyness, Sky Of Birds, Sprained Cookies, PrizedayTracklist:
1. Castle Burned
2. They Have Come
3. Covering Things
4. Inside A Kiss
5. Across This Night
6. Seven Lizards
7. Ghost
8. Supastar
9. Out Of The City
10. Yellow Flowers
Yellow Moor – Yellow Moor
Risulta alquanto interessante il primo lavoro in studio che gli Yellow Moor hanno pubblicato lo scorso 21 marzo per la Prismopaco Records; interessante è soprattutto il suono che il progetto lombardo fondato da Andrea Viti e Silvia Alfei è stato in grado di dare alle dieci canzoni in scaletta, registrate nel giro di
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