Suonare con Frank Zappa? Una vera impresa e quelli che ci hanno sbattuto la testa in passato non sono stati pochi. Le sue audizioni? Un vero cabaret, con punte di terrore per chi capitava sotto esame.
Un po’ per scherzo, un po’ seriamente, il poliedrico Frank ci andava giù duro con chi voleva far parte del suo entourage, spesso con richieste impossibili.
Chi non ricorda ad esempio “The Black Page“, brano/assolo composto per Terry Bozzio che ancora oggi fa sprofondare più di un batterista nella disperazione, eseguito con successo (nonché a memoria!) proprio durante un’audizione da Vinnie Colaiuta, non a caso oggi uno dei più grandi batteristi viventi.
I chitarristi ricorderanno poi i racconti di Steve Vai, oggi guitar hero con pochi pari, ma al tempo giovane shredder che seppur dotatissimo era assai spaventato dal “gigante Zappa”. Quest’ultimo certo non lo mise a suo agio, facendogli eseguire una parte di chitarra prima nel modo usuale, poi in 7/8, poi in “7/8 reggae”, poi aggiungendo note fino a fare diventare la parte impossibile da suonare per qualsiasi essere umano dotato di due sole mani e dieci dita.
A Steve però andò bene, al contrario di ciò che aveva pensato alla fine del suo “esame” fu preso nella band.
Il resto è storia.
Assai peggio invece andò a un altro grande musicista, oltretutto famoso per essere uno dei più preparati e creativi session man della storia: Steve Lukather.
Purtroppo per lui, era ancora troppo acerbo per presentarsi alla corte di Sua Maestà Frank Zappa. Così, un appena diciassettenne Lukather, vide infrangersi i suoi sogni di gloria di fronte a un’audizione difficile e certo per nulla divertente.
Lui stesso lo ha raccontato in alcune pubblicazioni e interviste. L’audizione, prima di tutto, vide presentarsi ben 150 aspiranti.
Steve fu il primo….
Citiamo lui stesso: “mi ha torturato“. Frank gli diceva di suonare alcune battute, se Lukather sbagliava e gli chiedeva di poter riprovare, Zappa rispondeva “Certo!” ma gli proponeva qualcosa di completamente diverso…
Lukather racconta che fu tutto molto imbarazzante e doloroso, tanto da pensare che la sua carriera fosse già finità lì, seppellita dalle macerie di questo fallimento pressoché totale.
La risposta di Lukather a tutto questo?
Tornare a casa e mettere pianto e rabbia al servizio dello studio. Si chiuse nell’esercitarsi decine di ore al giorno, imparando e migliorando tutto ciò che gli era possibile.
Così è diventato quello che è oggi.
Alla fine anche in questo caso si può dire che Zappa, nel bene o nel male, ha contribuito a forgiare uno dei migliori musicisti in circolazione (oltretutto, anni dopo, Bozzio ha confessato a Lukather che venne usato da “agnello sacrificale” per spaventare gli altri pretendenti, perché Zappa non aveva voglia di sentire centinaia di chitarristi quel giorno…).
Che sia di esempio anche a tutti voi aspiranti musicisti: non sempre fallire vuol dire essere dei falliti, anzi…
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