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Musica e AI: un timido patto tra Meta e UMG e la possibile guerra dei cloni

Meta e Universal Music Group (UMG) hanno recentemente annunciato un nuovo accordo che potrebbe segnare un passo significativo nel rapporto tra tecnologia e industria musicale.

Il nuovo accordo, di portata globale, permette l’utilizzo dei brani del catalogo di UMG su tutte le piattaforme social di Meta. 
L’intesa apre le porte a una collaborazione che mira a ridefinire il ruolo della musica sui social, includendo non solo i tradizionali Facebook e Instagram, ma anche WhatsApp, Messenger, Horizon, Threads.

La partnership tra UMG e Meta, che ha visto Universal Music diventare la prima grande etichetta a concedere in licenza i propri cataloghi musicali registrati e di editoria su tutte le piattaforme di Facebook, era stata avviata già nel 2017.
Da quel momento, le due aziende hanno continuato a collaborare per sviluppare modalità innovative, integrando esperienze di realtà virtuale, contenuti creati dagli utenti, streaming live e altre funzionalità.

Con il nuovo accordo, si ampliano ulteriormente le possibilità di monetizzazione per UMG, i suoi artisti e autori, con un focus particolare sui video brevi e sull’integrazione musicale su WhatsApp.

L’AI? Un patto fatto “coi piedi di piombo”

Negli ultimi anni, l’industria musicale ha visto un cambiamento radicale nelle modalità di consumo e distribuzione dei contenuti.
La musica generata dall’AI sta guadagnando sempre più terreno, offrendo nuove opportunità ai creatori di contenuti.

Meta e Universal Music, con questo accordo, promettono di voler esplorare queste possibilità, puntando a creare un ambiente in cui gli utenti possano non solo ascoltare, ma anche interagire con la musica in modi completamente nuovi.

Questo dovrebbe aprire la strada a una maggiore personalizzazione delle “esperienze musicali”, visto che si potrà accedere a brani unici creati in base alle proprie preferenze e/o utilizzare la musica in modo più libero e senza limitazioni nelle creazioni digitali, dalle produzioni video ai semplici messaggi vocali quotidiani.

Pur tuttavia, almeno per ora, non si intravedono delle iniziative vere e proprie nella regolamentazione di questi processi, e lo stesso Michael Nash, chief digital officer di UMG, parla di collaborazioni al futuro, invece che al presente: “Non vediamo l’ora di continuare a lavorare insieme per affrontare il problema dei contenuti non autorizzati generati dall’intelligenza artificiale che potrebbero colpire artisti e autori di canzoni, in modo che UMG possa continuare a proteggere i loro diritti sia ora che in futuro”.

La guerra dei cloni

Come sarà regolamentata la proprietà intellettuale nel caso della musica generata dall’intelligenza artificiale? Quali saranno le implicazioni per i diritti degli artisti e dei creatori?

Ricordiamo, del resto, che meno di due mesi fa, Universal Music, Sony e Warner, stavano trattando con YouTube, su iniziativa di quest’ultimo, un accordo sulla licenza di canzoni di artisti noti per permettere ai software di intelligenza artificiale di essere “addestrati” legalmente a generare musica e brani.

Il pericolo dietro l’angolo è che l’AI inizi a creare “cloni” di artisti e band, cosa che oltre a creare un enorme problema legale tutto da dipanare, garantirebbe il definitivo appiattimento musicale a livello globale.
In effetti, la cosa è già successa: YT, infatti, ha lanciato lo scorso anno una funzione AI (Dream Track Shorts) per produrre musica nello stile di John Legend, Demi Lovato e altri artisti (una decina in totale).

Nel gennaio scorso, oltre 200 artisti – tra cui Billie Eilish, Pearl Jam e Katy Perry – avevano chiesto alle aziende tecnologiche di smettere di usare l’IA per “violare e svalutare i diritti degli artisti umani”.