Non è facile scegliere dei brani, perché si rischia sempre di scontentare qualcuno. Ed è giusto che sia così, succede solo con i più grandi artisti, proprio perché le sue corde vocali hanno toccato così tante belle melodie che elencarle tutte sarebbe un’impresa.
Nella nostra scelta cascano alcuni brani acustici, altri elettrici. Di epoche diverse, che raccontano esperienze, vocalità, emozioni, storie, trasgressioni e svariati compagni di vita&musica.
52 anni di esistenza, molti dei quali in studio o sui palchi, in cui Cornell ha inciso dei veri capolavori del Rock, ascoltiamone qualcuno.
“Fell On Black Days” è sicuramente tra i brani più amati dei fan dei Soundgarden, un simbolo della loro storia discografica, contenuto nell’album che li decretò star mondiali della musica, Superunknown (1994). Sarebbe stato troppo facile citare da quell’album la stupenda “Black Hole Sun“, noi pensiamo che sia un’opera piena di perle rare, tra cui anche questa.
Scritta da Cornell, è un classico esempio di brano grunge a tinte scure, dilatate, con improvvise esplosioni che ritornano velocemente nel mantra ritmico ripetuto sia dalla batteria che dalla chitarra che accompagna la voce.
Il messaggio del brano si rivolge all’apparente felicità di una persona, sconvolta prima o poi da quell’insistente sensazione di un vuoto, un male nella propria esistenza che per quanto nascosto prima o poi rende manifesta la più reale condizione di infelicità, che può travolgere tutto.
“Call Me A Dog” è un brano partorito da Cornell nel supergruppo Temple of the Dog, formato nel 1990 dallo stesso cantante con membri dei Soundgarden e dei Pearl Jam. La canzone fu registrata con il produttore Rick Parashar, che produrrà anche l’album debutto Ten dei Pearl Jam stessi.
In realtà, i Temple of the Dog si possono considerare l’anticamera di quest’ultima band, poiché Gossard e Ament facevano parte dei Mother Love Bone, il cui cantante, amico di Cornell, era morto di overdose (e proprio per questo nacquero i TofD); al progetto si unirono quindi Mike McCready ed Eddie Vedder, che già stavano mettendo su la loro band con i due suddetti musicisti. Matt Cameron era (e ha continuato ad essere) il batterista dei Soundgarden, ma come sappiamo negli anni successivi entrerà anche lui stabilmente nei PJ.
I Soundgarden degli inizi non erano certo una band che mirava a farsi “piacere”. Anzi, tra tutte le rockstar, come ammesso dallo stesso Cornell, erano quelli che agli incontri con i fan nei negozi di dischi per gli autografi apparivano spesso taciturni, senza fingere divertimento, a volte addirittura innervositi. E la loro musica sul palco era un terremoto sonoro piuttosto scatenato.
Attivi sin dalla metà degli anni ’80, pubblicati dalla storica etichetta Sub Pop, fanno parte dell’avanguardia del nuovo rock della west coast di Seattle allo stesso modo di Melvins e altre band degli stessi anni.
Dall’88 al ’91, prima della consacrazione del ’94, pubblicano 3 album, Ultramega OK, Louder Than Love e Badmotorfinger. Quest’ultimo è tra i dischi più venduti del 1992.
Anni di reunion questi e sicuramente quella dei Soundgarden è stata una delle più apprezzate, da anni richiesta dai fan. La band ha girato in lungo e in largo tutto il mondo, Italia compresa, fino all’ultimo live prima della scomparsa di Chris, proprio ieri a Detroit, di cui già circolano vari filmati amatoriali in rete. Ma noi preferiamo ascoltare la musica ripresa come merita e non strappata via con un cellulare. Qui sopra con la loro “Limo Wreck“, altro brano simbolo della loro produzione grunge.
Gli Audioslave nascono da un’altra fusione, quella di Cornell con i membri dei Rage Against the Machine. La sua voce e la chitarra di Tom Morello promettono di fare scintille insieme. E le fanno, a partire dal loro primo singolo “Cochise”.
La band si scioglierà per alcune incomprensioni, ma soprattutto, per la volontà del cantante di intraprendere una carriera solista. Forse non tutte le canzoni prodotte rispecchiano una vena creativa sempre rigogliosa, ma di sicuro è un altro supergruppo che ci ha regalato momenti di grande Rock.
“Scar On The Sky” fa parte dell’album acustico Songbook che Cornell porta in tour in tutto il mondo. La sua voce, negli anni non sempre al top per vari problemi, sembra tornata a risplendere. Quando passa dall’Italia per alcune date, è un’emozione unica per qualsiasi fan. A Firenze arriva dopo una nottata di disturbi di stomaco, si teme per una prestazione sottotono…
Ne esce invece una serata indimenticabile, una vocalità incredibile che quasi commuove. Ed è questo il Cornell che vogliamo ricordare, per molti anche suoi colleghi una delle migliori voci del Rock di sempre.
Cover photo by Marina Coelho – CC BY 2.0
Aggiungi Commento