Ha 36 anni. Le sue ultime parole, rivolte al figlio Ziggy, sono: “I soldi non possono comprare la vita“.
La malattia ha cominciato a manifestarsi tre anni prima quando, nel luglio 1977, durante le cure per una ferita all’alluce del piede destro (causata da uno scontro avvenuto nel corso di una partita di calcio), gli viene diagnosticato un melanoma maligno.
Marley, seguendo fedelmente i principi della religione Rasta che impone che il corpo umano sia conservato sempre integro, rifiuta l’amputazione del dito. Il tumore fa perciò il suo corso arrivando lentamente a colpire cervello, polmoni, fegato e stomaco.
Nel settembre del 1980, mentre sta facendo jogging a Central Park (dopo due show al Madison Square Garden), il musicista ha un collasso. Tiene il suo ultimo concerto a Pittsburgh, allo Stanley Theater, il 23 settembre di quell’anno. Poco dopo, viene ricoverato al Memorial Sloan-Kettring Cancer Center e quindi trasportato a Miami dove 4 novembre 1980 viene battezzato Berhane Selassie della Chiesa Ortodossa Etiopica.
Cinque giorni dopo, nell’ultimo disperato tentativo di salvargli la vita, il paziente Bob Marley vola in Germania, nel centro specialistico diretto dal famoso oncologo Josef Issels, Lì, il 6 febbraio, Marley trascorre serenamente il giorno del suo trentaseiesimo compleanno. Purtroppo, però, la malattia è in fase avanzata.
Mentre sta tornando in Giamaica, per passare gli ultimi giorni di vita, Marley è costretto ad atterrare a Miami per immediate cure mediche. Pochi giorni dopo, la fine.
Bob Marley viene onorato con un funerale di stato il 21 maggio e sepolto con la sua chitarra Gibson Les Paul, una bibbia, una pianta di marijuana, un pallone da calcio e l’anello che aveva sempre tenuto al dito da quando glielo aveva regalato il Principe Asfa Wossen d’Etiopia, figlio del re Haile Selassie I, considerato il capo della religione Rasta.
Cover photo by Luke McKernan – CC BY-SA 2.0
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