Il vero nome della Keys è Alicia J. Augello Cook: quando esce Songs In A Minor ha da poco compiuto 20 anni ma di lei già si parla come di una futura star. Quattro anni prima, una sua canzone “Dah Deh Dah (Sexy Thing)” compare nella colonna sonora di “Men In Black” e le vale un contratto discografico con il leggendario producer Clive Davis, allora presidente della Arista.
Davis decide di non lanciare subito Alicia. Lui sta mollando la Arista per mettere in piedi una nuova avventura discografica con la J Records. E così, se la tiene stretta per un anno ma intanto prepara il terreno per quella che (secondo lui) è la “Aretha Franklin del nuovo millennio“.
Nata ad Harlem da un assistente di volo giamaicano e un’attrice italo/irlandese (che lavora però in uno studio legale) Alicia si diploma giovanissima presso la prestigiosa Professional Performing Arts School di Manhattan. Vive benissimo la sua (per così dire) doppia razza: “Per fortuna”, dice, “sono nata a New York e non ho mai avuto il problema di essere troppo nera per i bianchi o troppo bianca per i neri…”.
Songs In A Minor, spinto dal singolo “Fallin‘“, è l’evento discografico dell’anno: Alicia vince 5 Grammy e vende più di 10 milioni di copie.
Il 21 settembre del 2001, solo 10 giorni dopo gli attentati delle Torri Gemelle, la Keys si esibisce in diretta ospite di America: A Tribute To Heroes, megashow televisivo trasmesso in tutto il mondo, voluto da George Clooney e da altri divi hollywoodiani per raccogliere fondi a favore delle famiglie delle vittime.
Unica sconosciuta tra autentiche leggende del Rock, Alicia Keys commuove il mondo con una sua personalissima versione del classico di Donny Hathaway “Someday We’ll All Be Free“, un giorno saremo tutti liberi.
Cover photo by José Goulão – CC BY-SA 2.0
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