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Greg Lake, un eroe silente

La prima volta che mi accostai a un disco di Greg Lake fu con il primo album di una band rivoluzionaria capitanata da Robert Fripp; la voce di Lake toccava con eleganza i brani, così magnificenti, ognuno a suo modo, e qualcuno mi disse che era il miglior disco per fare sesso e ancora oggi penso avesse dannatamente rag

La prima volta che mi accostai a un disco di Greg Lake fu con il primo album di una band rivoluzionaria capitanata da Robert Fripp; la voce di Lake toccava con eleganza i brani, così magnificenti, ognuno a suo modo, e qualcuno mi disse che era il miglior disco per fare sesso e ancora oggi penso avesse dannatamente ragione…

Bassista, chitarrista e quant’altro, polistrumentista in una sola parola, cantante. Ma soprattutto compositore e produttore musicale.
Produttore o co-produttore di praticamente ogni disco in cui ha suonato, fu anche il co-fondatore dell’etichetta Manticore, che portò a livello internazionale anche band italiane come Banco del Mutuo Soccorso e PFM, quest’ultima ascoltata proprio da Lake in un concerto romano nel dicembre del 1972 e subito portata con sé a Londra.

A lui dobbiamo quindi molto, malgrado per troppe persone sia spesso rimasto lievemente in ombra (da cui il silente del titolo di questo articolo) dietro le enormi e talvolte strabordanti figure di altri pregevoli musicisti, da Fripp a Keith Emerson.
Ma non è il primo caso in cui un musicista incarna in maniera meno eccessiva (si fa per dire) una parte fondamentale dell’anima di una band, incanalando le bravure tecniche altrui in un percorso logico, facendo spesso loro da “lampadoforo” alla Virgiliesca maniera, vero John Paul Jones? Vero Richard Wright?

Greg Lake, un eroe silente

Devo ammettere che quando penso a Lake, oltre a venirmi in mente tutta una serie di dischi che sono tra i miei preferiti di sempre, ne ho l’immagine del ragazzo, quello con i capelli lunghi a caschetto, in vestiti piuttosto sfarzosi e fantasiosi, come del resto era la prassi nella golden age del Progressive Rock.
Fu questo il genere musicale che contribuì dall’inizio non solo a plasmare come musicista, ma anche, come già detto, in veste di produttore musicale.

In effetti, il termine “eclettico”, spesso abusato da qualcuno che vi ripone un errato significato, è quantomai adatto a Lake, una persona che ha costituito la sintesi dell’artista a 360°, che prende ciò che ritiene opportuno da varie sorgenti di conoscenza e tecnica e lo rimodella in opere nuove, multiformi, personali.

Greg Lake, un eroe silente

Il suo esordio su disco (e che esordio!) avviene nel 1969, dopo la militanza in alcuni gruppi uno dei quali (The Gods) con Ken Hensley dei futuri Uriah Heep, con quello che è considerato uno degli album più belli del Rock Progressivo, In The Court of Crimson King dei King Crimson.

Una volta messa la puntina sul disco (mi perdonerete se sono così vintage) e lanciata la furibonda “21st Century Schizoid Man”, ecco arrivare la voce di Lake ed è curioso che la prima incisione della vocalità dell’artista che le persone sentirono ai tempi sia una traccia distorta, graffiante, a tratti lancinante, ma così dannatamente efficace tanto da smuovere e non di poco la condizione psicofisica dell’ascoltatore.

Sugli altri brani la voce di Greg si addolcisce, ci accarezza, si immerge nelle parabole emotive altrettanto intense delle parti strumentali, senza mai strabordare in un inutile protagonismo che non farebbe gioco ai brani (e così sarà anche in futuro).

Dopo i tour dell’album e l’incisione del secondo In the Wake of Poseidon, Lake lascia i Crimson per dedicarsi ad un ambizioso progetto in trio dove confluiscono il virtuoso dei tasti bianchi e neri Keith Emerson, ex The Nice, e il batterista Carl Palmer, proveniente dall’interessante esperienza degli Atomic Rooster.
Il trio riesce a fondere l’anima classica e “pazzoide” di Emerson, il Jimi Hendrix di tastiere e sintetizzatori, con le esperienze provenienti dal rock e dal progressive degli altri due musicisti.

Gli Emerson, Lake & Palmer (ELP) vengono battezzati all’Isola di Wight nel 1970 ed il loro primo, bellissimo, album omonimo (che sto ascoltando proprio in questo momento) li proietta da subito alle più alte vette musicali.

Greg Lake, un eroe silente

Da lì in poi inizia una storia di dischi che rientrano di diritto nella mitologia del Rock, distribuiti in tutto il mondo per un totale di 40 milioni di dischi venduti.
Malgrado LP dopo LP la mano classicheggiante di Emerson calchi sempre di più le composizioni, il ruolo di Lake è sempre a dir poco fondamentale.

E tornando al lato personale, fu questo il periodo che ha segnato per me il vero “incontro” con Greg Lake, con un vecchio filmato nel quale il trio eseguiva live la loro “Knife Edge“, con quel riff di basso che mi entrò da subito nelle vene, niente di così lontano da quelle che erano le mie sonorità preferite dell’epoca (la parte più dark del grunge), suoni a mio parere ancora attualissimi del resto.

Non vorrei continuare con una ridondante biografia di questo musicista di enorme importanza per la Musica del ‘900, uomo e artista che abbiamo purtroppo perso ieri a seguito della malattia.
Vorrei solamente che ognuno di voi scegliesse uno o due dischi e, in silenzio, rendesse omaggio ascoltandone ogni nota (senza fare zapping, vi prego).
E per chi non lo conoscesse ancora bene o per nulla, è quasi un obbligo aprire questo importante capitolo della musica del secolo scorso.

Oramai è diventata una triste cantilena il ripetere quanto questo 2016 (nonché l’anno precedente) sia stato spietato con i grandi della musica. Sembra proprio che il treno di un’epoca stia arrivando definitivamente in stazione, con il suo nutrito numero di illustri passeggeri.
A noi non resta, come sempre, che ringraziarli. 

Grazie Greg, in un mondo spesso disegnato sulla sabbia, ciò che hai fatto è scolpito nel granito, nei solchi dei vinili, nelle nostre menti e nei nostri cuori e così sarà per sempre.

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